Sciopero del 12 dicembre: Thibault critico sul comportamento della Cgil
Domenica 14 Dicembre 2014 alle 12:08 | 0 commenti
Riceviamo da Luc Thibault, delegato Rsu/Usb Greta Alto Vicentino, e pubblichiamo
La discesa in sciopero della classe lavoratrice è un fatto sempre positivo che va sostenuto e salutato come tale. Ma questo dovere si deve sempre accompagnare a quello di battersi per il giusto indirizzo di lotta e alla denuncia degli errori o, a maggior ragione, dei tradimenti di chi la dirige. La prima approvazione parlamentare della nuova Riforma del Lavoro - il cosiddetto Jobs Act - è stata quella del Senato, l'8 ottobre.
Il 24 ottobre, sedici giorni dopo, vi è stato il primo sciopero generale, organizzato da alcuni sindacati di base: USB, UNICobas e ORSA. A far scioperare la CGIL ha atteso fino al 12 dicembre - altri 48 giorni ! - dopo che il disegno di legge è stato già definitivamente approvato il 3 dicembre, votato in Parlamento anche da suoi ex dirigenti di primo piano, da Damiano (ex FIOM) al suo ex segretario generale Epifani. Queste otto ore di sciopero a legge già approvata sono tutto ciò che ha fatto la CGIL contro il Jobs Act.
La manifestazione nazionale di sabato 25 ottobre - che non essendo uno sciopero non ha arrecato alcun danno al padronato -, le otto ore di sciopero in più della FIOM divise territorialmente (il 14, il 21 e il 25 novembre) e qualche altra mobilitazione a carattere locale non cambiano la sostanza. In questo modo i lavoratori sono stati accompagnati a una nuova sconfitta. Il Jobs Act - col quale il padronato si è guadagnato più libertà di spiare, demansionare e licenziare - è un nuovo capitolo della offensiva contro la classe lavoratrice in atto da anni, portata avanti dagli industriali e dai loro governi di ogni colore, dalla quale i lavoratori non sono riusciti fino ad ora a difendersi perdendo, sconfitta dopo sconfitta, le passate conquiste, in un arretramento continuo delle condizioni di vita e di lavoro, in cui si è persino smarrito il senso di ciò che si era conquistato.
La principale responsabilità di questa drammatica debolezza sta nel definitivo rigetto della lotta di classe da parte della Cgil.
Nessuna vera lotta è stata organizzata contro i sempre più pesanti provvedimenti governativi:
- l'abolizione della scala mobile (1992) e la sua sostituzione con la nuova politica dei redditi (1993), che hanno determinato la costante perdita del potere d'acquisto dei salari, non furono contrastate ma sostenute e approvate dalla CGIL;
- la riforma delle pensioni del primo governo Berlusconi (1994) fu fermata da potenti scioperi ma il successivo governo "tecnico" Dini (1995) - ben accolto perché "meno di destra" e "sempre meglio di Berlusconi!" - ne fece passare una analoga a cui la CGIL non si oppose, sostenendo che fosse un buon compromesso l'infame divisione della classe fra lavoratori anziani - che hanno mantenuto il sistema retributivo conquistato nel 1968 - e giovani, col ritorno al sistema contributivo e la garanzia di una vecchiaia da fame;
- la flessibilità fu introdotta con la Legge Treu dal primo governo Prodi del 1997 e rafforzata da quelli successivi, con la Legge Biagi del secondo governo Berlusconi (2003) e infine, lo scorso marzo, col cosiddetto Decreto Poletti, l'attuale Ministro del lavoro, ex presidente della Lega delle Cooperative "rosse";
- contro la riforma Fornero del governo Monti (2011) - nuovamente ben accolto dalla sinistra borghese, sia quella "moderata" sia quella "radicale", perché "sempre meglio di Berlusconi!" - la CGIL ha proclamato 8 ore di sciopero nel pubblico impiego e 3 ore nel settore privato!
- l'accordo interconfederale sulla rappresentanza del 10 gennaio scorso - firmato da Cgil, Cisl, Uil e Ugl - è il patto più corporativo del secondo dopoguerra:
Infatti l'accordo sancisce la distruzione del Contratto Nazionale di Lavoro, già avallata dai due precedenti accordi interconfederali del 28 giugno 2011 e del 31 maggio 2013 e impone che delle RSU, a prescindere dalla buona volontà di singoli delegati, ormai infatti possono far parte solo i sindacati che hanno firmato l'Accordo sulla Rappresentanza, accettando con esso non solo la distruzione del Contratto Nazionale di Lavoro ma anche le norme antisciopero per cui la minoranza della RSU non può scioperare contro eventuali accordi con l'azienda presi dalla maggioranza, a pena di sanzioni disciplinari ed economiche.
A livello aziendale la situazione è ancor peggiore: le centinaia di vertenze sono tenute isolate le une dalle altre e concluse con accordi che non solo sono, nella maggioranza dei casi, a perdere ma che, fatto ancor più grave, approfondiscono la divisone della classe operaia. La farsa della lotta contro i licenziamenti condotta impresa per impresa segue sempre lo stesso copione: l'azienda ne chiede 200 per ottenerne 100; la CGIL asseconda il banale mercanteggiamento aziendale presentando come una vittoria l'accordo per "soli" 100 licenziamenti ed il fatto che essi siano trasformati in esodi incentivati e volontari. In questo modo asseconda l'interesse individuale di chi accetta l'incentivo a discapito dell'interesse collettivo della classe che è calpestato due volte: perché i lavoratori che restano a lavoro sono meno, più deboli e più sfruttati; perché si aumenta la massa dei disoccupati da un lato e il peso del suo ricatto sui sempre meno occupati dall'altro.
Gli ultimi casi sono stati quelli alla TITAN di Valsamoggia (Bologna) e alle acciaierie AST-TK di Terni. In quest'ultima fabbrica gli operai sono stati in sciopero a oltranza per 44 giorni, fino al 3 dicembre. Si sarebbe potuto far leva su questa grande battaglia operaia per unificare le lotte in un movimento di sciopero contro la Riforma del Lavoro. Invece gli operai di Terni sono stati lasciati soli, non è stato propagandato il carattere a oltranza del loro sciopero, rimasto ignorato dalla maggior parte dei lavoratori, e, infine, questa lotta generosa è stata sperperata con un accordo a perdere.
Lo sciopero a oltranza è stato interrotto da tutta la RSU nonostante il parere contrario dell'assemblea operaia e si è finito persino per dividere i dipendenti diretti dagli operai delle ditte terze che in tutto lo sciopero avevano partecipato ai picchetti!
In questo modo i lavoratori invece di essere mobilitati in un movimento unico e potente che, nato dalle sparse battaglie contro i licenziamenti, cresca e maturi nella lotta per la riduzione dell'orario di lavoro generalizzata e a parità di salario sono condotti a piccoli gruppi di sconfitta in sconfitta, in una lunga agonia che impedisce una reazione ed una risposta all'attacco. La classe lavoratrice è come un esercito guidato da uno Stato Maggiore impegnato a farle perdere la guerra! Spetta ai lavoratori e ai militanti sindacali più combattivi battersi per il ritorno ai principi e metodi della lotta di classe organizzandosi nei luoghi di lavoro.
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