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Le ultime illusioni: per il Nord Africa o per l'occidente?

Di Redazione VicenzaPiù Lunedi 9 Maggio 2011 alle 22:43 | 0 commenti

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Riceviamo su [email protected] da Luc Thibault e pubblichiamo.

In Tunisia il sacrificio di un giovane disperato ha fatto scattare una rivolta che ha avuto ragione di due dei regimi più repressivi del mondo arabo. La rivolta è riuscita a rovesciare due dittature. Gli atout della rivolta ne costituiscono ora la principale debolezza: assenza di dirigenti, di un programma politico o della capacità di farsi carico della società dopo aver rovesciato il detestato presidente.

Il senso d'incertezza, palpabile dopo la caduta dei due dittatori, deriva dall'assenza di una classe dirigente politica autonoma, capace di garantire il cambiamento; non restano che le élite del vecchio regime, partiti politici embrionali e sindacati operai decapitati. Il regime di transizione, preoccupato tanto di evitare eccessi di violenza, quanto di preservare una parte del potere dei vecchi presidenti decaduti, potrebbe tentare di preservare un certo status quo. Organizzando elezioni in tempi rapidi rischia di rafforzare il peso delle élite delegittimate, che si riunirebbero per usurpare l'etichetta del rinnovamento. Lo schema è classico. Lo si è visto all'inizio degli anni '90 in Bulgaria e in Romania, dove l'ex regime si lega alle vecchie élite per resuscitare sotto una nuova veste. È questo il problema centrale, che blocca ogni transizione là dove la società civile è poco organizzata. La rivolta in Tunisia e in Egitto è contagiosa e si propaga in Algeria, Egitto, Giordania, Marocco, in Siria, nello Yemen perfino in Palestina. Un po' ovunque, nuove generazioni, stanche di sistemi autoritari, disperavano di potersene affrancare.
L'esperienza tunisina non potrà riprodursi in modo identico nel resto del mondo arabo. In Tunisia, l'esercito era relativamente separato dai servizi segreti e di repressione - polizia inclusa. Spesso mal pagati, ad eccezione della guardia presidenziale, questi servizi sapevano gestire rivolte circoscritte, soffocando sul nascere gli atti d'insubordinazione. Ma ignoravano come venire a capo di rivolte poco organizzate ed estese a diverse classi sociali. Diversa dall'Algeria, dove la dittatura è collegiale - e non concentrata nelle mani di una sola persona -, ma simile all'Egitto, dove il Rais focalizzava odi e rancori, l'autocrazia tunisina offriva un facile bersaglio alla critica popolare. Il coinvolgimento di quasi tutta la famiglia Ben Ali nella rapina del paese accentuava il fenomeno. Le disparità di sviluppo tra le diverse regioni del paese hanno favorito la rivolta tunisina. Notevoli investimenti sono stati realizzati nelle zone costiere per incoraggiare il turismo, ma le regioni dell'interno sono state abbandonate a se stesse. Ed è proprio lì che è nato il movimento che ha spazzato via il regime. In altri paesi arabi, questa disparità esiste ugualmente, certo, ma sotto un'altra forma. Una società il cui sistema politico è accaparrato da un gruppo molto ristretto e senza legittimità non può infatti svilupparsi razionalmente senza l'autonomia di una tecnocrazia che agisca come nel modello cinese. Ma la maggior parte dei paesi arabi sacrifica la tecnocrazia sull'altare della corruzione e dell'autoritarismo.
Si possono immaginare due scenari? O i regimi arabi ascoltano le rivendicazioni e cominciano ad aprirsi politicamente; o cercano a tutti costi di preservare il loro potere senza cedere alle richieste di partecipazione politica che vengono dai cittadini. Nella prima ipotesi, la strada sarà cosparsa d'insidie. Ammoniti da quanto è accaduto in Tunisia, i regimi autoritari arabi cercano di neutralizzare le cause immediate della rivolta, in particolare lottando contro l'alto costo delle derrate di prima necessità (pane, zucchero, carne, uova, ecc.). Poi si impegnano a aumentare l'efficienza dei loro servizi di