Olimpiadi e grandi opere, giochi pericolosi
Martedi 4 Maggio 2010 alle 09:05 | 0 commenti
VicenzaPiù n. 190 è in edicola da sabato 1° maggio (vedi la locandina con gli 'strilli' del numero) ed è in distribuzione (salvo disponibilità ) presso questi punti da lunedì. Inoltre è scaricabile da QUI. Vi anticipiamo l'articolo su Venezia 2020
Olimpiadi e grandi opere, giochi pericolosi
di Luca Matteazzi
L'economista Marco Ponti (Politecnico di Milano e lavoce.info) mette in guardia: "Sono un dispositivo per spendere soldi pubblici, con pochi controlli". La condizione essenziale per evitare disastri economici e corruzione è un'analisi seria e fatta da terzi. Che però nessuno fa
"Non è che le grandi opere siano inutili o non vadano fatte. È che per decidere c'è bisogno di una valutazione seria, fatta da organismi terzi. Altrimenti è come chiedere all'oste se il vino è buono". Quando si parla di grandi opere, dei loro costi e dei loro vantaggi, Marco Ponti è una delle voci più autorevoli. Professore ordinario di economia applicata al Politecnico di Milano, collaboratore del seguitissimo sito web lavoce.info, con un curriculum sterminato in cui spiccano incarichi di consulenza per vari ministeri, per la Banca Mondiale, per la Commissione Europea e per un lungo elenco di enti locali (dalla provincia di Milano a quella di Trento), Ponti ha seguito da vicino la vicenda delle Olimpiadi invernali di Torino e adesso sta facendo altrettanto con quella dell'Expo milanese del 2015. La sua è una posizione critica, al di fuori del coro entusiasta che di solito accompagna la presentazione di simili maxi progetti. Perché, spiega, il più delle volte si tratta di scorciatoie per fare incetta di fondi pubblici, senza che ci siano analisi serie sull'effettiva utilità degli investimenti in programma. "Saragozza (sede dell'Expo 2008, ndr) è stato un disastro - ricorda -. E le Olimpiadi di Atene, anche se nessuno lo dice, sono una delle cause della crisi della Grecia, dato che hanno creato un buco pari all'1 per cento del Pil".
Ecco, partiamo da qui. Di solito, quando si propongono eventi come le Olimpiadi, il copione è sempre lo stesso, con i promotori che promettono grandi vantaggi e importanti ricadute economiche. Anche per Venezia 2020 il leitmotiv ripetuto da tutti è stato: "Sarà un'occasione straordinaria".
"Sì, ma è un po' troppo comodo fare così perché tanto a pagare sono in buona parte i contribuenti. In realtà si tratta di un dispositivo per ottenere dei soldi da Roma al di fuori di quelli che sono i canali ordinari. Se fosse una volta ogni tanto, si potrebbe anche capire, ma di situazioni simili ce ne sono sempre di più. Adesso si parla di Olimpiadi, ma ci sono stati i Mondiali, l'Anno Santo, le Olimpiadi invernali, l'Expo. Non solo: ormai lo si fa dappertutto, in ogni angolo del mondo, e questo è un limite. Il meccanismo potrebbe funzionare se utilizzato due o tre volte, ma se ci sono 300 eventi all'anno le cose non funzionano più. L'evento non è più un evento, e quello che in termini tecnici si chiama rumore di fondo nasconde tutto".
Lei ha scritto: "La necessità delle grandi opere non sembra essere messa in discussione da nessuno. Ma le ricerche indipendenti dimostrano che i costi sono ben superiori ai benefici. E per imprenditori e cittadini non sono una priorità ". Vale anche per le Olimpiadi?
