Le minoranze dimenticate
Domenica 12 Luglio 2009 alle 08:15 | 0 commenti
Viaggio fra movimenti, comitati e associazioni ai margini del dibattito in città . Prima puntata: confronto fra Rebesani (Sinistra e Libertà ) e Equizi (Salviamo l'Aeroporto)
Ci sono minoranze senza voce, nell'agone politico di Vicenza. Vuoi perché poco attive, quindi per colpa innanzitutto propria. O vuoi perché sistematicamente emarginate dal circuito dell'informazione che conta, che come in tutto il mondo non ama i piccoli guastafeste. Noi vogliamo conoscerle meglio, e cominciamo da due significative per motivi diversi. Una, il neo-partito Sinistra e Libertà , perché in quanto erede dei Ds vicentini non confluiti nel Pd, di buona parte dei Verdi (tranne quelli legati ai centri sociali) e dei socialisti dello Sdi, rappresenta sulla carta una fetta non trascurabile dell'elettorato berico. L'altro, il doppio comitato capeggiato dalla ex consigliere comunale Franca Equizi, perché gruppo piccolo ma combattivo e sciolto da ogni parentela col sistema destra-sinistra.
Una sinistra delusa da Variati
«In questa città , e in tutta Italia, c'è uno spazio enorme alla sinistra del PD, che per ora in buona parte è rifluito nel non voto, ed in parte ha votato Italia dei Valori e Lega», afferma, forse un po' troppo ottimisticamente, Tomaso Rebesani, uno dei triumviri, col verde Ciro Asproso e il socialista Luca Fantò, della sigla di sinistra. Realista, però, nel ravvisare i motivi della conversione di alcuni dei suoi al Carroccio: «intanto perché in alcuni comuni della provincia si sono contraddistinti per un attenta gestione dell'amministrazione locale o perché la Lega ha coinvolto come persone di riferimento figure tradizionalmente importanti nei paesi (il piccolo imprenditore, il commerciante, l'artigiano, l'agricoltore, il riferimento della pro loco o del consiglio pastorale); secondariamente la Lega riesce a comunicare in modo efficace alle categorie popolari messaggi semplici e chiari di tutela dei loro interessi». Di qui il progetto politico sognato dalla sinistra non comunista: «la sinistra politica, organizzata in partiti, non rappresenta oggi la sinistra reale, le persone che vivono attraverso il proprio lavoro o collocazione sociale enormi problemi di uguaglianza e giustizia. Queste persone a cui penso sono per fare qualche esempio lavoratori del settore manifatturiero (gli operai, che alcuni pensavano scomparsi), le donne lavoratrici dipendenti e le donne che lavorano in casa, i pensionati con maggiori difficoltà , gli immigrati, gli artigiani e microimprenditori che rischiando tutto lavorano come dei pezzi per arrivare a malapena ad uno stipendio a fine mese, studenti e giovani lavoratori che non hanno possibilità di progettare minimamente il proprio futuro professionale e familiare. Questi ceti sociali, se non vogliamo chiamarle classi, non hanno tutele, sono in balia dei poteri forti (siano essi datori di lavoro, banche, multinazionali delle telecomunicazioni piuttosto che dell'energia o della grande distribuzione)». E' questo mondo, che nel Vicentino esiste, che Rebesani sogna di rappresentare. Ma per riuscirci «occorre andare al governo, per cui l'obiettivo non può essere quello dell'opposizione di professione». Traduzione: bisogna passare da un'alleanza col Partito Democratico, «con lo spirito che inizialmente aveva animato l'Ulivo». Esperimento fallito in passato, ma che secondo Rebesani è riproponibile «sulla base di idee e comportamenti chiari e fermi». Altrimenti, significa che «non si vogliono cambiare le cose e a quel punto un'alleanza non ci interessa».
