Langella sul "manifesto" di Confindustria: ribaltare le priorità per pensioni, lavoro e fisco
Lunedi 3 Ottobre 2011 alle 09:46 | 0 commenti
Giorgio Langella, PdCI, FdS - Odg approvato in occasione del congresso provinciale di sabato 1 ottobre.
Lorsignori hanno presentato "il manifesto per l'Italia". Il presidente di Assindustria vicentina, Zuccato, ne ha illustrato i punti principali: età pensionabile, tassa patrimoniale, liberalizzazioni, privatizzazioni, rilancio delle infrastrutture.
A parte il punto relativo alla tassa patrimoniale, quella di confindustria è la solita "ricetta" che da anni viene proposta e, anche, applicata da governi compiacenti. Una proposta che non risolve la crisi ma serve a farla pagare ai lavoratori e ai pensionati, a chi le tasse le paga tutte e da sempre.
Colpire chi va in pensione e privatizzare i beni comuni, sono queste le solite, vecchie soluzioni proposte da lorpadroni. Per compiacere il "mercato". La priorità , ancora una volta, non è distribuire lavoro e benessere. È, piuttosto, realizzare maggiori profitti, guadagnare di più. Così, ci spiegano lorsignori, dopo (e forse) ci sarà più lavoro. Intanto la mobilità e i licenziamenti ci sono e pesano sulla vita dei lavoratori e delle loro famiglie.
Alzare l'età pensionabile vuol dire non riuscire ad andare in pensione e non poter neanche lavorare. Perché il lavoro manca. E il lavoro manca perché gli stessi che presentano oggi il "manifesto per l'Italia" ieri hanno trasferito gli investimenti dalla produzione alla finanza, alla speculazione. Alzare l'età pensionabile non vuole dire lavorare di più, significa sopravvivere con sussidi, con l'assistenza, con la "carità " degli ammortizzatori sociali. Una situazione umiliante per chi ha lavorato una vita.
Privatizzare. Poniamoci alcune domande. Ma abbiamo presente i risultati che si sono raggiunti con le tanto enfatizzate privatizzazioni? Abbiamo visto cosa ha significato il regalo (perché regalo è stato) di imprese e beni pubblici a qualche imprenditore privato? Non ci sembra che i risultati siano stati positivi. Tutt'altro. Il lavoro è diminuito, il potere di acquisto dei lavoratori è crollato, non ci sono stati né maggiori salari, né benessere diffuso. Niente. Privatizzare ha significato soprattutto favorire pochi privilegiati, arricchire ulteriormente i già ricchi. Il risultato, delle "donazioni" di beni pubblici ai privati è un'enorme e aumentata differenza tra i cittadini. Il 10% della popolazione italiana possiede il 50% della ricchezza. Una cosa da ottocento, intollerabile, in palese contrasto con i principi della nostra Costituzione.
I padroni ci propongono la stessa stantia ricetta di sempre. Lo fanno, dicono, per favorire la "crescita". Proprio loro che hanno delocalizzato, che pretendono dai lavoratori sempre maggiori sacrifici, che licenziano e chiedono la cassa integrazione anche quando non è necessaria. Proprio loro, che hanno influenzato governi e hanno dettato indirizzi politico/sindacali penalizzanti per chi lavora (pensiamo, solo a titolo di esempio, agli "accordi" Fiat di Pomigliano o di Mirafiori). Proprio loro che hanno palesemente fallito e persistono a proporre (e vogliono imporre) soluzioni che si sono rivelate dannose. Ma è chiaro: il loro obiettivo è solo il profitto, il loro profitto personale.
Noi comunisti vogliamo provare a ribaltare le priorità . Vogliamo far pagare la crisi a chi l'ha creata. Vogliamo che si chiedano (e si pretendano) sacrifici a lorsignori (minori profitti, una tassazione adeguata sulle grandi ricchezze e non la richiesta di estemporanee "elemosine" come quelle dello scudo fiscale, una lotta severa alle speculazioni e alle delocalizzazioni ... ). Vogliamo una società più giusta che non permetta la differenza attuale, enorme e sempre crescente, tra il salario dei lavoratori e i redditi dei padroni e dei cosiddetti "grandi manager".
Ribaltare le priorità , questo serve per la crescita del paese. Il lavoro e i diritti dei lavoratori innanzi tutto. Tassare i privilegi. Far pagare chi non lo ha mai fatto o lo ha fatto troppo poco. Creare lavoro sicuro, a tempo indeterminato. Investire nella ricerca e nello sviluppo. Avere uno Stato che sappia produrre ricchezza e non solo "regalare" soldi e beni a pochi privati. Una ricchezza che è (e rimanga) di chi vive del proprio lavoro e non di chi genera denaro dal denaro. Ci vorrebbe un governo più serio e una politica meno succube del "mercato". Una politica che sappia indirizzare le scelte economiche e non viceversa. Lo Stato deve diventare produttore. Per questo i comunisti italiani lottano e continueranno a lottare. È, certamente, una lotta lunga e difficile, ne siamo consapevoli. Una lotta che dovremo condurre con l'alleanza e l'unità di tutte le forze democratiche. Una lotta che vale la pena fare perché vogliamo un modello di sviluppo diverso dall'attuale, un sistema migliore e più giusto. La situazione del nostro paese, dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani lo esige.
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