Rassegna stampa | Categorie: Banche

Nel fondo Atlante, "salvatore" di BPVi, non solo istituzioni italiane, ma anche la tedesca Allianz

Di Rassegna Stampa Venerdi 13 Maggio 2016 alle 07:53 | 0 commenti

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Guardate la tabella in pagina, perché aiuta a capire cosa c’è e cosa manca. Riporta l’elenco dei 67 soggetti che hanno contribuito in Atlante, il fondo salva-banche da 4.249 milioni di euro. La lista spazia dagli 845 milioni di Intesa Sanpaolo e Unicredit, al singolo milione versato dalla Popolare di Cividale o dalla Cassa di Ravenna. Nel complesso sono impegnate 67 istituzioni, eppure ne spicca una diversa dalle altre: Allianz. Ciò che rende unico questo assicuratore, più del suo contributo da 50 milioni, è il suo passaporto. Non è italiano. Non c’è un altro marchio estero in Atlante (al netto dei contributi di Generali attraverso le sue controllate europee), né è stato spiegato perché il gruppo tedesco resti il solo.

Forse Allianz contribuisce alla stabilità dell’Italia perché la considera essenziale per la Germania e per l’Europa, dunque anche per sé; oppure vuole continuare a essere ben vista in un Paese nel quale realizza buoni affari; o magari ha preferito non respingere una proposta presentata con determinazione dalle autorità italiane. Non sappiamo cosa sia successo precisamente, né quale fra queste motivazioni abbia pesato di più. Di certo però per gli altri grandi gruppi finanziari non è successo, perché sono assenti. Nella misura in cui molti di loro hanno forti interessi in Italia (anche) grazie al governo, la loro latitanza è in parte un mistero e un paradosso. Sedici grandi banche estere - fra queste Jp Morgan, Ubs, Citigroup, Barclays, Bnp Paribas, Commerzbank, Deutsche Bank, Hsbc, Goldman Sachs, Morgan Stanley e Bank of America - realizzano profitti da anni collocando i titoli di Stato per conto del Tesoro. Alcuni guadagnano anche di più grazie ai derivati confezionati sul debito pubblico negli ultimi 20 anni su richiesta del governo. Deutsche Bank, Barclays, Bnp o Crédit Agricole raccolgono poi risparmio in Italia, giovandosi implicitamente della garanzia dello Stato sui depositi. Tutti godono della stabilità finanziaria italiana e soffrono quando non c’è: di recente il quotidiano francese «Les Echos» ricordava che proprio l’andamento delle banche a Piazza Affari è un fattore decisivo per la Borsa di Parigi.
Eppure nessuno dall’altra parte delle Alpi ha contribuito un centesimo per Atlante, benché il governo speri che il fondo raccolga di più in futuro. Non è chiaro se le banche estere non credano al progetto, se nessuno abbia chiesto loro con sufficiente forza di contribuire, oppure se abbia ragione un banchiere europeo: «Venti anni di insuccesso economico hanno minato la sicurezza degli italiani nel trattare con gli altri». Di sicuro l’assenza delle banche estere è un messaggio. Ci fossero state, avrebbero segnalato con la loro presenza che la stabilità finanziaria italiana è un bene pubblico globale da tutelare: a maggior ragione ora che la Germania impedisce di arrivare a un sistema europeo di garanzia sui depositi bancari. Il segnale che invece molti investitori percepiscono - magari a torto - è che nel governo non si sta facendo tutto il possibile per rendere Atlante un successo. Non può essere un caso se l’indice dei titoli bancari in Italia, dai minimi del 7 aprile, è salito del 23% non appena si è diffusa notizia che il fondo sarebbe stato creato; poi però è caduto del 15% dal picco del 28 aprile, non appena il governo ha presentato il suo decreto sul recupero delle garanzie dei crediti inesigibili delle banche. A torto o a ragione, il mercato ne è deluso.
Eppure convincere gli investitori della determinazione assoluta del governo resta essenziale. Se il mercato crede che l’Italia farà tutto il possibile per una soluzione sulle banche, ne solleverà i titoli in Borsa verso valori ai quali una soluzione diventa possibile tramite aumenti di capitale. Se invece il mercato pensa che mancano dei tasselli e la soluzione resta lontana, farà scendere i prezzi di Borsa al punto tale che per le banche trovare nuove risorse sul mercato diventa difficile; e la soluzione si allontana. La bilancia si può spostare, ma solo applicando tutto il peso.
Di Federico Fubini, da Il Corriere della Sera


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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