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Sciarada ed eterno porrajmos, le risposte di Rui alle domande di Milioni su VicenzaPiù

Di Redazione VicenzaPiù Sabato 3 Novembre 2012 alle 23:12 | 0 commenti

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Gentile direttore, invio con la presente una nota che vorrebbe rispondere alle domande del belissimo e puntuale articolo di Marco Milioni "Sciarada Nomade" apparso sabato 27 ottobre su VicenzaPiù n. 243 (in edicola e sfogliabile comodamente dagli abbonati).
Irene Rui - responsabile dipartimento politiche migratorie ed etniche, Rifondazione Comunista-FdS di Vicenza

L'articolo apparso sabato su VicenzaPiù numero 243, "Sciarada nomade" di Marco Milioni*, è puntuale e spiega molto bene la questione politico-culturale-sociale nei confronti di coloro che sono definiti impropriamente nomadi. Milioni pone delle domande, interrogazioni che il cittadino comune si pone e alle quali mi piacerebbe rispondere.

Alla prima domanda se questi hanno la possibilità di acquistarsi un'area, rispondo che molti sinti e rom, come, per esempio, coloro che risiedono in viale Cricoli, al di là di quanto si possa credere, non hanno le disponibilità economiche per acquisire un'area dove stanziare la propria "campina", o al massimo possono avere la disponibilità per comperare un'area in zona agricola, che avendo un valore inferiore nel mercato, rispetto a quella in zona edificabile, costa molto meno, ma non vi possono edificare alcuna struttura che non sia affine al fondo e nemmeno installarvi una casa mobile. Ne è testimonianza l'area di via Nicolosi e l'appezzamento in zona Gogna.
Al secondo interrogativo "Quanto la questione è sociale e quanto è culturale", non è facile rispondere. I rom e i sinti sono due etnie culturalmente diverse, e se ci si aggiunge anche il Paese di provenienza, si notano ulteriori diversità. Basti pensare che i rom preferiscono vivere in alloggi (case) e i sinti in microaree attrezzate. Per quanto riguarda, sempre sotto l'aspetto culturale, altri luoghi comuni riferiti all'educazione scolastica per esempio, entrambi vorrebbero che i figli proseguissero gli studi, come garanzia di elevazione sociale, ma riscontrano spesso difficoltà vessatorie nel mondo scolastico; molti bambini scappano o rimangono a casa, malgrado gli sforzi dei genitori, proprio perché si trovano a disagio con i loro coetanei gagi. Altro aspetto, che lo si vorrebbe ricondurre ancora ad una questione culturale, è quello che sono dediti alla microcriminalità, sono ladri, truffatori e non hanno voglia di lavorare; anche questo concetto può essere defalcato, poiché sono molti gli imprenditori sinti onesti (vedi gli Zamperla), ma anche lavoratori che tal volta preferiscono non rivelare le loro origini e la loro residenza, per paura di essere giudicati ingiustamente.
E' chiaro che in situazione di disagio economico è facile cadere preda della microcriminalità, se non per cibarsi, per vestirsi, curarsi, fornire il necessario per la scuola dei figli, muoversi per cercare lavoro o raccattare ferro, quell'attività che permette loro di sopravvivere.
Sono sporchi, disordinati e incivili, anche questo dipende dall'educazione ricevuta e dal Paese di provenienza; d'altronde anche molti di noi hanno una "corte" in casa, dove ammassano di tutto e tante volte amano quel disordine che da senso di sozzaggine.
Le bollette non pagate, anche questo è un luogo comune, poiché con la sistemazione dei nuovi contatori, le devono pagare, anche se non hanno la disponibilità di centinaia di euro per saldare il conto. Il blackout scatta anche per loro. Purtroppo l'energia elettrica, la devono usare per forza, poiché tutto dalla cucina (anche se molti in modo irregolare usano i forni a gas, posti all'esterno della casa) al riscaldamento, funziona a corrente e le case non coibentate, ne consumano molta. Non è questione di non sapere come e quando accendere gli elettrodomestici come qualcuno pensa. Bisognerebbe vivere nelle loro condizioni per capirne i disagi.
Cosa c'è che non va nel bel Paese? Sono le norme che non tengono conto se non apparentemente della tutela delle minoranze sinti e rom, ci sono i luoghi comuni e culturali di cui noi "gagi" siamo intrisi, e noi non cerchiamo l'integrazione, l'interazione con le altre popolazioni siano esse rom o sinti italiani o stranieri, o anche immigrati comunitari o extracomunitari, o anche italiani. E poi non si può negare che gli italiani gagi, sinti o rom abbiano l'arte del cercare di cavarsela, anche fuori del rispetto delle norme imposte dallo Stato.

