Saviano: solo gli italiani non vanno in piazza contro la corruzione! No, VicenzaPiù è pronta
Domenica 14 Luglio 2013 alle 00:30 | 0 commenti
«Nei paesi in cui si manifesta, eliminata la corruzione - posto che si riesca a farlo - c'è un'infinita ricchezza da gestire ...», così scrive Roberto Saviano su L'Espresso in edicola nel reportage di analisi da titolo Piazza padrona che parla dei moti di popolo che stanno scuotendo tanti paesi del mondo, dal Brasile alla Turchia, ma non certo l'Italia.
Lo scrittore sotto scorta da anni per la sua lotta alle camorre e la sua denuncia delle mafie così continua: «Mentre altrove la lotta alla corruzione è una possibilità di trasformazione, in Italia si teme che debellando quella non resterà nessuna altra risorsa. Apparentemente tutti la detestano, ma in realtà diventa una sorta di scorciatoia per l'accesso al lavoro e al diritto negato. La corruzione mafiosa, per esempio, è ormai l'unica premessa per un'economia florida: con mazzette e percentuali si aprono cantieri, si avviano lavori si assume...»
Dopo queste amare annotazioni Saviano, dopo aver detto ancora «ecco perché talvolta la domanda "ma se le cose vanno così male perché non scendiamo in piazza anche noi?" sembra più che altro un artificio retorico» e dopo aver osservato che «certo i sindacati, i lavoratori, gli studenti manifestano ma ... il messaggio che passa è che manifestino per sé ...», sottolinea che questi sono i perché «guardiamo a queste piazze in rivolta con un senso di nostalgia. Come fossero rappresentazione di qualcosa che qui da noi non potrà più accadere ...» grazie anche a un «clima di apparente pacificazione, finalizzato unicamente alla conservazione dell'esistente ... perché non cambiare, in fondo, è bene...».
E Saviano conclude: «Questa è la più grande delle disperazioni: vivere in un meccanismo che si regge sulla corruzione piuttosto che esserne ammorbato. Vedere la corruzione come un male contro cui urlare, ma da non risolvere e a cui piegarsi, quando necessità impone. Le piazze turche, bulgare, brasiliane, egiziane, nella loro diversità , mostrano la speranza del diritto e la convenienza dell'onestà ...».
Tutte le volte che mi sono chiesto, e ho chiesto, perché gli italiani non scendano in piazza, parlandone con persone di cultura e estrazione diversissime, dal prof. Renato Ellero a Giorgio Langella tanto per dire, con cui mi confronto frequentemente perché questi media interpretino sempre di più la gente, mi sono risposto con semplicità : «nessuno realmente combatte la corruzione perché in Italia è una metastasi che corrode tutti gli organismi attivi, dall'idraulico che non fa le ricevute al doppio lavorista in nero, dal dentista al ristoratore che "dimentica" di compilare i documenti fiscali, tutti con l'auto giustificazione che si pagano troppe tasse (come se queste non dipendessero dall'evasione di tutti), che "così fanno tutti", che "se non si fa così si perdono clienti che amano non pagare l'Iva" e così via. Tutti questi italiani, tutte queste italiane, quindi, dentro e fuori di loro non possono alzare la voce contro politici e affaristi mazzettari e corrotti di ogni specie: cambia il valore assoluto dell'imbroglio ma la proporzione è simile. Se io posso rubare dieci euro e lo faccio, che differenza c'è eticamente con chi si macchia dello stesso comportamento per decine di migliaia o milioni di euro essendo quelle le sue "opportunità "?».
Quello che sto scrivendo, amici lettori, lo conosco bene (e a mie spese finali) perché, sia pure per amore dello sport, la mia errata "giustificazione", l'ho consentito ad altri, i cosiddetti sponsor. Ma io sto con Saviano perchè io sono rimasto «ammorbato» da meccanismi che si reggono su comportamenti sbagliati e sempre a vantaggio di alcuni, pochi, che sono o si ritengono "più furbi" degli altri. Che pagano in silenzio, senza scendere in piazza per cambiare.
Ne sono rimato ammorbato così tanto che sono sceso in piazza. Con VicenzaPiù.
E se sempre di Più siete voi che ci leggete, la nostra piazza si può far sentire come «le piazze turche, bulgare, brasiliane, egiziane» per  mostrare «la speranza del diritto e la convenienza dell'onestà ...».
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