L'ombra della mafia sulla Sis: i mammasantissima e la Pedemontana
Venerdi 17 Febbraio 2012 alle 23:22 | 0 commenti
Da LaSberla.net di Marco Milioni
La voce circola da parecchi giorni a palazzo Balbi e avrebbe mandato in fibrillazione un pezzo della giunta regionale del Veneto che starebbe cercando una strategia mediatica per tranquillizzare l'opinione pubblica. Ma quale è la voce? Il consorzio Sis, quello che sta realizzando la Pedemontana Veneta, in un altro appalto, quello per il passante della metropolitana di Brancaccio-Carini a Palermo, avrebbe accettato subappalti e forniture da ditte in odore di mafia: fra queste la "Prime Iniziative" e la "Medi Tour".
L'infiltrazione delle imprese malavitose in una commessa che vale 620 milioni di euro sarebbe stata decisa già nel 2006 sotto la supervisione del capo dei capi di Cosa Nostra Bernardo Provenzano e di Salvatore Lo Piccolo, il barone della mafia palermitana. Entrambi furono arrestati poco dopo. Dell'inchiesta sul metrò aveva già parlato il portale on-line de L'Espresso con un lungo servizio del 6 giugno 2011. Ma lo sconquasso in Regione Veneto è arrivato quando a metà gennaio si è saputo del licenziamento in tronco deciso da Sis (che stando ai resoconti di stampa non ha alcun coinvolgimento penale) del direttore dei lavori, l'ingegner Giuseppe Galluzzo. La vicenda, con nomi e cognomi, è stata poi rilanciata dal portale Caidoo. Più nel dettaglio però, sempre su l'Espresso, parla il sostituto procuratore di Palermo Antonio Ingroia che segue le indagini. Non fa nomi rispetto alle imprese coinvolte ma ne delinea un quadro comportamentale preciso: «... Direi che forse appartengono a un terzo genere. Non sono totalmente attivi nei rapporti con Cosa Nostra in modo tale da poter essere sottoposti a ipotesi di reato né sono vittime nel senso ampio del termine: pensavano di poter trarre un beneficio da questa vicinanza ma si sbagliavano». In questo contesto va anche rilevata la domanda che Umberto Lucentini, autore del servizio su L'Espresso, fa allo stesso Ingroia proprio in merito alla possibilità di bypassare il setaccio amministrativo antimafia: «Come è potuto accadere? Cosa non ha funzionato nei controlli preventivi?». La risposta di Ingoia è densa di significati: «Nell'appalto erano coinvolti due grossi gruppi imprenditoriali: uno di Madrid e uno di Torino, quindi non sospettabili di infiltrazioni mafiose. Eppure le due aziende hanno ceduto alla pressione mafiosa... concedendo questa sorta di monopolio sulla fornitura di materie prime. Mi sembra che sia un dato molto indicativo della permeabilità del sistema degli appalti e dei controlli della pubblica amministrazione. Ma anche sulla tenuta del sistema economico privato davanti alle organizzazioni criminali».
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