*Sciarada nomade
Di Marco Milioni

Alla fine martedì (23 ottobre) in aula l'assessore all'urbanistica Francesca Lazzari del Pd ha dovuto ammetterlo. Il pressing del Carroccio ha dato i suoi frutti. Il piano degli interventi di cui a breve si doterà il comune di Vicenza prevede la possibilità che si insedino dei mini campi nomadi nelle cosiddette «zone F». Ovvero le zone previste per spazi di pubblica utilità, o meglio per servizi di pubblica utilità. La stessa Lazzari in sala Bernarda ieri ha spiegato che non sono stati identificati lotti precisi, come «sembrava intendere» dall'opposizione leghista, ma ad ogni modo l'opzione rimane rimane sul tappeto.

E si tratta di un'insidia politica di non poco conto per l'attuale giunta democratica. Non tanto perché la questione "Rom" sia un cavallo di battaglia leghista, ma perché le elezioni si avvicinano. E soprattutto perché la novità si presta facilmente a critiche da più fronti. L'equazione meno verde per i bambini (o meno spazi per altri servizi) e più zone attrezzate per i "Rom" anche se grossolana potrebbe facilmente diventare uno slogan di facile presa. E poi c'è una questione più sottile ma altrettanto importante. Se l'obiettivo è quello di sparpagliare la presenza delle famiglie nomadi sul territorio evitando «i ghetti» e le concentrazioni critiche oggi conosciute in viale Cricoli e in viale Diaz, perché non si percorre la strada degli alloggi o al limite delle aree a uso residenziale per ospitare la presenza di persone, che il più delle volte, a dispetto di quanto crede l'opinione pubblica, è di cittadinanza italiana?

Il tema è complesso. Da una parte i campi così come sono si caratterizzano come mix di persone tra le più tranquille e di persone meno ossequiose dei dettami della legge (un nomade su due tra quelli presenti nei campi del capoluogo ha o ha avuto problemi con la legge). La permanenza nei medesimi campi non è ben vista dai residenti, ma ogni volta che si parla di spalmare la presenza, gli stessi cittadini delle zone individuate protestano come protestano gli operatori immobiliari che esercitano puntualmente la loro azione di lobbying affinché una zona piuttosto che un'altra non sia lambita da un nuovo insediamento attrezzato: pena la perdita di valore di immobili ed aree.

L'attuale giunta, come accade da anni alle amministrazioni di ogni colore politico, si è ben guardata dal prendere il toro per le corna sapendo che l'argomento è di quelli che hanno un peso notevole in termini di ricadute elettorali. Al contempo però, un po' di soppiatto, lo stesso esecutivo ha inserito nel Pi quella «postilla» che almeno sul piano teorico rende possibili nuovi insediamenti in aree ad uso pubblico. Aree delle quali però (e il riferimento è in genere al verde, ai parcheggi, ai servizi in senso lato) la città è già carente di suo. Ragion per cui una spinta vigorosa verso i mini campi finirebbe per impoverire un tessuto che per le destinazioni sociali da anni sconta carenze ormai divenute croniche. La sciarada è quindi di difficile soluzione, anche perché la domanda che in questi casi gira tra la gente è sempre la stessa: "ma i nomadi hanno o no la possibilità di comperarsi un'area per le loro roulotte o eventualmente per le loro dimore"? Quanto la questione è sociale e quanto è culturale? In Paesi come Germania e Svizzera le etnie nomadi spesso abitano secondo i loro costumi in aree specificamente attrezzate rivendicando orgogliosamente un modus vivendi differente, almeno in parte, da quello tradizionale dell'Occidente; ma in piena armonia con le leggi locali e col territorio. O comunque senza le frizioni che si verificano in Italia. Nel Regno Unito le famiglie "gipsy" con i loro mestieri artigiani e con i loro colori sono persino protagoniste in Tv di serial e reality. Che cosa c'è nel Belpaese che non va? Non è che, né più né meno, in Italia i nomadi si comportano all'italiana?


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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