Pedemontana veneta, la Corte dei conti parla di "rischio fattibilità"
Martedi 15 Novembre 2016 alle 11:23 | 0 commenti
Per la seconda volta in 11 mesi, i giudici della Corte dei conti prendono di mira la superstrada (a pedaggio) che dovrebbe liberare un pezzo di Veneto dall'incubo del traffico facilitando la circolazione merci verso l'Est europeo. E stavolta la Corte dei conti si spinge a definire "a rischio fattibilità " questo progetto viario. Entra dunque in un tunnel la Pedemontana Veneta, la lingua d'asfalto di 94.5 chilometri che punta a collegare il Vicentino e il Trevigiano incrociando tre autostrade (la A4, A27 e A31).
L'alleanza tra investitori privati e istituzioni pubbliche - che doveva essere un esempio di modernità - si è inceppata; mentre la Cassa Depositi e Prestiti e la Bei si chiamano fuori dalla partita convinte che l'opera sia meno utile e strategica di come c'è l'hanno presentata. La Pedemontana Veneta procede avanti piano. Un investimento pubblico da 445 milioni non ha spinto i lavori oltre quota 19,89 per cento e tiene gli espropri addirittura al 12,46 per cento (a giugno 2016). La Corte dei conti - che scatta questa allarmante istantanea - nota anche che il progetto sta per entrare in una terra di nessuno. A fine anno, scadrà il mandato del Commissario delegato che ha tirato le fila dell'opera fin dal 2009, su incarico del governo. Ora Regione Veneto e ministero delle Infrastrutture vogliono subentrare sul ponte di comando; ma l'assenza di una decisione certa - lamenta la Corte - contrasta con il "buon andamento dell'agire amministrativo". Intanto va in crisi il modello finanziario immaginato per questa realizzazione. La società "Pedemontana Veneta Spa" - che si è aggiudicata la concessione della superstrada in costruzione - fin dal 2015 ha annunciato il lancio di una obbligazione, con la consulenza di J.P. Morgan. Ma questo bond, collegato al progetto, non si è ancora visto perché la società sta aspettando che la Cassa Depositi e Prestiti affianchi e supporti i finanziatori pubblici dell'opera (Stato, Regione Veneto e Comuni). Cassa Depositi però non ha molta voglia di imbarcarsi in questa avventura da quando un suo studio ha gettato un ombra sul volume di traffico che la Pedemontana Veneta potrà ospitare. Le stime di questo studio sono "molto peggiorative" rispetto a quelle associate al progetto, e questo suscita allarme. Il contratto di concessione scarica sulle casse pubbliche - soprattutto della Regione Veneto - costi importanti nel caso il traffico lungo la Pedemontana Veneta si rivelasse meno intenso e così anche, a cascata, il gettito del pedaggio. Questa mina vagante che minaccia i conti pubblici consiglia alla Cassa Depositi di tenersi alla larga. E anche la Banca Europea degli Investimenti (la Bei) si chiama fuori perché "il ritorno economico e sociale del progetto risulta notevolmente inferiore rispetto ai livelli accettabili per la finanziabilità di questo tipo di interventi". Cassa Depositi e Bei non chiudono la porta per sempre e tuttora stanno valutando delle forti correzioni al progetto finanziario, che peraltro sollevano la Regione da alcuni oneri. Ma la Corte dei conti intanto scrive: "Il ricorso al partenariato pubblico-privato non solo non ha portato i vantaggi" sperati, "ma ha reso precaria e incerta la fattibilità dell'opera". Aggiunge la Corte: il fatto che il concessionario privato non abbia sottoscritto la sua quota di finanziamento "ha prodotto conseguenze rilevanti, quali l'utilizzo di risorse pubbliche per l'avvio dell'opera, senza le quali non si sarebbe giunti all'attuale stato di avanzamento". La Corte dei conti, come già nel 2015, individua dunque gravi criticità sul fronte della Pedemontana Veneta, in particolare: le carenze progettuali; le difficoltà inerenti all'esecuzione dell'opera; l'estrema lentezza dell'iter dell'opera; la determinazione del computo degli espropri; l'esistenza di clausole contrattuali troppo favorevoli al concessionario; le problematiche ambientali rilevate dal ministero competente.
Di Aldo Fontanarosa, da Repubblica Economia & Finanza
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