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Le vittime Marlane Marzotto e le coscienze sopite: nostre interviste

Di Alberto Cunto Domenica 7 Novembre 2010 alle 13:58 | 0 commenti

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Ora che la fase preliminare del processo Marlane Marzotto di Praia a Mare volge al termine, abbiamo ritenuto di contattare qualche lavoratore tra i tanti che compongono il corposo elenco delle parti civili. Non è stato facile indurli a rilasciare dichiarazioni sulle patologie delle quali sono vittime, forse per un senso del pudore o malcelato risentimento verso quella fabbrica che per decenni ha dato sì da vivere ma spesso anche la morte (nella foto per VicenzaPiù le case dei lavoratori Marlane, abitate fino a ieri da vedovi/e e fantasmi di lavoratori. Oggi le stanno svendendo).

Abbiamo chiesto a Biagio M., relativamente giovane ed attualmente in mobilità, quale fosse per lui il retaggio della Marlane. Inizia col dire che pure il padre lavorava in azienda e ne era stato anche una delle prime vittime; il male lo privò alla famiglia a soli 42 anni roso internamente dagli acidi, ma agli eredi non venne detta mai la verità né l'hanno potuta appurare dalle cartelle cliniche divenute introvabili. Biagio è restio a parlare ma in suo aiuto interviene la moglie, una donna molto attenta e affezionata che ha dedicato a lui la propria esistenza. La signora dice che il marito è stato operato di cancro alle parti molli del viso, provocato a detta degli oncologi che l'hanno in cura dall'invasivo cromo esavalente utilizzato in azienda. Sono tante e spesso letali le patologie tumorali indotte dal cromo, ma sono anche altre le sostanze che hanno provocato la "strage" Marlane ora al vaglio del tribunale di Paola, come si evince dai reperti emersi dalle prospezioni operate accanto alla fabbrica. Michele M. appare rilassato ed anche molto disponibile, pur essendo portatore di un male davvero rarissimo per un uomo: un tumore alla mammella estesosi poi alle ghiandole ascellari. Egli lavorava in tintoria, nel cuore dello stabilimento, dal '69 reparto per nulla isolato dal resto del capannone. "Quel reparto sembrava l'anticamera dell'inferno. Niente guanti per la manipolazione dei prodotti di tintura né maschere individuali per impedirne l'inalazione" - afferma Michele - "Tuttavia ci veniva data una confezione di latte per disintossicarci e ciò vuol dire che i dirigenti erano a conoscenza dei rischi che si correvano". Ora Michele segue il percorso chemioterapico e si sottopone a faticosi trattamenti specialistici. La distribuzione del latte "disintossicante" è davvero una costante, mirata ai soli lavoratori ritenuti a rischio. Molto triste è il caso di Biagio L., appena deceduto affetto da un tumore prostatico oltre che per l'invecchiamento precoce delle cellule. Biagio era un grande lavoratore e vero factotum della fabbrica. Ormai allo stremo delle forze aveva ritenuto di esortare la famiglia a fare causa all'azienda e lo aveva fatto proprio in presenza dell'estensore di queste note. Antonio B. invece è un vero miracolo, un monumento alla gioia di vivere nonostante i gravissimi handicap fisici. Egli era stato distaccato in tintoria quale addetto all'approvvigionamento degli ausiliari chimici, ovviamente al pari degli altri senza alcuna protezione se non quella di una fatiscente maschera dall'utilizzo comune e per questo dall'igienicità discutibile. Antonio ha un tumore al pancreas, uno alla prostata ed un terzo al colon, e per tenerli sotto controllo si sobbarca mensilmente fastidiosi trasferimenti aerei verso i centri oncologici del milanese. Ancora un altro caso tra i tanti è quello di Antonio D., ex dipendente del reparto finissaggio. A quest'ultimo le cellule tumorali hanno interessato il setto nasale ricostruito dopo l'asportazione chirurgica mediante l'innesto di protesi. Quelli descritti sono solo alcuni degl'innumerevoli casi dei quali si è a conoscenza, ma ancora di più saranno quelli che si registreranno in futuro se è vero come affermano i periti che a causa del periodo d'incubazione l'acme patologico si avrà soltanto nel 2025. Ne consegue che tutti i lavoratori sono a rischio e per questo l'azienda sanitaria locale dovrebbe responsabilmente sottoporli a screening. Ma tutto tace e nell'indifferenza generale la strage continua.

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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