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La crisi è finita: per la Cisl è una nuova normalità con cui fare i conti

Di Redazione VicenzaPiù Lunedi 19 Marzo 2012 alle 14:43 | 0 commenti

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Da VicenzaPiù n. 230, di Gianfranco Refosco segretario generale provinciale Cisl Vicenza

Il problema dell'evoluzione della crisi economica sta diventando di scottante attualità sociale. La disoccupazione, mai così alta a Vicenza da decenni, e l'incertezza che accompagna la crisi, insieme con l'impoverimento di molte famiglie, sono fenomeni preoccupanti per la tenuta della coesione sociale del territorio. Possiamo dire che la crisi ha già cambiato profondamente la nostra società.

Per cambiare la situazione è però necessario cambiare approccio alla lettura di ciò che sta accadendo. Da questo punto di vista io affermo che la crisi è finita. Quella che stiamo vivendo non è una fase transitoria (di crisi, appunto) che sfocerà in una ripresa, ma è una nuova normalità con cui dobbiamo fare i conti, sulla quale intervenire per apportare dei cambiamenti. Se pensiamo che basti aspettare perché "passi la crisi" e si risolvano i problemi ci troveremo con problemi mano a mano più grandi.

Questa nuova normalità è fatta di meno lavoro, minori redditi, una redistribuzione mondiale della ricchezza che penalizza l'Europa, una messa in discussione delle istituzioni dello stato sociale, e anche di un disorientamento degli attori politici, economici e sociali che se non si risolve può mettere in discussione la nostra coesione sociale.

In questa situazione complessa e difficile, per le lavoratrici e i lavoratori di oggi e domani non c'è bisogno di un sindacato che abbia nostalgia del passato o che abbracci la retorica apocalittica del declino costante e irreversibile. È invece proprio il momento del rilancio del movimento dei lavoratori nell'ottica della costruzione di tutele nuove e diverse rispetto a quelle del passato. Serve un sindacato che sappia spiegare ai lavoratori che i cambiamenti avvenuti sono irreversibili e strutturali, e che i vecchi schemi e modelli non saranno più in grado di dare risposte ai problemi che abbiamo davanti.

Serve un sindacato che si impegni, prima di tutto, sul tema dello sviluppo e dell'occupazione. La priorità è far ripartire l'economia, a partire dal settore manifatturiero, fondando le condizioni per uno sviluppo qualitativo e sostenibile. Partire dallo sviluppo significa rimettere al centro dell'attenzione politica il tema della crescita dell'occupazione.

Senza crescita dell'occupazione non ci sarà crescita equa della ricchezza, e non ci saranno neanche le risorse per mantenere e migliorare il nostro sistema di tutele sociali (sanità, pensioni, scuole, trasporti pubblici e così via).

Inoltre, la nostra valutazione, stante l'attuale situazione di "debole ripresa dei mercati senza ripresa dell'occupazione" è che il nostro mercato del lavoro non abbia bisogno di un ulteriore innalzamento della flessibilità in uscita, dal momento che le normative introdotte negli ultimi quindici anni hanno messo il nostro Paese in linea con le altre realtà europee.
E crediamo che il problema più significativo non consista nel grado di estensione degli ammortizzatori sociali, grazie al fatto che il loro tasso di copertura è già considerevolmente aumentato negli ultimi anni, anche attraverso l' utilizzo della cassa integrazione in deroga. Con il trascorrere del tempo ed il perdurare delle difficoltà economiche questi strumenti esistenti tendono forzatamente a diventare "accompagnamenti" verso la disoccupazione, anche perché il loro ulteriore prolungamento diventa sempre più oneroso.

Per le prospettive del mercato del lavoro il problema cruciale è soprattutto quello delle politiche attive del lavoro che favoriscano la buona occupabilità, attraverso l'incontro domanda-offerta e il pieno utilizzo della formazione, volta a sviluppare le competenze necessarie ai lavoratori nelle professioni richieste per il prossimo futuro.
Solo attraverso delle politiche attive più incisive, sapremo svolgere un più ampio ruolo rispetto l'evoluzione dei sistemi di organizzazione, di regolazione del lavoro, di gestione delle risorse umane, supportando le transizioni che riguardano il mercato del lavoro nelle sue diverse fasi di crescita e di vulnerabilità.

