Necessità Fiat del nuovo contratto: i perchè nel pre bilancio. Ora serve vendere di più
Domenica 6 Febbraio 2011 alle 17:35 | 0 commenti
Adesso il Lingotto deve vendere più auto, da La Repubblica del 5 febbraio, di Alessandro Penati
Le anticipazioni del bilancio Fiat per il 2010, annunciate la settimana scorsa, con lo spaccato dei conti post scissione e il piano fino al 2014, fanno capire perché l' azienda abbia spinto per un cambiamento dei contratti di lavoro in Italia, ma anche la vera portata di questi accordi per il futuro della società .
Il vero problema della Fiat (auto) sono i "margini": tolta la componentistica, tolta la Ferrari, che con il 6% del fatturato ha generato il 27% del risultato operativo, l' anno scorso ha prodotto appena 607 milioni di utili prima di imposte, oneri finanziari e poste straordinarie, su 30 miliardi di ricavi. Un margine del 2,2%: il più risicato tra i 20 maggiori gruppi automobilistici nel mondo. Peggio anche di GM, in uscita dalla bancarotta, e poco meglio di Chrysler. In leggero miglioramento rispetto all' 1,8% del 2009, ma solo grazie a 350 milioni di risparmi su acquisti e spese generali. Obiettivo del piano è triplicare i margini in 4 anni, portandoli al 5,5% del fatturato. Dipendendo ancora dall' Europa (56% delle vendite, di cui 30% in Italia), Fiat non può però sperare in un mercato in crescita, viste le prospettive economiche non brillanti. Né in aumenti del prezzo medio: nelle utilitarie, una concorrenza agguerrita farà da calmiere; e ci vogliono anni per trasformarsi in un marchio di pregio, come Bmw o Audi. Poiché gli impianti italiani hanno una grado di utilizzo di appena il 37% della massima capacità tecnica (la metà degli altri impianti Fiat in Europa) è tuttavia possibile migliorare i margini sfruttando la capacità inutilizzata da noi per ripartire i costi fissi (impianti, rete commerciale, logistica, progettazione) su un numero maggiore di auto prodotte. Fiat però doveva contare su contratti di lavoro che assicurassero la possibilità di farlo. Lo scopo della contrattazione, dunque, non era ridurre il costo del lavoro, che anzi sale se si produce di più, e che comunque rimane una frazione del costo del venduto, ma ottenere la flessibilità per poter ridurre l' incidenza dei costi fissi, la principale componente di costo, per unità di prodotto. Ma non basta produrre di più, Fiat deve adesso aumentare anche le vendite: su questo si mostra ottimista, prefiggendosi di far crescere il fatturato del 20% medio annuo da qui al 2014. Non l' aiuta aver perso quote di mercato nell' auto quasi ovunque l' anno scorso: una perdita che si è accentuata nell' ultimo trimestre (-1,5% in Europa, -3% in Italia, -2,8% in Brasile), facendole iniziare il 2011 con un' inerzia negativa. Riconquistare i clienti perduti è difficile: la fedeltà al marchio conta parecchio e il periodo medio di sostituzione è di svariati anni. Aver rallentato l' uscita di nuovi modelli perché il mercato era debole potrebbe rivelarsi un errore grave. Chrysler non può aiutare per almeno 2 anni: la casa americana è a sua volta alle prese con i margini più bassi tra le 5 maggiori case presenti negli Usa. Può contare su una forte ripresa della domanda americana (siamo a 500 mila veicoli venduti al mese contro i 650 mila nel decennio precedente la crisi) e sul rifinaziamento meno oneroso dei prestiti elargiti dal governo per il salvataggio. Ma per sistemare i propri conti, non quelli di Fiat. I sindacati hanno chiesto un impegno dell' azienda a investire: ma gli investimenti sono impliciti nella necessità di aumentare la produttività (il piano prevede 16 miliardi in 4 anni rispetto ai 2,8 del 2010). Altri hanno auspicato una partecipazione dei sindacati alla governance societaria. Ma la cosa più logica sarebbe chiedere come premio una frazione predefinita del margine per ogni anno del piano: non ostacola il raggiungimento degli obiettivi aziendali, è il più credibile degli impegni, è nell' interesse dei lavoratori. Per Fiat, rinegoziare i contratti di lavoro è stata una condizione necessaria per il rilancio: ma non sufficiente. Quest' anno e il prossimo saranno dunque cruciali. Il piano è ambizioso. La Borsa ci scommette (o almeno scommette su Chrysler). I festeggiamenti però vanno rimandati a fine 2012.
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