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La rivolta araba e il nostro pane ... quotidiano

Di Citizen Writers Domenica 3 Aprile 2011 alle 20:36 | 0 commenti

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Riceviamo da Luc Thibault, Delegato U.S.B Greta Alto Vicentino, (scriveteci a [email protected] ) e pubblichiamo.

Negli ultimi dieci anni l'Occidente si è strafogato di immagini retoriche sul mondo arabo: i paesi arabo-islamici ci sono stati raccontati come prede inermi dei fondamentalisti religiosi, della demagogia anti-occidentale e anti-cristiana. Era, ed è ancora, la retorica utile a tenere in piedi il discorso sullo scontro di civiltà, a foraggiare l'economia di guerra che doveva rinviare di appena un lustro la più grande crisi economica della storia contemporanea, provocata dalle politiche neoliberiste degli ultimi trent'anni.
Ma quando alla fine la crisi è arrivata, improvvisamente il castello di carte è crollato.

Il mondo arabo reagisce al disastro sociale economico e politico ribellandosi, invadendo le piazze, sfidando la repressione dei regimi con i quali i paesi occidentali hanno fatto affari d'oro. Milioni di persone scendono in strada reclamando democrazia, libertà, dignità, futuro. Principi che l'illuminismo e il socialismo europei hanno inscritte nella propria storia. E che oggi ci vengono risbattute in faccia da coloro che per troppo tempo abbiamo voluto vedere come barbari, retrogradi, vittime della superstizione e del fanatismo.
Quelle rivolte, con tutto il loro carico di immancabili contraddizioni, ci rinfacciano d'aver creduto alle nostre stesse menzogne. Un vecchio vizio occidentale, duro a morire. Per chi da questa sponda del Mediterraneo assiste a immense auto convocazioni di piazza che tengono occupato lo spazio pubblico fino alla cacciata
dei governanti corrotti, è come guardarsi in uno specchio deformato. E' come scoprire la propria immagine, appena più giovane, che dice: "Si può fare". Ma anche: "Noi siamo la vostra crisi". Oppure: "Siete il Terzo Mondo di voi stessi". Alle nostre latitudini lo tsunami della crisi, giunto dopo un quarto di secolo di risacca, ci ha lasciati tramortiti, in balia di un establishment incapace quanto rapace, intento a fare man bassa di ogni bene mentre i capisaldi stessi del vivere associato si sgretolano. Eppure non regna la calma piatta. Gli scricchiolii si avvertono anche in Europa e quello che oggi turba i sonni dei potentati occidentali, occupati a vessare il pianeta e a tenerlo in ginocchio, è il timore che l'onda della rivolta attraversi il Mediterraneo. D'altra parte, è chiaro che le democrazie occidentali, con il loro pervasivo apparato di manipolazione dell'opinione e del consenso, con l'ostentato rispetto per i "diritti consacrati nelle carte costituzionali", con tutta la prosopopea ideologica su un'ambigua nozione di pace e sviluppo, non possono non schierarsi almeno a parole dalla parte della gente che ora combatte stati-cosca criminali.
Si esaltano quindi le rivolte arabe per esorcizzare il timore di ciò che esse rappresentano: un risveglio generalizzato delle coscienze. Le oligarchie dell'Occidente - finanzieri, politicanti, conduttori televisivi - sanno di essere impegnate in una battaglia decisiva. Il dominio neocoloniale potrebbe sfuggire di mano. Le diplomazie ufficiali e occulte lavorano perché gli interessi economici in quelle aree, che servono all'impresa
sempre più disperata di sostenere un modo di vita senza senso, mortifero, antiumano, vengano perpetuati ed estesi. Una volta gli stati d'Europa combattevano fra loro, usando le popolazioni extra-occidentali come "truppe indigene", oggi competono a suon di bombe umanitarie su popolazioni inermi e rigorosamente non-bianche per spostare gli equilibri economici a favore dell'una o dell'altra fazione all'interno del generale divenire-mafia del capitale. Così si fissa la contraddizione nell'ideologia-mondo capitalista, evidente nella forma "democratica" e avanzata dell'Europa e dell'America.
