Lovat, l'anima no-global dei padani, da VicenzaPiù n. 199
Domenica 10 Ottobre 2010 alle 10:34 | 0 commenti
Il leghista vicentino Davide Lovat su banche, Carrocciopoli e Islam. "Anche noi contro l'americanismo di Berlusconi, ma non possiamo dirlo"
In questi giorni si è parlato del suo libro («Tu sarai leghista! Leghista sarai tu!», scritto con l'ex* giornalista Antonio Gesualdi, oggi studioso e capufficio stampa del Pdl veneto) perché fra le altre cose affronta la "questione morale" di una Lega Nord investita da casi di ordinaria corruzione.
Ma in quest'intervista con Davide Lovat, quarant'anni, ex immobiliarista, responsabile degli enti locali del Carroccio vicentino, una laurea in scienze politiche e storia e un'altra in arrivo in teologia, la questione sarà un'altra, che possiamo definire "ideale". Qual è l'identità della Lega, oggi? Lui ha la tessera dal 1992, e si dichiara «leghista convinto». Uno di quelli, per intenderci, che non ama quella parte dell'establishment di partito «che vive come gli antichi feudatari lassù nelle loro residenze sui Colli Berici», così come diffida, come ha spiegato al Corriere del Veneto, degli ultimi arrivati, «gente affamata di soldi e di poltrone, che ha un'idea vaga e distorta del leghismo ma che si affretterà a dimostrarsi più leghista della Lega, combinando chissà cosa».
Allora, Lovat, la ragion d'essere della Lega è il federalismo, ma dopo vent'anni che lo predicate siamo ancora qui ad aspettarlo. Non rischia di essere la vostra araba fenice?
Rischia di diventarlo se non si affronta il modo in cui realizzarlo. La Lega oggi può essere considerata al 12%, ma il restante 87% è contro il federalismo. E questo perché l'Italia, storicamente e culturalmente, è una nazione "fascio-comunista". Il federalismo tout court sconvolgerebbe questo paese, ecco perché Zaia parla di federalismo alla catalana, di geometrie variabili: perché bisogna procedere con riforme nell'ottica del bene comune.
Quindi il federalismo fiscale, varato da questo governo con Bossi ministro delle riforme ma ben lungi dall'essere applicato, cos'è, solo una promessa?
Il federalismo fiscale, che modifica il modo di allocare le risorse in senso federale, come quello demaniale o quello scolastico, è un provvedimento di tipo autonomista che va nella direzione giusta. La Lega ha deciso di percorrere la via riformista, in maniera pacifica e stando dentro al gioco democratico.
Però Bossi e i suoi colonnelli giocano anche a sparare minacce pseudo-violente.
Le sparate sono dialettica politica. E' come dire: attenti, se non ascoltate le giuste richieste del popolo, il popolo potrebbe anche prendere una deriva violenta, perché certi sentimenti covano sotto la cenere. La Lega in realtà ha garantito che non sfociassero in violenza.
Nel suo libro paventa il rischio che il suo partito diventi una nuova Democrazia Cristiana, intenta a lottizzare posti ovunque, anche nel potere nevralgico rappresentato dalle banche.
Nessuno si mette le fette di prosciutto sugli occhi: quando un movimento ha la crescita esplosiva che ha avuto il nostro si struttura, e arrivano quelli che saltano sul Carroccio del vincitore. Quanto alle banche, che senso ha avere i voti se poi il potere ce l'hanno gli altri? La politica è tutto, non solo il parlamento.
Ma posto sia legittimo come dice lei, è anche fattibile che un partito possa invertire la tendenza storica che vede le banche internazionalizzarsi e diventare globali, come voleva fare il vostro "nemico" Profumo con l'Unicredit?
Da qualche parte bisogna pur cominciare. Noi vorremmo estendere il pensiero comunitarista, che privilegia le comunità locali al profitto globale, e per farlo bisogna pur provarci.
Lei parla di una Lega no-global che non esiste più, visto che sulla questione sociale, ad esempio su Pomigliano, non avete protestato contro il ricatto di Marchionne, che in Italia oggi potrebbe essere considerato il volto della globalizzazione.
