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Ripulire è un gioco: la querelle su Elisabetta Tulliani e il mln contestato ad Andrea Ghiotto

Di Redazione VicenzaPiù Martedi 31 Maggio 2011 alle 17:25 | 0 commenti

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Un sistema sempre più diffuso di "ripulire" il denaro sporco: la malavita va in cerca di biglietti vincenti e se li compra (con un sovrapprezzo) per dimostrare la provenienza legale del denaro

Da L’Espresso del 26 maggio, di Claudio Pappaianni

L'hanno chiamata "la second life" del riciclaggio: invisibile, quasi perfetta. Dal Brasile a Israele, dagli Stati Uniti al Canada, i vecchi criminali che gestivano le scommesse clandestine hanno trovato il modo per sfruttare i giochi legali per ripulire i loro soldi più sporchi. Come? Comprano i biglietti fortunati, pagandoli un piccolo sovrapprezzo, e intascano loro la vincita: così il denaro diventa lecito, pronto per essere investito.

Ed è singolare notare come oggi ci sia un mercato in Italia che non ha conosciuto crisi, e che anzi ha visto accrescere il proprio giro di affari di quasi il 400 per cento. La raccolta per il gioco legale, dai casinò alle agenzie di scommesse ippiche, è passata dai 15,4 miliardi di euro del 2006 agli oltre 61 miliardi dell'ultimo anno. "Di fronte a una crisi economica il gioco dovrebbe diminuire, invece curiosamente succede il contrario", commenta Ruggiero Razzante, docente di economia degli intermediari finanziari all'Università di Firenze e fondatore dell'Aira, associazione italiana responsabili antiriciclaggio: "E' vero che gli italiani sono "malati" di gioco, è pur vero che la crescita dei volumi non è proporzionale all'aumento del reddito medio", sottolinea. E aggiunge: "E' evidente che quei soldi vengono da altre provviste".

 

Il professor Razzante guarda ai grandi numeri. Nei momenti di crisi tanti invocano la consolazione della dea bendata e affollano le ricevitorie. Ma tutti gli analisti credono che in quel fatturato cresciuto quattro volte si tuffi un fiume di soldi scaturito dall'economia sommersa. Un paradosso: la scelta di legalizzare le scommesse doveva servire a contrastare la rete di raccolta abusiva gestita dalla criminalità (e rimpinguare le casse dello Stato). Pochi anni dopo, quella decisione si è trasformata nella più semplice opportunità per ripulire denaro. Un fenomeno sempre più diffuso che attraversa il Paese da Nord a Sud senza distinzione di casta: basta trovare la persona e il luogo giusti.

 

A Napoli, davanti al portone cadente dell'antica masseria è un viavai di casalinghe e pensionati, qualche commerciante e molti operai fiaccati dalla cassa integrazione. A volte ci si imbatte in professionisti in giacca e cravatta, che provano a mimetizzarsi celando il proprio volto dietro grossi occhiali da sole griffati. Tutti cercano Mario, uno che nel quartiere è ancora visto come un benefattore. E' considerato più affidabile e solerte di un istituto di credito, quando deve prestare denaro o quando fa da bancomat agli scommettitori: un moderno strozzino. Lui è sempre lì, a disposizione di tutti. Anche quando qualcuno vince una somma superiore a quella che viene subito riconosciuta agli sportelli delle ricevitorie del lotto o delle agenzie di scommesse, si rivolge a lui per ritirare il premio in poche ore. Il fortunato riscuote immediatamente, rinuncia a una percentuale minima pur di avere tra le mani l'incasso. Mario acquisisce un titolo che porta dritto in banca, così da poter giustificare il denaro che transita sul suo conto.

 

Sempre che alla sua porta non bussi, nel frattempo, qualcuno con la stessa esigenza e che paghi bene quel servizio: un boss della camorra, un imprenditore o un professionista con troppi soldi in nero, un dirigente pubblico o il galoppino di un politico che ha mazzette da investire. Tutti sullo stesso livello, tutti pronti a barare per mostrarsi "fortunati" al gioco. Così, tra i clienti di Mario ci puoi trovare anche la crema della borghesia napoletana, alla disperata ricerca di un tagliando d'oro da esibire in caso di accertamenti fiscali o di indagini. Basta anche solo una fotocopia della schedina, perché le giocate sono sempre anonime.