Le rivoluzioni che attraversano oggi il mondo arabo nord-africano sono giunte davvero impreviste, come molti osservatori ci dicono? Ed è possibile formulare una ipotesi esplicativa generale che superi la narrazione immediata e cronachistica degli eventi mantenendo una parvenza di plausibilità? Cosa sono, queste rivoluzioni che profumano di gelsomino ma anche di sangue? Molti oggi le paragonano alle rivoluzioni del 1989, quelle che hanno travolto i regimi cosi detti "comunisti" dell'Europa dell'Est, trovandovi elementi di vicinanza: corruzione dei sistemi di governo, malessere economico diffuso etc.
Prima differenza di macroscopica evidenza: le rivoluzioni del mondo arabo non sono esattamente "rivoluzioni di velluto", come quelle del 1989: l'alto numero di morti ammazzati ne è il segno più evidente. Già si parla di "genocidio" in Libia. (Morti in Algeria, nello Yemen, in Arabia Saudita, nel Bahrein, in Siria...). Qualcosa di molto più grave di quanto accadde in Romania con Ceausescu (nell'unico caso di rivoluzione violenta nei paesi dell'Europa dell'Est).
Seconda differenza: Se ci si chiede quale sia l'ideologia politica dei regimi di Ben Ali, Mubarak, Gheddafi e compagni, crediamo che la risposta più condivisibile sia: nessuna.
Questi regimi (vacillanti o crollati) sono stati semplicemente dei regimi autoritari: vere e proprie "oligarchie" dominate dalla logica del potere per il potere, senza reale ricerca di una massiccia legittimazione ideologica.
Ci pare sia più calzante tracciare un parallelo con le ben più vaste rivoluzioni europee del 1848. Le rivoluzioni del 1848 - che colpirono tutta l'Europa, eccezion fatta per l'Inghilterra e la Russia zarista - furono sanguinose insurrezioni spontanee (almeno inizialmente) contro regimi politici autoritari illiberali e anti-democratici coordinati dalla politica dei congressi, in assenza di una superpotenza geopolitica dominante. Contro regimi politici che legittimavano il loro potere servendosi di una ideologia vecchia di millenni: la teoria della potestas a Deo, del potere dei re come dono di Dio.
Ma c'è molto di più.
1) Le rivoluzioni del mondo arabo oggi sono dettate anche e soprattutto dall'aumento dei prezzi dei generi alimentari, in particolare del grano. Proprio come le rivoluzioni del 1848, che ebbero il loro elemento detonatore nelle crisi agricole del periodo 1845-47 e nella conseguente impennata dei prezzi delle derrate alimentari; "rivoluzioni delle patate", con riferimento alla malattia delle patate e alla peronospora che aveva devastato i raccolti e affamato le popolazioni d'Europa.
2) Le rivoluzioni del mondo arabo oggi hanno preso inizio e sono guidate (al momento) da giovani intellettuali; giovani che si servono di Internet, dei social network, di Facebook etc. Secondo i dati riportati da Time (28 febbraio 2011, pag. 29), "56% of young Arabs use the Internet every day". Si servono delle tecnologie informatiche per diffondere il verbo della protesta.
Concentriamoci ora sul punto 1. Come mai questo aumento dei prezzi delle derrate alimentari? La risposta mette in evidenza come i fatti non potevano essere così imprevisti come molti affermano. I dati e le informazioni a disposizione per tentare di spiegare l'impennata dei prezzi nel Nord-Africa sono di facile reperimento.
Sicuramente la situazione economica ha fatto da detonatore per lo scoppio della rivolta.
A livello globale, prima la poi la Banca mondiale, hanno lanciato l'allarme per l'aumento dei prezzi del cibo, arrivati quasi al record del 2008. Il rapporto Food Price Watch offre dati impressionanti: per fare due soli esempi nell'ultimo triennio lo zucchero è aumentato di 4 volte, mentre i cereali di quasi 3. Guardando più da vicino la realtà del mondo arabo, in particolare dell'Egitto, si capisce il contesto in cui è nata la rivoluzione: il 42% degli abitanti vive con meno di un dollaro al giorno (quindi sotto la soglia di povertà assoluta), il 30% è analfabeta e circa il 38% del reddito è utilizzato per acquistare generi di prima necessità.