sicurezza, d'informazione e di repressione come in Siria, più di 850 morti dall'inizio della rivolta contro Bashar al-Asad. Il sistema di repressione tunisino ha sofferto anche di una scarsa cooperazione tra i suoi diversi livelli (polizia, servizi segreti ed esercito). Ispirandosi quindi al modello iraniano di annientamento dei movimenti sociali, i regimi arabi imparano a filtrare Internet e a metterlo fuori gioco in caso di necessità. Ma simili interventi non premuniscono contro nuovi tipi di azione collettiva che i prossimi movimenti sociali potrebbero inventare. Le soluzioni repressive possono servire, tutt'al più, a breve termine. Se il «movimento verde» iraniano ha beneficiato di una grande simpatia da parte dell'Occidente, non è stato lo stesso per la rivolta tunisina. Quest'ultima ha suscitato anche reazioni molto miopi e totalmente inappropriate, in particolare in Francia, paese che, fino alla fine, è rimasto fedele alla dittatura di Ben Ali.
Due processi stanno contemporaneamente accadendo. Il primo. Per 50 anni i tiranni hanno governato il mondo arabo. Ora sono estremamente deboli. Dopo 40 anni di decadente stabilita', le manifestazioni popolari hanno scosso i regimi. Le masse arabe non sono più disposte ad accettare quello che hanno fino ad ora accettato. Hanno deciso di non restare più in silenzio. Questo processo rivoluzionario e'cominciato un decennio fa, senza che nessuno se ne accorgesse. La modernizzazione, la globalizzazione, le nuove tecnologie e l'Islamizzazione hanno creato i presupposti per questa rivoluzione. Il network televisivo Al Jazeera ha incoraggiato questo processo. La Bastiglia tunisina e' presa e quella del Cairo è caduta! Altre bastiglie arabe verranno bruciate! Le scene che vediamo in TV sono simili all'Intifada palestinese del 1987 e al collasso dello stalinismo nell'Europa dell'Est nel 1989. Il vecchio ordine nel Medio Oriente sta collassando. Come la rivoluzione degli ufficiali negli anni '50 distrusse le monarchie arabe alleate del potere coloniale, la rivoluzione del 2011 sta abbattendo i tiranni alleati dell'Occidente e degli Stati Uniti. Il secondo processo in atto e' l'accellerazione del declino dell'Occidente. Per quasi 60 anni l'Occidente ha garantito una certa "stabilità" in questo mondo "perfetto", costruendo una specie d'impero post coloniale che ha garantito ... "la pace"! L'ascesa della Cina, dell'India, del Brasilenabbinata alla crisi economica americana ed europea ha posto le basi per il declino. L'Occidente mantiene ancora una certa egemonia, ma la rivoluzione in atto nel mondo arabo e' la prova piu' evidente che non siamo piu' i leader mondiali.
Come e' possibile che l'America di Bush, pur comprendendo il problema della repressione nel mondo arabo non ha agito e l'America di Obama ha ignorato il problema? Come e' possibile che nel maggio 2009 Hosni Mubarak era considerato un "stimato presidente" da Barak Obama e nel gennaio 2011 diventa un "dittatore" a cui e' chiesto di farsi da parte? Non ci sono risposte? La posizione dell'Occidente e' "immorale" e riflette piuttosto la visione di Jimmy Carter: "rafforzare i tiranni ed indebolire moderati". L'Occidente sta perdendo colpi. Sta perdendo la sua posizone di leadership mondiale e il suo compito di stabilizzatore dell'ordine mondiale. La rivoluzione araba e l'accelerazione del declino Occidentale cambieranno drasticamente il mondo, lasciando il posto all'emergere di nuove potenze come la Cina, la Russia, il Brasile e l'Iran. Il risultato sarà il collasso della politica d'egemonia del patto Nord Atlantico che avverra' non in qualche decennio ma in qualche anno. In questo momento gli Stati Uniti stanno seppellendo Mubarak senza comprendere che stanno seppellendo la loro egemonia mondiale, morta nella piazza Tahrir a Cairo!
Luc Thibault
Delegato USB.Greta Alto Vicentino


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Commenti degli utenti

Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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