"Sì. È un giochetto per spendere soldi pubblici. Ed è un modo di fare che pone delle forti perplessità anche di carattere etico, perché non c'è nessun riscontro, nessuna verifica che quelle opere siano davvero migliori e più utili di altre. C'è, inoltre, un divorzio totale tra chi prende le decisioni e chi dovrà poi rispondere di eventuali errori: chi paga se gli incassi non sono quelli attesi? Chi si assume le responsabilità ? Oltretutto si crea una sfasatura temporale pazzesca, per cui una metropolitana o una strada che sono destinate a durare per decenni vengono costruite per eventi che durano pochi mesi, nel caso delle Olimpiadi poche settimane. È questo il modo per spendere denaro pubblico? Io ho seguito le Olimpiadi di Torino, e mi sono reso conto che in tanti tra gli addetti ai lavori non sapevano nemmeno quanto sarebbero costate. In molti casi non si conoscono nemmeno i dati precisi. Non si può essere così disinvolti quando si usano soldi pubblici".
Lei ha criticato i progetti che si basano solo sull'analisi del valore aggiunto, affermando che sarebbe invece preferibile un'analisi che valuta costi e benefici. Può spiegarle in modo molto semplice cosa significa?
"Sono concetti molto tecnici. Semplificando, si può dire che l'analisi costi benefici cerca di valutare gli effetti che un'opera ha sulla collettività , ed è un tipo di analisi molto complessa. L'analisi del valore aggiunto calcola invece le ricadute su occupazione e profitti per le imprese. Il punto è che questi benefici ci sono sempre; qualsiasi euro di spesa pubblica genera occupazione e profitti. Questo tipo di analisi è legittima, ma va fatta in modo comparativo, mettendo a confronto cosa succede se spendo una cifra in un progetto e se spendo la stessa cifra in un altra cosa. Questa comparazione non lo fa nessuno: così, senza confronti, questo metodo può giustificare qualsiasi idea, anche quella del tunnel sotto l'Adriatico. Lo sa che comincia a circolare questa proposta?"
Per il cittadino medio è difficile capire davvero come stanno le cose. I dati che si trovano sono molto discordanti, a volte non ci sono proprio. Come regolarsi?
"Ci sono vari aspetti da valutare. Ad esempio bisognerebbe considerare quanto le infrastrutture che verranno create saranno utilizzate anche dopo l'evento. Ma anche questo non l'ho mai visto fare. In generale, la cosa fondamentale è chiedere che ci siano analisi dei progetti comparate, rigorose, e fatte da terzi, da organismi che non siano riconducibili alla politica o pagati da chi prende le decisioni".
C'è qualcuno che ci guadagna?
"Certo che c'è chi ci guadagna. I costruttori, di sicuro. I proprietari dei terreni, molto spesso. A volte anche i gestori".
C'è anche una ricaduta più generica per la collettività ?
"Certo, ma questa c'è sempre, con qualsiasi opera pubblica. Il problema è capire se quelle opere sono davvero quelle giuste".
In alcuni articoli lei ha evidenziato come, strettamente legato al discorso grandi opere, ci sia il rischio corruzione, soprattutto per quanto riguarda lavori pubblici e appalti. Vale anche per Venezia 2020?
"Lo dice la storia. Guardi che la corruzione ha una forma illegale - la bustarella- che è ampiamente praticata. Ma ha moltissime forme legali, fatte di triangolazioni, favori, appoggi politici. Un esempio è l'assunzione: ci sono politici che a fine mandato vengono assunti da quegli interessi che hanno favorito. Negli Stati Uniti le chiamano "revolving doors", le porte scorrevoli. Ecco, questo tipo di scambio è una cosa molto frequente.
In generale, l'uso disinvolto del denaro pubblico è quasi una legittimazione della corruzione. Formalmente tutte le opere vengono assegnate con delle gare, ma le gare sono notoriamente finte. È una presa in giro, tanto è vero che si sa prima chi farà i lavori. Capiamoci, non è che all'estero siano tutti degli angioletti e queste cose non succedano, ma qui è molto più evidente".
Di fronte a simili progetti ci sono spesso preoccupazioni di carattere ambientale. Sono giustificate?
"Anche questo può essere valutato solo da una analisi fatta da terzi, che è una precondizione essenziale".
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