Ma l'indicazione più illuminante la scrive Toni Ferigo, dell'Istituto Euromediterraneo del Nordovest: "Conta il fatto che in tutti [questi paesi] le temperature sono elevate (cresceranno ancor di più nel prossimo futuro, le precipitazioni scarse, le risorse idriche vicino al limite [...] tutto ciò ha incoraggiato i loro regimi a fare affidamento sulle importazioni di prodotti alimentari. Basta una siccità o una inondazione in Australia [...] per metterli in affanno". (Fonte: Non è perché sono arabi www.paralleli.org/in_evidenza_dettaglio.php?id=35 )
Ed eccoci al punto dove le varie componenti esplicative si saldano in una ipotesi generale sulle rivoluzioni arabe: i cambiamenti climatici agendo sulle politiche economiche di regimi autoritari, hanno generato aumento dei prezzi, miseria diffusa e paura diffusa per un ancor più drastico impoverimento futuro. Era davvero tutto così imprevedibile? Certo, non si poteva prevedere il giorno o il mese o lo Stato da cui tutto
sarebbe iniziato, ma la tendenza generale all'impoverimento e alla insurrezione era preventivabile, addirittura nota. A voler essere gentili, si potrebbe dire che le informazioni che lasciavano prevedere ciò che è accaduto, pur presenti, non sono state diffuse per ragioni di politica interna, per evitare di diffondere panico e paure presso l'opinione pubblica internazionale. La beata e bovina innocenza nella quale i giusti, i buoni democratici d'Occidente dormono, non deve essere disturbata. Perché dalla Libia si vuole il petrolio e il gas; non si vogliono i libici in fuga. O i tunisini. O gli egiziani.
Ma come si connette, in concreto, il cambiamento climatico con il rialzo dei prezzi nei paesi suddetti? E quali cambiamenti climatici hanno favorito questo fenomeno?
Tutti ricorderanno il mostruoso incendio della Russia, dell'Ucraina e del Kazakistan nell'estate del 2010. Da 130 anni non si registrava un simile aumento delle temperature (con corredo di siccità e incendi) nell'Europa orientale: 33 °C a Mosca; 39 a Kazan; ma anche in Africa settentrionale si registrava un picco straordinario rispetto alle medie massime di luglio: dalla media dei 40 °C ai 46-48 in Siria, Giordania, Emirati Arabi. (fonte: www.meteogiornale.it ). Chi indaga un pochino più a fondo che gli incalcolabili danni ambientali degli incendi in Russia "ricadranno sugli equilibri [...] economici non solo in Russia ma anche a livello globale", con una diminuzione della produttività agricola senza precedenti.(Fonte: www.100ambiente.it/index.php?/archives/870-IncendiinRussia.Incalcolabili-danni-ambientali-con-video-reportage.html ).
I dati forniti dalle agenzie pubbliche russe ricordano che in Russia sono andati distrutti lo scorso anno 10 milioni di ettari di terre adibite alla coltivazione del grano (una superficie pari alla intera superficie forestale italiana). E subito NewsFood il 2 agosto 2010 (Fonte: www.newsfood.com/q/bf47a425/incendi-in-russia-il-prezzo-del-granovola-alle-stelle )commentava: "Il prezzo del grano vola alle stelle, ed è salito in un mese del 50% al Chicago Board of Trade, il punto di riferimento delle contrattazioni internazionali". Ancora più preoccupanti le previsioni di BankNoise: "La Russia nel 2009 copriva il 14% delle esportazioni mondiali di grano. Quest'anno la stima è prevista al 2%. A ciò si aggiunga la siccità nell'Emisfero Sud (Australia e Argentina) [...] che insieme pesano per il 20% sulle esportazioni mondiali. Gli analisti indicano che il prezzo internazionale del grano potrebbe salire del 30-40%". (Fonte: www.banknoise.com/2010/09/leffetto-degli-incendi-in-russia-sul-prezzo-del-grano.html ) Se tra agosto e settembre 2010 gli analisti prevedevano l'impennata dei prezzi in un mondo dove la globalizzazione economica pare essere l'unico elemento unificante; se la siccità australiana e gli incendi russi hanno effetti lunghi su ogni area del mondo, compreso il Nord-Africa; se i paesi arabi erano già da tempo in stato di sofferenza eccezionale, sottoposti al peso di regimi autoritari e corrotti come pochi altri, regimi che non hanno certo fatto del Welfare il fiore all'occhiello delle loro politiche; se paesi come Tunisia ed Egitto non dispongono, per di più, di "ammortizzatori sociali" come quelli derivanti dalla vendita di petrolio; se nei paesi arabi esiste una consistente fetta di giovani "intellettuali" dotati di strumenti tecnologici informatici... ebbene, se tutto
questo corrisponde al vero, perché tutto questo stupore dinanzi a quello che è accaduto?
Era proprio tutto così imprevedibile? Si dibatte molto in Italia su questi problemi, che peseranno sulla nostra politica interna ed estera? Per nulla! L'Italia è concentrata su notizie interne, come se le notizie estere non la riguardassero. I titoli di oggi sono: i pm chiedono il rito immediato, Bertolaso non ha mai fatto sesso a pagamento, Nicole ha una tenera amicizia col premier, il premier s'è esibito con Peppino Di Capri... Un giornalista satirico, che inventa una battuta al giorno, l'altro ieri aveva una battuta fulminante: il popolo tunisino pensa al suo premier e si ribella, il popolo egiziano pensa al suo premier e si ribella, il popolo italiano pensa al suo premier....
I popoli che si ribellano vedono i propri problemi, il popolo italiano, a quanto pare..... non li vede!Non stiamo dicendo che i nostri problemi siano causati dal premier, stiamo dicendo che non li vediamo e che questo non-vederli serve alla stabilità del potere. Un potere è stabile quando risolve i problemi o quando fa sì ...che non si vedano! Se non si vedono, è come se... non ci fossero! È una dittatura? Non esageriamo! una dittatura militare o poliziesca da noi è inimmaginabile? Ma chi ha rivelato ai popoli arabi, che adesso si agitano, le storture del loro sistema politico? Gli emigranti che tornano, le tv straniere, la rete di Internet, l'informazione estera. Il modo in cui ci vediamo noi, da soli, non ci dice come siamo. Dobbiamo capire come ci vedono gli stranieri. I loro giornali, le loro tv, i loro politici, i loro inviati, i loro scrittori. Ci serve uno specchio, per vederci in faccia. E se vedessimo la nostra faccia come la vedono gli stranieri, cercheremmo subito di cambiarla!
Luc Thibault
Delegato U.S.B Greta Alto Vicentino


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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