Sì, la questione sociale è figlia della globalizzazione. Nell'enciclica Rerum Novarum del 1891 papa Leone sosteneva già che i sistemi fondati sul materialismo sono destinati a fallire perché contrari alla natura umana: il socialismo sarebbe imploso, mentre il capitalismo sarebbe esploso. Il problema è il dominio dell'economia sulla politica. Noi non ci facciamo trascinare da questo gorgo. Bisognerebbe tornare ad Aristotele, secondo cui l'economia è il motore, ma la politica è la guida. La logica che oggi domina è la massimizzazione del profitto, che impoverisce le popolazioni e genera fenomeni come la delocalizzazione delle aziende, e che mira ad uno Stato-mondo totalitario. Ecco perché la Lega, ad esempio, ha recuperato il protezionismo, e vorrebbe per l'Europa un modello diverso da quello americano.
Mi scusi Lovat, ma queste sono belle parole, se confrontate con una Lega a braccetto col campione dell'americanismo all'italiana, Silvio Berlusconi.
Ma non possiamo dirle apertamente! Se vuoi contare per portare a casa qualche risultato, oggi bisogna stare con Berlusconi. Non possiamo stare con la sinistra, perché va contro la tradizione etica e culturale delle nostre terre, che è una tradizione cristiana. Mentre la sinistra si contraddistingue per le sue battaglie laiciste.
In pratica mi sta dicendo che mettendo sulla bilancia, chiamiamole così, la questione sociale e la questione etica, voi preferite la seconda. Dov'è finita la Lega degli albori, che tuonava contro il Vaticano e invece oggi insegue un neo-clericalismo in funzione anti-islamica?
La Lega col tempo si è sviluppata: all'inizio era un movimento di protesta indistinta, oggi, e a dirlo è anche un sociologo di sinistra come Ilvo Diamanti, ha due anime: una liberal-autoritaria, l'altra cattolica-tradizionalista, quella in cui mi riconosco io.
Che l'ha portata, ad esempio, a osteggiare la richiesta della comunità islamica vicentina per avere proprie sepolture. Perché non considerare la diversità come un valore da rispettare?
Io mi definisco un "diversista" perché la diversità è un valore. Ma gli islamici devono sottostare alla legge dello Stato che li ospita. Se riconoscono la supremazia dello Stato e delle sue leggi sul Corano, hanno diritto a tutto, altrimenti no. I cattolici, i valdesi, tutte le religioni in Italia hanno sottoscritto concordati, i musulmani no. L'articolo 19 della Costituzione tutela la libertà religiosa ma a condizione che venga riconosciuto l'ordinamento giuridico statale.
Nel frattempo la Lega si è posta il problema dei suoi dirigenti di Arzignano che hanno tutt'altro che combattuto chi violava la legge fiscale solo dopo la figuraccia fatta da alcuni di loro nella trasmissione "Presa diretta".
Noi stavamo già facendo verifiche pur senza disporre, naturalmente, dei poteri della magistratura. La trasmissione ha accelerato gli eventi. Una cosa ci tengo a dire: non abbiamo parlamentari ladri o evasori, che io sappia fino ad ora Filippi è stato calunniato.
E i casi di amministratori leghisti beccati con le mani nella marmellata?
E' imbarazzante.
L'imbarazzo lascerà presto il posto alla contentezza: la Lega per il 150° dell'Unità d'Italia farà la parte di chi la mette in discussione, e di motivi per essere delusi da questa Italia ce ne sono a iosa. Cos'è l'Unità , per lei?
L'unità non è un comandamento. Le cose nella storia cambiano. E' quando è stata fatta, l'unità , che si discute se e come riconoscere le autonomie locali, e da allora chi ha detenuto il potere le ha sistematicamente negate. Le stesse Regioni, introdotte nel 1970 con grave ritardo benché fossero previste dalla Carta del '48, sono state una concessione al Partito Comunista perché potesse gestire il potere nelle zone in cui era forte, non altro. L'anniversario potrebbe essere l'occasione proprio per riflettere, tutti, sulla domanda "cos'è l'Unità ?". Sarebbe bello confrontarsi anche con chi detiene il potere culturale in Italia, che criminalizza la Lega come razzista e secessionista invece di discutere sul merito.
