Marlane Marzotto, 40 decessi per cancro non fanno più notizia: VicenzaPiù n. 199 in edicola
Domenica 10 Ottobre 2010 alle 22:06 | 0 commenti
Su quello che è successo alla Marlane di Praia a Mare (nella foto un reparto tintoria) si è parlato e scritto poco. Troppo poco. L'anno scorso ho sentito una breve notizia su Rai3-news. Si parlava di un'indagine che interessava una ditta tessile calabrese dove erano morti di cancro decine di operai. Una breve notizia, pochissime righe, comparve anche sul Giornale di Vicenza il 1 ottobre 2009 (tra le brevi).
Il titolo era "Cosenza - 40 morti di cancro - indagine su azienda: esalazioni tossiche". Il nome dell'azienda (Marlane) mi ricordava qualcosa. Mi ricordava che quella ditta calabrese era in qualche maniera collegata alla nostra provincia. Infatti, mi venne in mente che in un convegno sulla crisi della Marzotto e sul piano industriale di circa 10 anni fa, si parlava di investimenti da richiedere allo Stato per mantenere la produzione nell'impianto di Praia a Mare. Da questi ricordi è iniziata una piccola ricerca. Volevo capire, sapere. Cos'era successo alla Marlane?
Alla Marlane è successo quello che purtroppo accade troppo spesso nelle "nostre" fabbriche. C'erano lavorazioni con materiali pericolosi e tossici che servivano per la tintura di tessuti. E c'erano stati decine di morti e decine di persone si erano ammalate di cancro. Una strage. Dal 1969 la Marlane diventò di proprietà dell'ENI. Quindi la Lanerossi ne prese il controllo. Vennero abbattuti i muri che dividevano i vari reparti. Tutte le lavorazioni avvenivano in un unico ambiente e i fumi della tintoria venivano respirati da chiunque. Gli scarti delle lavorazioni e i residui delle stesse (compreso l'amianto derivante dai freni dei macchinari) venivano smaltiti alla meno peggio, senza troppe precauzioni. A fine giornata agli operai veniva data una busta di latte per disintossicarsi. Una situazione drammatica. Nel 1987 la Lanerossi fu ceduta alla Marzotto e, quindi, anche la Marlane divenne di proprietà della ditta di Valdagno. Negli anni novanta le vasche di tintura venenro progressivamente sigillate. Si fece un po' di ordine nella sicurezza. Poi, con la crisi, la Marlane progressivamente perde lavoro. Si chiedono incentivi allo Stato. Alla fine viene definitivamente chiusa. Ma l'inquinamento nascosto nei terreni prossimi alla fabbrica resta. Restano gli ammalati e i morti di cancro. L'opinione pubblica dovrebbe indignarsi, tutti dovrebbero urlare, protestare ... ma, come per mille altre vicende analoghe, il silenzio la fa da padrone. Quando escono, le notizie sono confuse, nascoste tra altre nella cronaca.
Alla Marlane è successa la solita vecchia storia di lavori fatti in totale insicurezza, di pressioni su cittadini e lavoratori per indurli a non parlare, di ricatti occupazionali, di menzogne sulle cause della morte e della malattia di tante persone, di sfruttamento umano e ambientale per avere maggior guadagno. E poi c'è l'inquinamento rilevato nei terreni attorno alla fabbrica dove si interravano rifiuti e scarti altamente tossici. Alla Marlane è successo tutto questo nell'indifferenza. Solo grazie alla testardaggine di SLAI COBAS si sono riaperte le indagini. È continuata una flebile ma continua voce di protesta e di dolore che ha portato al processo che sta per iniziare al tribunale di Paola. Un processo che vede indagati dirigenti ed ex-dirigenti della Marlane, della Lanerossi e della Marzotto. Nomi molto conosciuti nella nostra provincia. L'udienza preliminare doveva iniziare il 13 luglio ma ha subito, fino ad ora, due rinvii al 30 settembre e, poi, al 12 ottobre per questioni burocratiche. Le famiglie dei lavoratori morti, gli ammalati, i cittadini costretti a vivere in un ambiente avvelenato perché si doveva produrre di più e a minor costo stanno aspettando giustizia. E in questi casi la giustizia è particolarmente lenta. Ma l'ostinazione dei calabresi è altrettanto forte. Noi possiamo e dobbiamo sapere e conoscere. Dobbiamo esigerlo. Dobbiamo avere coscienza che il lavoro non può diventare merce di scambio con le regole di sicurezza o i diritti di ognuno. E se non ne abbiamo coscienza, cominciamo a formarla. È una maniera di aiutare chi ha perso i propri cari (o li sta perdendo) ad ottenere giustizia. Quaranta morti di cancro, decine e decine di ammalati, sono tanti. Sarebbe troppo anche uno solo. Non possiamo ridurci a pensare che questo sia la normalità .
La dottoressa Aurora Brancia nella perizia tecnica di parte depositata al Tribunale di Paola, il 25 luglio 2008 conclude scrivendo: "... i dati epidemiologici relativi a questo sia pur parziale spaccato di popolazione di lavoratori della ex-Marlane di Maratea e di Praia a Mare sono significativamente superiori ai dati della popolazione generale, a maggior ragione di quella calabrese, tanto superiori da ipotizzare che le lavorazioni ivi svolte, per presenza documentata di almeno 2 tipi di sostanze cancerogene, abbiano causato un danno alla salute generalizzato nei confronti dei lavoratori che, forse, non si è ancora manifestato in tutta la sua mortale pericolosità ."
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