Scuole pubbliche in Veneto, la provincia batte i capoluoghi: il Gian Giorgio Trissino al top, staccato lo storico Pigafetta
Giovedi 17 Novembre 2016 alle 11:00 | 0 commenti
Non più le scuole «del centro», quelle conosciute e storiche, quelle in cui sono passati presidenti della Repubblica e scrittori veneti, ma quelle di «periferia» e di provincia. Nella classifica veneta delle scuole superiori stilata dalla Fondazione Agnelli sul podio salgono gli istituti nati più di recente e non sempre i più conosciuti. Il punteggio è stato calcolato tenendo conto sia dei risultati degli studenti durante i primi anni delle superiori sia di quelli degli ex diplomati una volta iscritti all’Università . E l’esito è ben lontano dalle aspettative.
Le prime tre scuole venete sono il liceo scientifico «Gian Giorgio Trissino» di Valdagno, con il punteggio di 91.34, il liceo classico «Corradini» di Thiene con 89.18 e il liceo scientifico «Galilei» di Belluno, con 88.42. Piccoli Comuni in alcuni casi, piccole città negli altri. Che staccano e non di poco i licei storici, due esempi su tutti il «Pigafetta» di Vicenza, in classifica provinciale al quarto posto con un punteggio di 79,46, o il «Marco Foscarini» di Venezia, quinto della sua provincia con 69,89. E preceduto dal «Franchetti» di Mestre e dai licei classici «Montale» San Donà di Piave e «Corner» di Mirano. La curiosità si ripete anche facendo una ricerca provincia per provincia, con qualche eccezione come il «Tito Livio» di Padova, che mantiene il primo posto. «Nel nostro caso si tratta di una scelta consapevole — spiega Maria Rita Ventura, preside del «Canova», il liceo classico di Treviso che si è piazzato al terzo posto provinciale — la nostra visione della scuola non è più quella di una volta. Non la intendiamo come scuola della selezione. Vista la sua forza altamente formativa, l’abbiamo resa più accessibile. Pensiamo che gli strumenti che è in grado di dare siano utili ai ragazzi, qualsiasi percorso scelgano in futuro. Il classico per pochi non è l’idea che abbiamo noi del liceo. E penso che parte della crisi dei licei classici sia dovuta anche a questo». Il «Canova», però, ha guadagnato il podio trevigiano come liceo linguistico. «Di questo risultato siamo molto contenti — dice Ventura — quella è una scuola sulla quale puntiamo molto». Le prospettive rimangono invariate e inusuali con la provincia in testa rispetto alla città anche scegliendo altre tipologie di scuole. Nel Veneziano tra i licei scientifici il primo posto è per il «Galileo Galilei» di San Donà di Piave, seguito dal «Majorana Corner» di Mirano e dal «Morin» di Mestre, mentre il «Giordano Bruno», storico liceo scientifico della città , arriva solo al quarto posto e il «Benedetti» del centro storico addirittura al sesto, dopo il «Galilei» di Dolo. «Credo che questi risultati dipendano anche da un approccio delle famiglie ancora più ingenuo e sano alla scuola — dice Gianmario Villalta, scrittore e docente in un liceo scientifico di Pordenone — per capirci, in provincia se torni a casa con un 4 i genitori chiedono conto a te del risultato, in città vengono a protestare dai docenti. Non solo. Nei paesi chi sceglie di andare al liceo lo fa consapevolmente, perché ha voglia di studiare e ha un progetto culturale. C’è meno una corsa ai licei per forma, come spesso accade nelle città . Tutto questo però è l’onda lunga di un fenomeno iniziato anni fa, in cui le periferie sono cambiate e si sono omologate alle città . Credo che a breve queste differenze non si vedranno più». Per ora però si vedono, almeno sulla base dei risultati universitari degli studenti. Anche se va considerata tra le variabili la dimensione delle scuole. Spesso dagli istituti della provincia che occupano i primi gradini della classifica si diplomano tra i 30 e i 60 studenti ogni anno (1 o 2 classi), per le grandi scuole storiche invece si va dai 120 ai 210 di media (da 4 a 7 sezioni) e con numeri più grandi ottenere risultati eccellenti è più difficile. «I risultati emersi dalla ricerca dimostrano che il capitale umano è potenzialmente simile in tutto il territorio, che si tratti di città o di paesi — dice Paolo Gubitta, professore ordinario di organizzazione aziendale all’Università di Padova e delegato del rettore al Placement —. La scelta di mettere a confronto i punteggi universitari in questo modo omologa i risultati. La differenza mostra un cambiamento di possibilità negli anni. Chi viene dalle città periferiche non ha più il gap culturale che esisteva un tempo, ci sono mezzi per accedere democraticamente alle informazioni anche per chi vive in un paese senza una biblioteca civica. Perciò al termine delle superiori la popolazione colta non è appannaggio esclusivo della città , anzi».
