Meridio: per superare la crisi serve anche una banca pubblica
Martedi 19 Febbraio 2013 alle 17:35 | 0 commenti
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Gerardo Meridio conosce la politca da tempo. Nato il 5 agosto del '60 a Thiene è vissuto per molti anni a Dueville dove ha cominciato a frequentare gli ambienti della Democrazia Cristiana e dove ha mosso i primi passi come amministratore ricoprendo la carica di vicesindaco. Funzionario Inps «ex Inpdap» Meridio è stato per anni presidente dell'Ipab Vicenza, città in cui vive, mentre dal 2008 è stato eletto «consigliere comunale del Pdl».
Allora Meridio come mai ha deciso questo salto di qualità ? Da consigliere a candidato per Mir al senato. Quando ha deciso con precisione? E come interpreterà la campagna, da membro del coro o da solista?
«Era il dicembre dello scorso anno ed ero deluso dal mancato rinnovamento in seno al Pdl. Conoscevo Gianpiero Samorì e quando si è candidato alle primarie la sua iniziativa mi aveva convinto. Poi non se n'è fatto nulla ma la sua iniziativa con il Mir mi ha trovato d'accordo; così mi sono trovato candidato al Senato poiché Mir oltre a non avere nelle sue fila eletti a Roma predilige di gran lunga i soggetti che provengono dal territorio. Io personalmente non ho alcuna ambizione da "carega per la carega"».
Ad ogni modo la sua elezione a palazzo Madama appare difficile. Non si sente in una posizione marginale rispetto ad altri partiti del centrodestra o rispetto ad altri candidati con probabilità maggiori di successo?
«Assolutamente no. Ciò che conta è il progetto comune. Noi siamo qui per riammodernare il centrodestra. Ci interessa l'obiettivo complessivo»
Quale è la vostra priorità sul piano politico?
«Ridare speranza al Paese sapendo che occorre combattere sprechi e malversazioni. Noi che non abbiamo scheletri nell'armadio possiamo gridarlo forte. E poi ci stiamo immergendo giorno dopo giorno tra le persone ».
Quel è il primo spreco che le viene in mente?
«Io preferisco cominciare dalla testa e quindi il mio pensiero va alla presidenza della Repubblica che costa 250 milioni di euro all'anno. Più dell'Eliseo e di Buckingham palace messi insieme. Poi occorre limitare il numero dei parlamentari. Si dovrebbe scendere ad una soglia paragonabile a quella della Germania quanto meno»
E poi?
«Non è pensabile che alcuni grandi funzionari di stato prendano 6-700, anche un milione di euro l'anno. Il Capo della polzia in Italia guadagna 700.000 euro l'anno, il capo dell'Fbi negli Usa 120.000, tanto per dire».
Ma sul piano economico che ricette proponete contro la crisi?
«Anzitutto c'è un problema di disciplina bancaria. Non è possibile che le banche prendano a prestito soldi dalla Bce a tassi minimi per rimpinguare i loro bilanci, o per comperare titoli di Stato, lasciando la gente e le piccole imprese nella stretta creditizia. Occorre una sana e seria banca pubblica che rimetta in circolo la moneta o altrimenti di austerity si morirà . Per acquisire risorse sarebbe anche utile dismettere il patrimonio aureo di Bankitalia. La Germania già lo ha fatto. Poi però bisogna ridurre altri sprechi».
Quali?
«Vanno accorpate regioni, competenze, centralizzati acquisti, va razionalizzata la spesa in materia di acquisizione di beni da parte delle amministrazioni altrimenti non si va lontano. Ci vuole poi un tetto agli emolumenti di quei manager bancari di quegli istituti che beneficiano direttamente o indirettamente dell'aiuto pubblico. Il caso di Mps insegna. Certi premi a manager che combinano certi guai non vanno nemmeno presi in considerazione, soprattutto quando poi spunta l'aiutino dei Monti bond».
Lei da giorni va rimarcando il concetto di innovazione. A che si riferisce?
«Ci sono alcuni cicli industriali che stanno cedendo il passo. Dobbiamo capire che ci sono ambiti come le reti internet ad alta potenza, le ristrutturazioni ambientali, il trasporto 2.0 che vanno incentivati dallo Stato. Occorre una sorta di scintilla neokeynesiana tale da far ripartire l'economia, ma nella direzione utile all'essere umano; altrimenti se l'economia diventa il retrobottega della finanza non va bene».
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