Le due Russie del sergente nella neve e del tenente nero: Mario Rigoni Stern e Giulio Bedeschi
Lunedi 16 Gennaio 2017 alle 21:01 | 0 commenti
Il 16 gennaio 1943 la città di Rossosh, nella Russia sudoccidentale, veniva liberata dai soldati sovietici. Nel 1941 era stata occupata dalle truppe italiane che l'anno successivo vi avevano installato la sede del Corpo d'Armata Alpino. Rossosh dista a 50 chilometri dalla sponda destra del fiume Don, lungo il quale nell'inverno del '42-'43 si snodava la prima linea dell'Asse. A nord, a contatto con gli ungheresi, stavano gli alpini della divisione Tridentina, poi i fanti della Vicenza, quindi gli alpini della Cuneense e della Julia. Più a sud altri Corpi d'Armata italiani, inframezzati ad unità tedesche, prima delle truppe romene. Nel dicembre del '42 i sovietici, già impegnati nella riconquista di Stalingrado, avevano scatenato sul fronte del Don una violenta offensiva che era riuscita ad aprire alcune falle nella linea nemica, a sud del tratto presidiato dalle penne nere, nell'intento di cogliere alle spalle gli occupanti.
Il 12 gennaio 1943 i sovietici, approfittando del fiume ghiacciato sul quale potevano passare i carri T34, tentarono di chiudere in una tenaglia il Corpo d'Armata Alpino. Due giorni dopo il settore ungherese vacillava mentre i sovietici penetravano velocemente nel territorio occupato, pronti a combattere insieme ai partigiani russi. A capo delle truppe alpine stava il generale Gabriele Nasci, che il 15 gennaio 1943 fece spostare da Rossosh la sede del comando in seguito ad un raid di carri armati sovietici. Appena in tempo, ma quando il 16 Nasci chiese al generale Italo Gariboldi, capo dell'8 Armata italiana, il permesso di ritirare i suoi uomini, questi lo negò. Solo il giorno successivo, quando fu evidente che non restava altro che ripiegare, gli italiani ricevettero l'ordine di marciare verso ovest. I sovietici non erano solo alle spalle, ma davanti, ai fianchi, dappertutto. Due vicentini, tra i tanti che si trovavano nel ghiaccio russo, una volta ritornati a casa raccontarono la ritirata iniziata il 17 gennaio 1943. Il primo si chiamava Mario Rigoni Stern, era nato ad Asiago nel 1921, sergente della Tridentina; nel 1953 pubblicò per Einaudi Il sergente nella neve. Il secondo si chiamava Giulio Bedeschi, era nato ad Arzignano nel 1915, sottotenente medico della Julia; nel 1963 pubblicò per Mursia Centomila gavette di ghiaccio. Il primo, dopo aver fatto la ritirata a piedi, fu catturato dai tedeschi, si rifiutò di aderire alla Repubblica sociale di Mussolini e finì in un lager. Il secondo, dopo essere rientrato in Italia, s'iscrisse al Partito fascista repubblicano e comandò la XXV Brigata Nera “Arturo Capanni†che terminò il suo tragico percorso a Thiene. Ad entrambi sono dedicate vie e piazze in giro per l'Italia e i loro libri occupano vari scaffali nelle librerie e nelle biblioteche. Erano diversi e con parole diverse raccontarono quella esperienza, dalla quale in migliaia non tornarono a casa.
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