di Alice D'Este, da Corriere del Veneto
Due anni di fila in cima alla lista dei migliori istituti superiori del Veneto. E’ un risultato che salta all’occhio quello del liceo «Gian Giorgio Trissino» di Valdagno. Le parole chiave sono «metodo e competenze», ma anche «coinvolgere gli studenti, dar loro insegnamenti più ampi delle semplici nozioni scritte sui libri». La ricetta la snocciola Maria Cristina Benetti, appunto da due anni preside del «Trissino». La scuola — 900 alunni, tre sedi a Valdagno e sette indirizzi diversi — ha confermato il primato con il proprio indirizzo scientifico. «Ma anche gli altri sono andati bene e in particolare il linguistico — afferma la preside — e di questo siamo molto contenti». Oltre alle parole, la conferma dei risultati ottenuti arriva nei numeri di inizio anno scolastico, specialmente quelli registrati a settembre. «Quest’anno — dichiara la dirigente scolastica — abbiamo aumentato del 26% il numero degli iscritti nelle classi prime e penso sia merito anche dei riconoscimenti ottenuti in questi anni, che ci pongono ai vertici della formazione nel Veneto, in un periodo in cui molte altre scuole vedono diminuire le iscrizioni». Dietro al successo del liceo vicentino c’è un lavoro ben preciso, che va al di là dei libri scolastici e guarda, soprattutto, a formare «il carattere» degli allievi. «Per noi — illustra la Benetti — è fondamentale che i ragazzi siano determinati e puntiamo molto su questo aspetto». Poi viene l’attenzione alle metodologie di insegnamento: «Per dirla con una metafora, ogni alunno ha un metodo diverso, come un vestito, e noi cerchiamo di offrire quanti più approcci possibile, affinché ciascuno scelga il proprio». In concreto, significa non fermarsi alla nozione sui volumi di testo, alle interrogazioni, all’esame da superare. «Il libro è importante, certo, si parte da quello, ma fermarsi lì non è sufficiente —aggiunge la preside — lo si faceva molti anni fa e adesso non basta più. Occorre coinvolgere gli studenti e stimolare la loro curiosità verso ogni aspetto della materia, far capire in concreto, nella vita di tutti i giorni, cosa significano concetti e assiomi e scavare più in profondità . Solo così i ragazzi adottano un metodo di ragionamento utile in ogni altra materia e nella vita». Il traguardo raggiunto dal liceo «Trissino» non è stato ancora festeggiato a Valdagno e già si guarda al futuro: «Sappiamo che dalla cima si può solo scendere — conclude la dirigente scolastica — ma contiamo che anche gli altri indirizzi riescano a scalare la classifica e a ottenere gli stessi riconoscimenti». Dal «Trissino» sono usciti nomi importanti: giusto per fare qualche esempio diversi membri della famiglia Marzotto, il professor Maurizio Fava, direttore della Divisione ricerche cliniche del Massachusetts General Hospital di Boston, e pure il sindaco Giancarlo Acerbi. Che ricorda: «Bisognava studiare, gli insegnanti qui sono molto più severi e i risultati si vedono. Anche nei test di ammissione all’Università , che gli allievi del Trissino superano con voti più alti della media. Insomma, c’è grande soddisfazione per i risultati conseguiti, frutto del lavoro di preside, docenti e studenti. Valdagno ha una grande tradizione per quanto riguarda l’istruzione, ma non abbiamo alcuna intenzione di sederci sugli allori. Anzi, faremo ancora meglio, investendo nel rapporto scuola-impresa». Sindaco ma lei al «Trissino» è stato sempre promosso? «Ma ovvio, che discorsi».
Di Gian Maria Collicelli, da Corriere del Veneto
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