Marito, padre, nonno, secondo tradizione: continua il dibattito sulle unioni gay
Giovedi 20 Gennaio 2011 alle 16:35 | 0 commenti
Riceviamo da Luciano Parolin e pubblichiamo (chiunque può inviarci scritti con opinioni e segnalazioni personali a [email protected] , l'indirizzo per i Citizen Writers, quelli più vicini alla vita e alle notizie)
da Luciano Parolin
Da qualche anno, proprio grazie al PD, si è aperto e sviluppato un dibattito sulla rilevanza giuridica di altre forme di convivenza diverse dal matrimonio. Il mio intervento criticato dal Signor Santacroce non era rivolto ai gay, ma alla ostentazione di paternità omosessuale del Sir inglese.
More uxorio e' un'espressione latina che significa "Come marito e moglie". Questa frase viene utilizzata quando vengono estese a delle coppie di fatto dei diritti, degli oneri, dei privilegi o degli obblighi tipici delle coppie unite in matrimonio.
La Corte Costituzionale con sentenza n. 404 del 1988, estese al convivente more uxorio il diritto del coniuge superstite a succedere nel contratto d'affitto.
Alcuni orientamenti della Corte di Strasburgo e della Corte di giustizia Europea hanno dato modo di comprendere nel concetto di coppie di fatto anche forme di convivenza tra persone dello stesso sesso (convivenze omosessuali). In pratica la cosiddetta ideologia del genere (gender) vorrebbe estendere i diritti doveri derivanti dal matrimonio ad altre forme di riconoscimento pubblico, altrimenti il tutto diventa un atto discriminatorio dell'individuo derivante dal suo orientamento sessuale.
In base al C.C. ex art. 1321, un accordo "tra due o più parti per costituire o estinguere un rapporto giuridico patrimoniale" ha valore di legge tra le parti, purché la causa art. 1322 non sia "contraria
a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume" (art. 1343).
La Corte Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, all'art.12 stabilisce che " a partire dall'età maritale, l'uomo e la donna hanno diritto di sposarsi e di formare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l'esercizio di questo diritto"
Nel quadro Costituzionale le convivenze eterosessuali hanno una differente rilevanza rispetto a quelle omosessuali, non per una aprioristica valutazione morale, ma bensì per la diversità assoluta delle due situazioni.
Il primato spetta alla famiglia, fondata sul matrimonio, per la presenza dei figli tutelati anche al di fuori del matrimonio, per il carattere di reciprocità dei diritti e dei doveri nella relazione coniugale, nella quale i coniugi si impegnano a condividere la loro esistenza e risorse economiche, per la tutela dei minori. Il tutto crea l'ambiente più idoneo alla crescita e all'educazione dei figli.
Il criterio è stato confermato dal Decreto Legge 24 aprile 2001, n°150 che riserva il diritto all'adozione alle sole coppie coniugate.
Con sentenza n. 237 del 1986 e 404 del 1988 e n.310 del 1989 la Corte Costituzionale ha riconosciuto alla famiglia legittima "una dignità superiore, in ragione di stabilità e di certezza e della corrispettività dei diritti e dei doveri che nascono soltanto dal matrimonio"
Pertanto il primato riconosciuto dalla Costituzione non è un privilegio, ma è basato su dati e valutazioni etiche condivise dalla giurisprudenza e dal Legislatore, che tende a premiare una precisa formazione sociale per i benefici che essa arreca alla collettività .
La Corte Costituzionale in una serie di decisioni 166/1998 - 352/2000 - 461/2000- 491/2000 ha sottolineato la diversità tra un rapporto coniugale e quello di convivenza "fondato sull'affetto quotidiano liberamente e in ogni istante revocabile" precisando che le situazioni non sono similari, ma nel preferire un rapporto di fatto hanno inteso sottrarsi al complesso di diritti e di doveri derivanti dal matrimonio.
In sostanza i gruppi sociali che pretendono forme di sostegno o benefici da parte della comunità , non possono sottrarsi ad una verifica della rilevanza sociale del criterio del bene comune, che deve guardare all'effettivo contributo offerto alla comunità in termini di utilità sociale.
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