La rivincita del Nord-Est: grazie all'industria Pil al passo con l'Europa. Mezzogiorno fermo
Mercoledi 8 Giugno 2011 alle 22:46 | 0 commenti
Da La Repubblica, di Valentina ConteÂ
Il Nord che aggancia e supera l'Europa. Il Centro sopravvive. Il Sud è fermo. Nel 2010 l'Italia è uscita dalla crisi. Finalmente il segno più, certifica l'Istat, torna ad accompagnare l'indicatore economico della crescita. Il Pil nazionale rivede, così, la luce (+1,3%), dopo il buio del 2008 (-1,3%) e l'abisso del 2009 (-5,2%). Ma lo fa in modo disomogeneo lungo la penisola. Un Pil esplosivo nelle regioni settentrionali, deprimente nel Mezzogiorno. I dati Istat illustrano, purtroppo senza grosse sorprese, il divario territoriale.
La ripresa è partita dal Nord-est, dove il Pil nel 2010 è avanzato del 2,1%, addirittura meglio della media dei paesi euro (+1,7%, dato Eurostat), trainato da un'industria fortissima (+3,9%). Altrettanto bene il Nord-ovest (+1,7%), anche qui sostenuto da un'industria in netto recupero (+3,7%). Le regioni centrali, viceversa, segnano una crescita modesta, inferiore al dato nazionale (+1,2%): bene l'industria (+2,3%) e i servizi (+1,2%), male l'agricoltura (0,5%). Qui «gli effetti della crisi nel 2009 erano stati più contenuti«, scrive l'Istat, «pertanto anche l'intensità della ripresa nel 2010 è risultata più moderata».
Ma è il Sud a destare le maggiori preoccupazioni. Tutto è fermo, la crescita non esiste (+0,2%). L'industria è a pezzi (-0,3%), non compensata dai servizi (+0,3%). Unica consolazione, l'agricoltura che avanza (+1,4%), meglio del dato italiano (+1%). Un Pil inchiodato e quasi prossimo allo zero «assume contorni drammatici», commenta il Codacons. «Ci domandiamo che fine abbia fatto il famoso piano per il Sud. Evidentemente la stessa del piano casa». A guardare nei numeri, la buona performance dell'industria italiana nel 2010 (+2,8%) ha due facce: l'industria in senso stretto, secondo La crescita del Pil è dovuta soprattutto alla ripresa dell'industria l'Istat, va molto bene (+4,8%), le costruzioni no (-3,4%). Le diverse voci del Pil, poi, raccontano un Paese ancora impaurito, che spende poco (consumi +0,6%) e che importa di più di quanto esporti (+10,5% contro +9,1%), mentre gli investimenti crescono ancora poco (+2,5%).
Così, nel silenzio della politica, i dati Istat confermano l'allarme più volte rilanciato in questi cinque anni dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi: ripresa lenta, difficoltà a innovare, bassa propensione alla ricerca, dimensione ridotta delle imprese. Fattori, questi, responsabili di una crescita s t e n t a t a , u l t e r i o r m e n t e soffocata dalle «strozzature» del Paese: infrastrutture insufficienti, fisco elevato, burocrazia eccessiva, giustizia lenta. L'efficienza della giustizia civile così come del sistema di istruzione valgono ciascuna un punto percentuale di Pil, ha detto Draghi nelle Considerazioni finali del 31 maggio scorso.
E invece l'Italia del 2010 è sempre più «vulnerabile», come scrive sempre l'Istat nel Rapporto annuale, con un Pil lento e la recessione sociale.E le previsioni non consolano.
La Commissione Ue immagina per il nostro Paese una crescita ancora debole sia per il 2011 (+1%) che per il 2012 (+1,3%).
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