Molto dipenderà anche dall'attuale maggioranza di centrosinistra che sostiene Variati, praticamente il (debole) Pd e la lista civica del sindaco («la scelta di non coinvolgerci nel governo della città è stata una scelta unilaterale di Variati», puntualizza Rebesani). Il giudizio sul primo anno di questa amministrazione ha luci e ombre: «sul caso Aim do un voto molto buono, anche se va dato l'ottimo a Fazioli, perché molto è merito suo. Variati ha il merito di averlo messo al suo posto e di sostenerlo nonostante le correnti forti dei piccoli oligopolisti vicentini. Sul Pat ritengo insufficiente il lavoro di partecipazione fin qui svolto, nel merito attendo di vedere il documento. Sulla sicurezza, invece, trovo le iniziative del sindaco e dei suoi assessori inefficaci e ridicole, un tentativo di imitare la Lega nella sostanza, rivestendo di perbenismo i divieti e una mano più dura dei vigili». Il vero ostacolo ad una collaborazione del raggruppamento di sinistra è di metodo: «Vedo una giunta con il suo sindaco che lavorano in totale solitudine», attacca Rebesani, «il consiglio comunale non è luogo di centrale dibattito politico in cui i consiglieri di maggioranza supportano e orientano il lavoro dell'esecutivo; ed il tutto avviene con uno scarsissimo coinvolgimento della città e della miriade di singoli e gruppo che invece questa maggioranza dovrebbe cercare di fidelizzare per poter ambir a rivincere le elezioni. In qualche momento mi sembra quasi che si governi pensando che comunque la prossima tornata sarà comunque vinta dal centrodestra, quindi vale la pena cercare di conseguire qualche risultato importante, che lasci il segno dal punto di vista dell'immagine, senza cercare di radicarsi maggiormente tra i vicentini per costruire un consenso maggiore». Insomma, Rebesani sperava qualcosa di più, da Achille. Anche sul Dal Molin. «Il fatto che Variati sia stia defilando in modo sornione dalla questione Dal Molin non esaurisce l'ultima speranza per fortuna. Variati non è a favore della base, ma non è disponibile al minimo rischio di tensione nella sua maggioranza o di messa sotto accusa della sua giunta per la questione Dal Molin. Questo fatto per uno come me, che lo ha votato al ballottaggio soprattutto per le sue posizioni in merito al Dal Molin, è sinceramente molto deludente. Va comunque riconosciuto che i suoi margini di movimenti sono abbastanza stretti: la scommessa è far diventare la vicenda Dal Molin di risalto internazionale, coinvolgendo il parlamento europeo e se possibile l'amministrazione Obama». Tutte queste considerazioni, opinabili come tutte le opinioni ma senz'altro lucide, fatica a emergere nel dibattito cittadino. E qui Rebesani fa autocritica: «A Vicenza dovremmo giocare con un po' di fantasia e percorrere strade nuove. Se anche noi riduciamo tutto il nostro lavoro politico a vedere se il Giornale di Vicenza ci ha fatto o no un trafiletto, non possiamo poi lamentarci della sua posizioni di monopolio. Ovviamente il Giornale di Vicenza e la sua proprietà fanno in casa loro ciò che vogliono. Ma dimentichiamo spesso che siamo noi a dare a quel foglio la centralità che innegabilmente ha nella formazione dell'opinione pubblica a Vicenza».
L'altro No Dal Molin
Franca Equizi è stata accusata dal capogruppo del Pd in consiglio comunale, Federico Formisano, di condurre le sue battaglie assieme a non meglio specificati personaggi che tramano nell'ombra col solo obbiettivo di tornare sui banchi di Sala Bernarda. L'ex consigliere, espulsa dalla Lega Nord perché fedele ad una Lega che non c'è più (quella degli albori, anti-partitocratica e anti-berlusconiana, tutta indipendentismo e gazebo di piazza), risponde pacata: «Alle prossime elezioni comunali, che ci saranno alla scadenza del mandato di Variati, non pensiamo. Certo, potrebbe diventare un nostro obbiettivo, ma è legittimo che lo sia, o lo è solo per chi è in un partito? I partiti di destra e sinistra si differenziano solo per la facciata, ma poi fanno comunella perché sono servi degli stessi poteri, i poteri forti. Noi, come la vecchia Lega, vogliamo dare più potere ai cittadini». Quando dice "noi", la Equizi si riferisce a due diversi comitati, che però trovano in lei, che ha la fama di chi rompe le balle e le canta chiare, la portavoce. «Il comitato "Salviamo l'Aeroporto" è composto da una quindicina di elementi attivi su un totale di quaranta persone. C'è gente della mia lista, Riscossa Democratica, ma anche dell'Aeroclub. L'altro è l'Unione dei Comitati per il Territorio, che raggruppa i comitati di Monteviale, viale Trento, Cattane, Maddalene e Costabissara, e che si batte contro la bretella Ponte Alto-Isola e la tangenziale nord». In realtà , con nomi forse un po' altisonanti, si tratta dei vicentini contrari alla base Usa al Dal Molin che combattono quest'ultima dal fronte urbanistico: a difesa dello scalo civile da un lato e per mettere i bastoni fra le ruote alle due arterie collegate alla Ederle 2 dall'altro. «L'aeroporto va mantenuto. Ma attenzione: non per voli di linea, perché per quelli non c'è richiesta, non c'è business, e la storia di Aeroporti Vicentini, secondo noi, lo ha dimostrato. Andrebbe usato per la scuola di volo e per voli sanitari o di emergenza, o aerotaxi, Vicenza non può rinunciare almeno a questi». Sulle due strade, i cui sostenitori affermano che sono necessarie a priori, l'opinione della Equizi è netta: «E' falso. Non sono utili ai quartieri, alla gente che vive nelle zone interessate. La prova è che non sono previsti svincoli lungo i percorsi. Gli unici in progetto sono all'inizio e alla fine, guarda caso perfettamente funzionali alle esigenze di trasporto della base americana. Secondo l'assessore Lazzari se vengono fatti pioverebbero le richieste di edificazione. Ma quelle sono aree agricole, basta avere le palle per dire no ai cambi di destinazione d'uso». E le esigenze dell'economia su gomma, invece? «Con questa crisi? Con appena 800 camion al giorno dove dovrebbe passare la Ponte Alto-Isola? Perché invece non dirottarli in autostrada? Le code si formano per quelli che vanno in centro, non per gli autotrasportatori. Costruiscono la Pedemontana, il nuovo svincolo autostradale di Montecchio, potenziano la viabilità a Piovene Rocchette, cosa vogliono ancora? E poi, devo essere l'unica a ricordare che fra non molto il petrolio non ci sarà più e dovremo ripensare tutto? Economia? Sì, quella degli amici degli amici che devono fare soldi costruendo opere inutili».
