Pil. Nord-Est al passo con l'Europa. Male il Sud
Domenica 17 Luglio 2011 alle 11:16 | 0 commenti
Il Nord aggancia e supera anche la migliore l'Europa. Il Centro galleggia. Il Sud è fermo (da VicenzaPiù e Ovest-Alto vicentino n. 217) . Secondo i dati Istat l'Italia sta uscendo dalla crisi del 2010 (almeno per il fatturato, il discorso del lavoro, come si sa, ha dinamiche ben diverse) e il segno più fa rivedere la luce al Pil nazionale, dopo il buio del 2008 (-1,3%) e l'abisso del 2009 (-5,2%). Ma lungo la penisola quel dato oscilla e non poco. Se non è boom ma quasi nelle regioni settentrionali ad abbassare la media c'è il solito Sud e i dati Istat certificano il divario territoriale.
Nel Nord-est il Pil nel 2010 è cresciuto del 2,1%, addirittura meglio della media dei paesi euro (+1,7%, per i dati Eurostat) e grazie a un'industria fortissima (+3,9%). Anche il Nord-ovest non è da meno col +1,7% (con la solita industria in netto recupero col +3,7%). Frenano le regioni centrali col +1,2%, un dato più basso della media nazionale: meglio va la sua industria (+2,3%), si difendono i servizi (+1,2%), male l'agricoltura (0,5%). Crollo minore nel 2009, salita ridotta nel 2010, le motivazioni dell'Istat. Ma nel Sud tutto è fermo, non c'è crescita (+0,2%), l'industria va ancora giù (-0,3%), i servizi non bastano col loro modesto + 0,3% a compensare la caduta ed è solo l'agricoltura ad avanzare (+1,4%), meglio del dato italiano (+1%). A "entrare" nei numeri se la crescita nazionale del Pil è dovuta soprattutto alla ripresa dell'industria, le costruzioni sono in caduta libera (-3,4%), i consumi aumentano solo del +0,6% e le importazioni (col solito dazio della bolletta energetica) crescono (+10,5%) più delle esportazioni (+9,1%). A corollario e spiegazione di tutto gli investimenti aumentano solo del 2,5% con le banche sul chi vive e alle prese anche con problemi tutti interni oltre che con la solidità di chi va finanziato o rifinanziato. Qui la fanno da padroni i grossi debitori, da salvare, e "pagano" per tutti le Pmi, i professionisti e i privati con le famiglie a bruciare i risparmi di una vita. L'allarme più volte lanciato dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, appena asceso ai vertici della Bce, suona ora più forte: ripresa lenta, difficoltà a innovare, bassa propensione alla ricerca, dimensione ridotta delle imprese, tutti fattori corresponsabili di una crescita lenta e resa più difficile dalle infrastrutture insufficienti, dalla pressione disuniforme del fisco, dal peso di una burocrazia eccessiva e di una giustizia lenta. Due dati per tutti forniti da parte di Draghi nelle Considerazioni finali del 31 maggio scorso: l'efficienza (meglio sarebbe dire l'inefficienza) della giustizia civile e del sistema di istruzione valgono ciascuna un punto percentuale di Pil. E le previsioni non consolano. La Commissione Ue prevede per il nostro Paese una crescita ancora debole sia per il 2011 (+1%) che per il 2012 (+1,3%).
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