Sette istituti di credito italiani declassati da Standard&Poor's
Venerdi 23 Settembre 2011 alle 10:20 | 0 commenti
La liquidità delle banche non fa dormire i banchieri europei. Ogni giorno passato è di troppo e pieno di fatti precipitevoli. Quelle di ieri: il declassamento del rating di Standard & Poor's a sette banche italiane, che non possono avere un merito di credito più alto del loro declassato Paese (si tratta di Intesa Sanpaolo e le controllate Imi, Biis, Carisbo, poi Mediobanca Bnl e Findomestic), e ha rivisto in negativo le prospettive di altre otto, tra cui Unicredit;
la Bce che surroga ancora il mercato e presta 500 milioni di dollari a una grande banca francese (tutti dicono sia Bnp Paribas, da giorni incapace di rifinanziare i suoi circa 90 miliardi di impieghi in biglietti verdi); la Bank of China che, scrive il Financial Times, per la paura avrebbe sospeso gli scambi in valute con Bnp, Socgen e Ubs. La situazione è così grave che nessuno più esclude nulla, nemmeno che entro sei mesi qualche grande banca dell´Europa che conta vada nazionalizzata, o chiusa. Alberto Nagel, ad di Mediobanca e banchiere tra i più lucidi nel Paese, in conference call con gli analisti finanziari ha speso parole di ruvido realismo: «Il disastro è di proporzioni molto ampie e non verificabili: la situazione della finanza europea è molto deteriorata, la crisi dei titoli pubblici rapidamente contagia le banche con rischi di avvitamento del sistema. O le banche riducono gli attivi di rischio o trovano un nuovo modo di finanziare gli impieghi, è impossibile continuare a farlo con le aste Bce a breve. Chi amministra banche in Europa non può e non deve dormire». Nei Parlamenti, invece, si sonnecchia. «Purtroppo la tendenza dei governi europei è rinviare i problemi». Sono tremebondi anche molti banchieri per la verità : solo gli italiani hanno ricapitalizzato, francesi e tedeschi fanno gli gnorri finora, per paura di diluire gli utili o contabilizzare perdite. «Ma tutti sanno che le banche non falliscono per perdite, ma per carenza di liquidità : oggi l´interbancario è chiuso, non si può andare avanti più di sei-nove mesi. Servono misure per riaprire il mercato delle emissioni bancarie, di tutta la carta commerciale che nessuno compra più. Una riedizione del Tarp americano magari, per mezzo del fondo europeo Efsf». Sul correlato ritorno dell´inflazione, Nagel replica: «Meglio rischiare la crescita dei prezzi che l´avvitamento dell´euro, con conseguenze tragiche per l´Europa».
Il caso di Bnp Paribas, l´ex banque gatée che da settimane cade in Borsa, è forse il più emblematico. Negli Usa i francesi hanno 90 miliardi di impieghi in dollari che non sanno più come rifinanziare. «Da gennaio gli investitori americani abbandonano il rischio Europa - aggiunge Nagel -. Intanto i governi europei tentennano, spesso per motivi elettoralistici. Il rischio avvitamento è serio e la liquidità bancaria può essere il casus belli: non si possono certo finanziare gli impieghi solo con i depositi».
L´Italia, poi, sperimenta crisi multiple e peculiari. Di credibilità politica, incapacità a crescere, decadenza morale-sociale. «La situazione era già chiara un anno fa - ha detto ancora Nagel agli investitori - era diverso il grado di fiducia sul rischio Italia. Ora dovremo fare un lungo purgatorio per convincere gli investitori a tornare indietro. Vedo un percorso simile alla Grecia: appena la Germania si chiarirà le idee, giungeranno a Roma poche istruzioni chiare e irrevocabili: aumento dell´età pensionabile, forti tagli alla sanità , lotta vera all´evasione, privatizzazioni, liberalizzazioni». Sarà ancora il governo Berlusconi a metterle in pratica? «Non è così importante, a quel punto qualsiasi Parlamento o governo dovrà eseguire le misure senza esitare». Pena il default sovrano, evocato giorni fa anche dall´ad di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera: «Dobbiamo sapere che il rischio di default c´è: non diamo per scontato di farcela senza scelte coraggiose, data la combinazione di alto debito, bassa crescita e bassa credibilità ». «Passera ha fatto bene a dirlo - ha chiosato Nagel - bisogna tentare di sensibilizzare la classe politica a fare misure che non sta facendo. Ma un default italiano, anche solo selettivo con taglio del 20/25% del valore del debito, metterebbe in ginocchio il paese e l´Europa». Scenario solo da evocare dunque. Tocca sperare nel catartico "percorso greco".
Di Andrea Greco
da Repubblica
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