PD, invece dell'autocritica... l'autodifesa. Anche a Vicenza?
Giovedi 11 Dicembre 2014 alle 18:52 | 0 commenti
Purtroppo gli eredi, come i padri non hanno fatto “tesoro†di quello che un grande esponente del comunismo internazionale Mae Tse Tung (foto) aveva indicato negli anni Sessanta del secolo scorso come la via da percorrere. La via dell’autocritica. Lo hanno dapprima poco considerato e alla fine, come i suoi, messo in soffitta. Eppure l’indicazione del compagno cinese era chiara e distinta, perché prospettava una visione politica.
Perché non è stata perseguita? Il primo motivo era la pressoché totale dipendenza del comunismo italiano da quello sovietico, da cui riceva molto fin da quando all’inizio dell’era fascista lo Stato estero finanziò la prima edizione del giornale “L’Unità â€. Il denaro si sa condiziona e la macchina del partito ne aveva estrema necessità . Non si è mai indagato abbastanza. Il secondo motivo è che il comunismo italiano, quello impostato dal “Migliore†ossia Palmiro Togliatti, nei suoi diretti eredi, P. Longo ed E. Berlinguer, la via per la conquista del governo dello Stato italiano, attraverso l’uso sapiente del peso politico, dell’apparato e dell’incapacità del partito della Democrazia Cristiana di dare nuova direzione politica, dato che si stava trasformando in un partito “di gestione†della cosa pubblica con un carrierismo infinito. Nemmeno Bettino Craxi che si frappose al progetto del PCI riuscì nell’intento, imbrigliato anche lui nella gestione e degli appiattiti di molti. La crisi del 1992 spazzò via tutti i partiti tranne uno, quello che, grazie alla sua organizzazione e alla fedeltà dei suoi membri, non fu che parzialmente coinvolto, ma ne uscì, come d recitava un manifesto con le “mani pulite, che era iniziato anche presso quel partito la volontà di una gestione in proprio della cosa pubblica. La piccola parentesi del primo governo Berlusconi fu superata e con Prodi, capofila della visione gestionale della DC dopo la prematura scomparsa di Toni Bisaglia, poi con D’Alema e via via con tutto il partito l’insediamenti nella gestione dello Stato italiano fu quasi completata. Se ne rese conto lo stesso Berlusconi, che nei successivi mandati governò con un occhi attento alla gestione e agli interessi della sinistra, che ormai aveva cambiato il proprio DNA, residuo solo dei militanti “ d’una voltaâ€.
Ora che viene alla luce l’intreccio con chiunque sia interessato, a destra come a manca, alla gestione vantaggiosa del denaro pubblico, ecco che scatta l’autodifesa, quella che accompagna sempre la sinistra italiana. Noi, i migliori, noi i capaci, noi gli intelligenti, i buoni e anche i belli, grazie all’estetista, non abbiamo colpe, se ci sono derivano da quelli della destra. Noi sempre puri, sempre attenti ai bisogni sociali ecc., una filastrocca alla quale nessuno crede più. Infatti, basta osservare i nuovi virgulti del PD e ci si rende immediatamente conto che “del compagno†nulla hanno, sono dei carrieristi e basta. Puntano al vantaggio individuale, proprio quello che l’autocritica, che aveva insegnato il cinese, voleva evitare.
Non servono gli avvocati e le avvocatesse, tenaci difensori con la Littizzetto della purità del PD, la pentola è stata scoperchiata e da Roma si espanderà , temiamo, forse anche a Vicenza che ha ben dato prova, con il funambolismo politico degli esponenti, di un PD interessato molto alla gestione della cosa pubblica secondo lo schema panem et circenses.
Povero Mao Tse Tung, mai amato in Italia, tranne che del gruppetto extraparlamentare di “Servire il popoloâ€, da allora la mutazione della sinistra italiana si è compiuta, ma non per autocritica, semplicemente per “paicere del potere†che , guarda caso, distribuisce anche tanti “scheiâ€.
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