 

La criminalità organizzata si è infilata nel settore in modi diversi. Da un lato, attraverso la gestione diretta di parte dei 14 mila centri autorizzati. In altre situazioni, c'è la prova di massicce puntate con denaro sporco nella speranza statistica di ottenere comunque vincite significative e legittime. La punta dell'iceberg sono quei boss che ricilclano acquistando o estorcendo i tagliandi vincenti. Nel 2003 il padrino di Gioiosa Jonica, in provincia di Reggio Calabria, Nicola Lucà, mise le mani su un biglietto del Superenalotto: un 5+1 da quasi 8,5 milioni di euro, che era stato giocato nella tabaccheria gestita da suo suocero. Ci mise poco a convincere il vincitore a vendergli il biglietto.

 

Il premio fu poi accreditato su conti correnti appositamente accesi in Lombardia e in Calabria. A Casoria, nel napoletano, il clan usava, invece, i biglietti vincenti delle scommesse ippiche come cheque per pagare i suoi pusher. Mentre, nelle scorse settimane, nel corso di una perquisizione in casa di un boss della camorra a Castellammare di Stabia, sono stati rinvenuti decine di ticket vincenti, ammonticchiati gli uni sugli altri come banconote, per un valore di svariate centinaia di migliaia di euro. E' anche così che ogni anno la criminalità organizzata ripulisce decine di milioni di euro frutto del racket e del traffico di cocaina. Soldi su cui raramente lo Stato riesce a mettere le mani per sottrarli al patrimonio criminale: difficile dimostrare nel corso di un processo che quella giocata con tanto di ricevuta non sia mai stata effettuata dall'imputato.
Quel che è peggio, è che la criminalità ha fatto scuola: "Ho ceduto biglietti anche a insospettabili", racconta a "l'Espresso" il titolare di un'agenzia di scommesse che chiede di mantenere l'anonimato. Davanti al suo bancone sono sfilati il professionista, il costruttore, il docente: ognuno di loro ha trovato, così, un giustificativo al proprio guadagno non dichiarato.

Somme non sempre elevate ma che bastano per dimostrare, in caso di controlli, la provenienza di quel denaro in eccesso. "E' venuto pure un funzionario pubblico, uno impegnato nel campo della sanità", prosegue, "che doveva giustificare delle entrate in nero. Credo fossero tangenti". Con un ricevitore compiacente, il sistema è ancora più semplice. Chi vince e passa all'incasso per una cifra inferiore ai 10 mila euro, cioè il tetto massimo che può essere consegnato a uno sportello, deve necessariamente lasciare la schedina originale: al vincitore resta al massimo una fotocopia da mostrare ad amici e parenti. E all'autorità giudiziaria, se necessario. "E' un canale sempre più utilizzato da evasori fiscali che, in questo modo, giustificano la provenienza di guadagni illeciti", spiega ancora il professor Razzante, nominato consulente dalla Commissione parlamentare antimafia che ha istituito un apposito comitato per intervenire sulla materia e che a fine mese presenterà la sua relazione. "A giocare", aggiunge l'esperto, "ci vanno sempre più colletti bianchi: molti professionisti, imprenditori, persone che hanno guadagnato in nero e vanno a scommettere parte dei proventi o, comunque, a spendere in tutte le forme che consentono di utilizzare denaro contante".



Ogni tanto le cronache svelano la fortuna di personaggi ricchi e discussi. La scorsa estate ha tenuto banco la querelle su Elisabetta Tulliani, accusata dal suo ex fidanzato, Luciano Gaucci, di avergli sottratto una schedina vincente dell'Enalotto. Il tabaccaio conferma, ricordando che l'ex patron del Perugia Calcio giocava fino a 30 milioni di lire alla volta. L'attuale compagna di Gianfranco Fini smentisce e mostra la copia del deposito in banca della matrice vincente. O un'altra vincita da (circa) un milione di euro contestata ad Andrea Ghiotto, imprenditore di Arzignano (Vicenza) arrestato per bancarotta, reati fiscali e corruzione. Il tabaccaio ha confermato le sue ricche giocate agli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria di Vicenza, guidato dal tenente colonnello Paolo Borrelli. Ma è stato con un "gratta e vinci" di soli 10 euro che ha centrato il colpo grosso: un milione. I finanzieri, impegnati nella caccia ai suoi capitali scomparsi nel nulla, gli hanno sequestrato l'intera somma. Ma lui si difende: "Soldi miei? Neanche per sogno. Il tagliando l'ha comprato mia mamma, non io".


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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