Pedemontana: un vecchio mostro da 2,5 miliardi di euro. E la Sacyr ci guadagna
Domenica 7 Dicembre 2014 alle 13:22 | 0 commenti
 
				
		
		Di Simone Filippetti, VeneziePost
Non passa giorno che il governatore Zaia non sbandieri quanto sia strategica la Pedemontana Veneta. Era la fine di ottobre e il SuperGovernatore tagliava il nastro di un lotto dell'autostrada attesa da decenni: 94 chilometri che dovrebbero sbloccare il produttivo e ricco NordEst, bisognoso di strade e infrastrutture per le sue merci. In tre anni dall'inizio dei lavori, è stato costruito solo il 10%.
Ma siamo sicuri che la Pedemontana, così come tante altre grandi opere,  servano davvero? Viene da pensare il contrario, e cioè che le osannate  opere pubbliche non servano a niente, ma siano solo modi per distribuire  appalti, tanto cari alla politica. Intendiamoci: non è che le  autostrade non siano (sulla carta) utili. Il problema è che servivano 20  o 30 anni fa. Oggi, non più: il rapporto costo/benefici è spropositato.
Negli  anni Ottanta e Novanta il Veneto e il NordEst hanno perso decine di  punti di Pil, migliaia di miliardi di vecchie lire, per colpa dei tir  incolonnati a Mestre o nelle stradine di provincia dove le aziende  nascevano come funghi ed esportavano in tutto il mondo; colpa di un  sistema viario obsoleto che non faceva girare le merci alla velocità con  cui il Made in Italy vendeva e conquistava i mercati. Ma è un film  finito da tempo: il mondo è cambiato, l'Italia non è più sul podio da  tempo, è un paese in declino (economico, industriale, sociale e  culturale). Il Veneto non fa eccezione. E allora forse quelle opere sono  fuori tempo massimo, non servono più.
Girano meno camion e  meno  merci. Un po' perché da 6 anni c'è la crisi. Un po' perché nel   frattempo gli imprenditori del nord-est sono andati a produrre in  Slovenia, in Romania, in Croazia. Dove la manodopera costa meno e la  burocrazia è meno strangolante. Allora davvero servono ancora nuove  strade al Veneto? O basterebbe ammodernare e migliorare quelle che ci  sono (con costi infinitamente più bassi)? Il Veneto non è la California o  il Texas dagli spazi sterminati. Oggi, in treno o in autostrada, da  Brescia a Venezia è tutto un capannone (vuoto, perché c'è la crisi: anzi  li scoperchiano apposta per non pagare Imu). Ma da quei capannoni non  escono più i prodotti di un tempo. Così traffico autostradale (che in  Italia è fatto per la maggioranza da tir e camion) cala.
Il rischio  serio è che la Pedemontana diventi una BreBeMi bis. Un altro flop.  L'autostrada Milano-Brescia, anch'essa attesa da tempo immemore,  inaugurata la scorsa estate in pompa magna e tra mille fanfare con la  presenza del premier Matteo Renzi, è finora un clamoroso insuccesso.  Un'opera inutile. È vuota, non ci passa nessuno. E a pochi mesi dal via,  sono già saltati gli schemi. Alla fine il conto rischia di pagarlo  sempre il contribuente. Costruita con il sistema Project Financing,  quindi finanziata dai privati che hanno in cambio l'usufrutto per  ripagarsi i costi e guadagnarci, già oggi i calcoli di incasso futuro  dei pedaggi (e quindi di rimborso per i costruttori) sono tutti da  rifare. E siccome ai costruttori ci vorrà molto più tempo per rientrare  dei costi (ammesso che mai rientreranno, se il traffico sarà a livelli  così bassi), ecco che già si parla di un possibile "aiuto" dello Stato.  Pagano i cittadini.
E ora arriva una nuova grande opera chiamata,  come la BreBeMi, a salvare o rilanciare le sorti del paese: la  Pedemontana è un'altra opera monstre. Sicuramente per quanto costa. Uno  sproposito: quasi 2,5 miliardi di euro. L'architettura è la stessa della  (finora) fallimentare BreBeMi. Il controverso Project Financing: nessun  euro a carico dello Stato e del contribuente, ma rischio tutto sulle  spalle dei privati. Ma come s'è visto per la Milano Brescia il rischio  che lo Stato debba pagare c'è. I costruttori sono ripagati dell'opera  con 39 anni di concessione per incassare i pedaggi: 30mila veicoli al  giorno previsti. Ma saranno veramente 30mila? Quelle erano stime,  analogamente alla BreBeMi, fatte negli anni d'oro, basate su simulazioni  ottimiste che non prendevano in minima considerazione. Ma i  costruttori, una cordata italo-spagnola capeggiata da Sacyr, si sono  cautelati. C'è una clausola nel contratto: se i veicoli saranno meno di  12.500 al giorno allora la Regione Veneto pagherà un indennizzo di 14  milioni all'anno. Periodo ipotetico dell'irrealtà, fino all'anno scorso.  Ma ora dopo il flop della BreBemi non sembra così irrealistico. Intanto  allo Stato, che in teoria non dovrebbe sborsare un euro, la Pedemontana  Veneta è già costata quasi mezzo miliardo: 170 milioni a cui si stanno  per aggiungerne altri 330 per opere aggiuntive  non preventivate. 
Il  primo progetto della Pedemontana risale al 1966. Sono passati 50 anni.  Un'opera in ritardo di mezzo secolo. Nei quasi 100 km si contano  qualcosa  come 15 caselli, uno ogni 8 chilometri: un impatto ambientale  devastante. Alcuni piccoli centri, come Bassano o Breganze, si sono  visti addirittura regalare due svincoli: tutte cose che si fanno con  levitazione dei costi. Ma così si accontentano tutti i comuni: ognuno ha  il suo piccolo tornaconto e può vantarsi di avere un'autostrada.  Logiche da capitalismo feudale.
Ovviamente la politica non condivide  le critiche e lo scetticismo. Anzi parla di opere prioritarie. Ma lo  diceva anche della BreBemi. Ma si capisce il perché: le opere pubbliche  significano appalti. E gli appalti danno lavoro e portano voti. Un modo  per comprare il consenso, nel migliore dei casi. Nel peggiore sono un  distributore di corruzione e di tangenti. La parola Mose dice niente?
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