Insomma, gira e rigira tutto fa brodo. Per gli Americani. Dal Molin caso chiuso? «No. Variati può ancora fermare i lavori. Il problema è che non ne ha nessuna intenzione. Il movimento è in coma: il Presidio è in mano ai disobbedienti, basta vedere l'ultimo corteo. Mi sono battuta come un leone, all'interno del Tavolo della Consultazione (l'altra anima, più moderata, dei no-base, ndr) perché non si aderisse alla manifestazione, perché si sapeva già di caschi, bastoni, scudi, insomma che sarebbe stata la prova di forza per il G8. Ma alcune associazioni, come i comitati guidati da Albera, hanno partecipato lo stesso, e ora se ne sono pentite. Variati invece può vietare l'ingresso ai camion nella via dell'aeroporto, e può opporsi sia alla bretella che alla tangenziale. Voglio ricordare che all'interno di un'area militare un Comune non può far niente, ma al di fuori di essa può far tutto. Il sindaco rispetti il mandato per cui è stato eletto, e vada fino in fondo». Ma perché Achille si comporta così? Secondo la Equizi, «perché non vuole farsi nemico nessuno. Su questo la dice lunga che voglia confermare dirigenti comunali come Bordignon, Fichera e Piron. Si fa tutti amici, e così se li farà tutti nemici». Sul Pat però sembra non essere prono ai soliti costruttori. «Appunto: sembra», incalza la Equizi. «Sicuramente teme i poteri forti. Quegli stessi poteri che secondo me tengono in ostaggio il presidente di Assindustria, Zuccato, un Variati confindustriale che non sa decidersi». Su Aim la sfiducia della Equizi investe la magistratura: «perché questa lentezza nelle indagini, questa inchiesta col contagocce? Aspettano la prescrizione? Mancano i giudici? Li richiedessero». E la Lega, suo vecchio amore, come la vede la Equizi? «Prendiamo tutto il casino sulle badanti. Quando ero in Lega attaccai l'allora assessore Piazza, mio compagno di partito, perché aveva finanziato la festa dei marocchini e altre feste etniche. Allora fui richiamata. Dov'erano la Dal Lago, Stefani e Sandoli, che oggi attaccano la giunta di centrosinistra? Almeno Schneck sta facendo un buon lavoro smantellando i carrozzoni messi in piedi dalla Dal Lago. Ma finchè ci sarà la finta guerra fra le due cordate della Lega, Dal Lago contro Stefani, questi elementi comanderanno. I militanti di base vedono quello che fanno loro vedere, e anche quello che loro stessi vogliono vedere». Sentenza finale: «In Lega ci sono troppi democristiani». Con questi toni pare chiaro perché realtà come quella della Equizi non trovino spazio sulla ribalta mediatica. «Ma certo. A fine maggio, durante il consiglio comunale dopo il terremoto in Abruzzo, abbiamo esposto cartelli che accusavano il sindaco di non voler fermare i lavori abusivi al Dal Molin. Il suo portavoce, Bulgarini d'Elci, è andato in sala stampa a chiedere che non se ne parlasse, e devo dire che Trentin del Giornale di Vicenza è riuscito comunque ad accennarvi. Tutti gli altri, zitti. Questa è l'informazione in questa città : hanno paura di semplici scritte».
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