Operai turchi della fabbrica occupata-autogestita Kazova arrivano nel vicentino
Venerdi 12 Settembre 2014 alle 15:45 | 0 commenti
Alcuni operai della fabbrica occupata/autogestita Kazova vicino a Istanbul in Turchia, una delle realtà economiche più controverse ed in espansione dell’Europa, saranno ospitati domenica 14 settembre 2014 alle ore 17 presso il piano Nobile di Palazzo Fogazzaro a Schio. Un incontro organizzato dall’Associazione Culturale 1 Maggio, promosso da Areaglobale, USB, lavoratori e lavoratrici del settore pubblico e privato e sostenuto da Sinistra Anticapitalista Veneto, PCL sezione di Vicenza, Ross@-Padova. Di seguito i dettagli sull’iniziativa forniti dagli organizzatori.
La fabbrica, sita nelle vicinanze di Istanbul, produceva vestiario di alta moda ed è stata occupata dopo che il datore di lavoro aveva licenziato gli operai, omettendo di pagare gli ultimi mesi di salario e non pochi straordinari.Ovviamente l’obiettivo era quello di portare la produzione in un paese dove la manodopera fosse sicuramente più remunerativa e lo sfruttamento - che già in Turchia tocca livelli altissimi - avrebbe trovato sicuramente meno intoppi. Il proprietario, oltre a far sparire nottetempo vestiti già confezionati e materie primi come filati, aveva pensato bene, non potendoli spostare in breve tempo, di sabotare i macchinari, rendendoli così inutilizzabili per molto tempo. I lavoratori, dopo un primo momento di scoramento, hanno reagito mettendo in campo l’unica strada praticabile in questa condizione di crisi mondiale.
Hanno ripristinato quello che si poteva delle macchine e hanno iniziato a produrre vestiario. Questa, a grandi linee, la cronaca della vicenda.
In Italia con tappe a Milano, Verona, Schio, Torino, Pontedera (PI), Pietrasanta (LU), Roma e Napoli i lavoratori della Kazova racconteranno la loro esperienza, cercando di parlare soprattutto con i loro colleghi italiani e con le organizzazioni sindacali di base, per poter esporre il loro punto di vista e sentire ovviamente quello di chi lavora qui. Produrre sì, ma per chi e per che cosa? Sono alcune delle domande che si pongono e con cui hanno tentato di rispondere con la loro iniziativa.
Interessante capire da loro come, invece di cercare con lettere di far esprimere solidarietà alle varie personalità religiose, istituzionali, dello spettacolo ecc., come normalmente si fa, abbiano intrapreso una strada completamente diversa.
Una strada che non delega, che si rimbocca le cosiddette maniche, pratica tanto cara alle popolazioni padano-venete.
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