vicentino che punta il dito contro il pericolo neo-democristiano a tutto campo su banche, Carrocciopoli e Islam. "Anche noi no-global. Ma non possiamo dirlo"
In questi giorni si è parlato del suo libro («Tu sarai leghista! Leghista sarai tu!», scritto con l'ex giornalista Antonio Gesualdi, oggi studioso e capufficio stampa del Pdl veneto) perché fra le altre cose affronta la "questione morale" di una Lega Nord investita da casi di ordinaria corruzione. Ma in quest'intervista con Davide Lovat, quarant'anni, ex immobiliarista, responsabile degli enti locali del Carroccio vicentino, una laurea in scienze politiche e storia e un'altra in arrivo in teologia, la questione sarà un'altra, che possiamo definire "ideale". Qual è l'identità della Lega, oggi? Lui ha la tessera dal 1992, e si dichiara «leghista convinto». Uno di quelli, per intenderci, che non ama quella parte dell'establishment di partito «che vive come gli antichi feudatari lassù nelle loro residenze sui Colli Berici», così come diffida, come ha spiegato al Corriere del Veneto, degli ultimi arrivati, «gente affamata di soldi e di poltrone, che ha un'idea vaga e distorta del leghismo ma che si affretterà a dimostrarsi più leghista della Lega, combinando chissà cosa».
Allora, Lovat, la ragion d'essere della Lega è il federalismo, ma dopo vent'anni che lo predicate siamo ancora qui ad aspettarlo. Non rischia di essere la vostra araba fenice?
Rischia di diventarlo se non si affronta il modo in cui realizzarlo. La Lega oggi può essere considerata al 12%, ma il restante 87% è contro il federalismo. E questo perché l'Italia, storicamente e culturalmente, è una nazione "fascio-comunista". Il federalismo tout court sconvolgerebbe questo paese, ecco perché Zaia parla di federalismo alla catalana, di geometrie variabili: perché bisogna procedere con riforme nell'ottica del bene comune.
Quindi il federalismo fiscale, varato da questo governo con Bossi ministro delle riforme ma ben lungi dall'essere applicato, cos'è, solo una promessa?
Il federalismo fiscale, che modifica il modo di allocare le risorse in senso federale, come quello demaniale o quello scolastico, è un provvedimento di tipo autonomista che va nella direzione giusta. La Lega ha deciso di percorrere la via riformista, in maniera pacifica e stando dentro al gioco democratico.
Però Bossi e i suoi colonnelli giocano anche a sparare minacce pseudo-violente.
Le sparate sono dialettica politica. E' come dire: attenti, se non ascoltate le giuste richieste del popolo, il popolo potrebbe anche prendere una deriva violenta, perché certi sentimenti covano sotto la cenere. La Lega in realtà ha garantito che non sfociassero in violenza.
Nel suo libro paventa il rischio che il suo partito diventi una nuova Democrazia Cristiana, intenta a lottizzare posti ovunque, anche nel potere nevralgico rappresentato dalle banche.
Nessuno si mette le fette di prosciutto sugli occhi: quando un movimento ha la crescita esplosiva che ha avuto il nostro si struttura, e arrivano quelli che saltano sul Carroccio del vincitore. Quanto alle banche, che senso ha avere i voti se poi il potere ce l'hanno gli altri? La politica è tutto, non solo il parlamento.
Ma posto sia legittimo come dice lei, è anche fattibile che un partito possa invertire la tendenza storica che vede le banche internazionalizzarsi e diventare globali, come voleva fare il vostro "nemico" Profumo con l'Unicredit?
Da qualche parte bisogna pur cominciare. Noi vorremmo estendere il pensiero comunitarista, che privilegia le comunità locali al profitto globale, e per farlo bisogna pur provarci.
Lei parla di una Lega no-global che non esiste più, visto che sulla questione sociale, ad esempio su Pomigliano, non avete protestato contro il ricatto di Marchionne, che in Italia oggi potrebbe essere considerato il volto della globalizzazione.