Anche la questione dei diritti acquisiti mi pare sia una falsa questione poiché, già oggi, il nostro mercato vive contraddizioni che riflettono caratteristiche specifiche e di contesto piuttosto che generali. Come il diffuso deterioramento della qualità complessiva dell'occupazione, con una crescita delle componenti meno qualificate o meno tutelate contrattualmente, fenomeno che si accentua per le realtà di piccola dimensione e ancora più esposte alla volatilità del mercato. Come la componente straniera che grazie alla sua crescita dinamica, continua a fornire un apporto più che positivo all'evoluzione delle forze di lavoro complessive. Come la crescita delle componenti flessibili dell'occupazione temporanea e a part time, che interessano
prevalentemente i segmenti più svantaggiati della forza lavoro.
Su tutti questi ed altri temi ancora, sarà molto importante promuovere una diffusa capacità di sviluppare la contrattazione decentrata capace di assumere il principio del miglioramento delle condizioni di produttività e di qualità delle imprese ai fini di un miglioramento dell'occupazione, di una sua più tempestiva stabilizzazione e di un rafforzamento delle tutele per i lavoratori.

Una strategia di sostegno all'occupazione non si può rifugiare nella sola, seppur importante, affermazione di principi, ma dovrà guardare a politiche intese a sviluppare patti e accordi sulla sfida dell'occupabilità giovanile e femminile, del ricollocamento, del buon funzionamento dei servizi all'impiego, degli orari e dei tempi lavorativi, della qualità dell'offerta formativa, degli investimenti e delle risorse indispensabili allo sviluppo. Una conformazione del welfare lavoristico che guardi al mercato del lavoro e non solo al posto di lavoro, ci permetterà di rilanciare sui temi delle competenze e delle professioni, ma anche dei settori dove attrarre risorse per innovazioni di processo e di mercato.

In particolare dovremo guardare ai giovani. Nel 1993, nel nostro paese, c'erano un milione di giovani disoccupati, nel 2011 quei giovani disoccupati si sono dimezzati. Ciò grazie ad una massiccia introduzione di contratti flessibili che hanno permesso una crescita dell'occupazione maggiore rispetto al prodotto. Quegli stessi contratti, però, che hanno generato anche un mercato del lavoro duale, per la scarsa tutela offerta a molte tipologie contrattuali.
Anche qui il ruolo della contrattazione diviene fondamentale perché dovrà recuperare diseguaglianze di trattamento e condizioni, rilanciando sul protagonismo delle nuove generazioni. Per la Cisl , da sempre, la questione non è mai stata: flessibilità sì - flessibilità no, ma distinguere tra buona e cattiva flessibilità.
La buona prova che in questi anni hanno dato contratti come la somministrazione
(l'ex lavoro interinale) e l'apprendistato, pur se poco utilizzato,
sia in termini di tutele che in termini di alte percentuali di trasformazione
in lavoro stabile, contrasta con l'abuso che si è fatto delle co.co.co. e
co.co.pro. e, negli anni più recenti, delle false partite IVA e dei contratti di associazione in partecipazione. Oltre che rivedere costi e normative, si dovranno aumentare i controlli, indirizzando in questo senso l'attività ispettiva del Ministero del lavoro.
Una buona flessibilità con caratteristiche di stabilizzazione, può trasformare il mercato del lavoro duale in un nuovo bacino di opportunità per ridare senso e prospettive ai nostri giovani.

Abbiamo sempre pensato che le politiche industriali e le politiche del lavoro si possano fare sul territorio, aprendo tavoli con gli attori pubblici e sociali per elaborare insieme proposte condivise e realizzabili. E' tempo di una nuova mobilitazione, quella delle idee, per dare al nostro paese un futuro possibile dove possano convivere diverse opportunità ed eccellenze.


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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