Pat blindato
Martedi 23 Febbraio 2010 alle 18:21 | 0 commenti
Osservazioni sì, osservazioni no. A poco più di due mesi dall'approvazione in consiglio comunale, il Pat, il nuovo Piano di assetto del territorio che tratteggia le linee dello sviluppo della città per i prossimi vent'anni, torna al centro della discussione politica. In questi sessanta giorni, infatti, a Palazzo Trissino sono state recapitate qualcosa come trecento osservazioni, che costituiscono l'ultimo ostacolo da vagliare prima dell'adozione definitiva del documento. L'opposizione di centrodestra, con il sostegno di Luca Balzi - sempre più a suo agio nel ruolo di bastian contrario del Pd - chiede che le osservazioni vengano discusse in Sala Bernarda. La giunta, però, da questo orecchio non ci sente, ed ha dalla sua la normativa, secondo cui il via libera finale al Pat spetta ad una Conferenza di servizi costituita da Comune e Regione. "La procedura non prevede un esame delle osservazioni in consiglio comunale - ha spiegato al Giornale di Vicenza l'assessore all'urbanistica Francesca Lazzari -. Chiedono di visionare le osservazioni? Nessun problema, non appena sarà completato il lavoro dei tecnici tutta la documentazione sarà messa a disposizione. Vogliono discuterne in commissione? Va bene. La realtà è che stanno facendo di tutto a tutti i livelli per ritardare l'iter. Se le cose dovessero andare così, si rischia di perdere almeno sei mesi. È questo che vogliamo in una fase delicata per tutta l'economia? Vogliamo davvero ritardare lo sviluppo della città ?".
"La città è rimasta bloccata per anni - è intervenuto a darle man forte il sindaco -. È ora di dare a Vicenza la possibilità di ripartire: anche la crisi ce lo chiede e il Pat è lo strumento che ci consentirà il rilancio. Il consiglio, infatti, si è già espresso dando il via libera al Pat, tra l'altro al termine di un complesso e approfondito percorso di condivisione della sua costruzione con tutta la città . Basta con la politica che cerca di mettersi di traverso all'evoluzione di Vicenza. Questo è il tempo dei fatti".
Dal punto di vista dell'amministrazione, ci sono senz'altro ottime ragioni per cercare di portare a casa il risultato in tempi rapidi. Soprattutto dando uno sguardo al passato, e vedendo quanti progetti annunciati con grande clamore si sono poi arenati in mezzo a cavilli burocratici o sgambetti politici. C'è il rischio, però, che la fretta uccida il dibattito. Già il Pat è arrivato al voto in consiglio comunale blindato, o quasi, con una formula molto simile al prendere o lasciare, visto che si doveva dire sì o no all'intero documento: era molto difficile che qualche consigliere, pur avendo dei dubbi su alcuni punti (ad esempio gli accordi con i privati, per citare una delle questioni più controverse), potesse avere il coraggio di votare contro, sfiduciando di fatto Variati ad appena un anno dall'insediamento. E infatti nessuno l'ha fatto, nemmeno l'Italia dei Valori, che pure qualche perplessità ce l'aveva. Sindaco e assessore, all'epoca hanno assicurato che ci sarebbero stati altri passaggi, e che ci sarebbe stato tutto il tempo per valutare nel dettaglio ogni passaggio. Le osservazioni potevano essere il primo di queste nuove tappe. Ma subito ricomincia il ritornello che non bisogna mettersi di traverso, per non far perdere tempo ad un provvedimento che potrebbe essere cruciale per la ripresa dell'economia locale.
Anche tralasciando il fatto che, per l'ennesima volta, lo sviluppo edilizio è visto come motore irrinunciabile dello sviluppo economico (ma per quanto di dovrà andare avanti così?), non vorremmo che si perdesse l'opportunità di approfondire spunti interessanti. Ecco qualche esempio, pescato tra le osservazioni presentate dai Verdi e dai Socialisti di Sinistra, Ecologia e Libertà . Nel Pat, molti edifici di pregio ambientale sono declassati a semplici insediamenti rurali, perdendo buona parte delle loro tutele, e lo stesso avviene per le cosiddette adiacenze. Perché non ripristinare le vecchie norme, che garantivano meglio la conservazione di quel poco che è finora scampato alle ruspe? O, ancora, all'intesa per il nuovo Stadio potrebbe essere applicato un meccanismo simile a quello in vigore ad Altavilla, per cui il privato versa al comune il 40 per cento delle plusvalenze realizzate col cambio di destinazione urbanistica: con la trasformazione da zona agricola a zona edificabile dei 280 mila metri quadri di Cà Balbi, il Comune potrebbe incamerare qualcosa come 32 milioni di euro. Forse vale la pena di approfondire un po' la questione. O no?
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