Sì, la questione sociale è figlia della globalizzazione. Nell'enciclica Rerum Novarum del 1891 papa Leone sosteneva già che i sistemi fondati sul materialismo sono destinati a fallire perché contrari alla natura umana: il socialismo sarebbe imploso, mentre il capitalismo sarebbe esploso. Il problema è il dominio dell'economia sulla politica. Noi non ci facciamo trascinare da questo gorgo. Bisognerebbe tornare ad Aristotele, secondo cui l'economia è il motore, ma la politica è la guida. La logica che oggi domina è la massimizzazione del profitto, che impoverisce le popolazioni e genera fenomeni come la delocalizzazione delle aziende, e che mira ad uno Stato-mondo totalitario. Ecco perché la Lega, ad esempio, ha recuperato il protezionismo, e vorrebbe per l'Europa un modello diverso da quello americano.
Mi scusi Lovat, ma queste sono belle parole, se confrontate con una Lega a braccetto col campione dell'americanismo all'italiana, Silvio Berlusconi.
Ma non possiamo dirle apertamente! Se vuoi contare per portare a casa qualche risultato, oggi bisogna stare con Berlusconi. Non possiamo stare con la sinistra, perché va contro la tradizione etica e culturale delle nostre terre, che è una tradizione cristiana. Mentre la sinistra si contraddistingue per le sue battaglie laiciste.
In pratica mi sta dicendo che mettendo sulla bilancia, chiamiamole così, la questione sociale e la questione etica, voi preferite la seconda. Dov'è finita la Lega degli albori, che tuonava contro il Vaticano e invece oggi insegue un neo-clericalismo in funzione anti-islamica?
La Lega col tempo si è sviluppata: all'inizio era un movimento di protesta indistinta, oggi, e a dirlo è anche un sociologo di sinistra come Ilvo Diamanti, ha due anime: una liberal-autoritaria, l'altra cattolica-tradizionalista, quella in cui mi riconosco io.
Che l'ha portata, ad esempio, a osteggiare la richiesta della comunità islamica vicentina per avere proprie sepolture. Perché non considerare la diversità come un valore da rispettare?
Io mi definisco un "diversista" perché la diversità è un valore. Ma gli islamici devono sottostare alla legge dello Stato che li ospita. Se riconoscono la supremazia dello Stato e delle sue leggi sul Corano, hanno diritto a tutto, altrimenti no. I cattolici, i valdesi, tutte le religioni in Italia hanno sottoscritto concordati, i musulmani no. L'articolo 19 della Costituzione tutela la libertà religiosa ma a condizione che venga riconosciuto l'ordinamento giuridico statale.
Nel frattempo la Lega si è posta il problema dei suoi dirigenti di Arzignano che hanno tutt'altro che combattuto chi violava la legge fiscale solo dopo la figuraccia fatta da alcuni di loro nella trasmissione "Presa diretta".
Noi stavamo già facendo verifiche pur senza disporre, naturalmente, dei poteri della magistratura. La trasmissione ha accelerato gli eventi. Una cosa ci tengo a dire: non abbiamo parlamentari ladri o evasori, che io sappia fino ad ora Filippi è stato calunniato.
E i casi di amministratori leghisti beccati con le mani nella marmellata?
E' imbarazzante.
L'imbarazzo lascerà presto il posto alla contentezza: la Lega per il 150° dell'Unità d'Italia farà la parte di chi la mette in discussione, e di motivi per essere delusi da questa Italia ce ne sono a iosa. Cos'è l'Unità , per lei?
L'unità non è un comandamento. Le cose nella storia cambiano. E' quando è stata fatta, l'unità , che si discute se e come riconoscere le autonomie locali, e da allora chi ha detenuto il potere le ha sistematicamente negate. Le stesse Regioni, introdotte nel 1970 con grave ritardo benché fossero previste dalla Carta del '48, sono state una concessione al Partito Comunista perché potesse gestire il potere nelle zone in cui era forte, non altro. L'anniversario potrebbe essere l'occasione proprio per riflettere, tutti, sulla domanda "cos'è l'Unità ?". Sarebbe bello confrontarsi anche con chi detiene il potere culturale in Italia, che criminalizza la Lega come razzista e secessionista invece di discutere sul merito.
* leggere qui la precisazione del sig. Antonio Gesualdi e la nostra rettifica
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