La bestia è ferita, ma non è morta: libertà di stampa e oscuramento della nostra vittoria
Sabato 23 Aprile 2011 alle 11:04 | 1 commenti
Da Vicenzapiù n. 212 in distribuzione
Prolasso vicentino di Giovanni Coviello e Marco Milioni
I giudici vicentini ci hanno dato ragione. Era il buon senso già prima della legge ad indicare questa strada. Il sequestro che incombeva su un nostro articolo su VicenzaPiu.com era privo di fondamento. Tant'è che il Riesame ha polverizzato, se non ridicolizzato, le tesi con le quali la pubblica accusa aveva chiesto ed ottenuto l'oscuramento parziale del nostro sito dopo che Vicenzapiu.com aveva pubblicato un carteggio scottante sul senatore leghista Alberto Filippi.
La cronaca è nota e non ha senso l'ennesimo riepilogo di quanto già apparso sui media. Specie su quelli non vicentini.
La questione è ben altra però. L'azione partita da Filippi e concretizzatasi passando via via per la questura, la procura e poi l'ufficio del Gip, se condotta a termine, avrebbe costituito un precedente mortale per l'informazione. La quale deve già scontare un contesto nazionale di crisi storica. Ma come diamine si può pensare di censurare quanto uscito durante una conferenza stampa? Come può Filippi definire questioni private le operazioni economiche di un senatore che per avere successo in un affare abbisogna del vaglio di amministrazioni locali che portano il suo stesso vessillo politico? Come si può pensare di censurare un esposto inviato alla autorità giudiziaria e reso noto durante una conferenza stampa coi giornalisti? Come possono PM e GIP definire questioni private le pressioni di un senatore sulla proprietà de Il Giornale di Vicenza? Per di più quanto accaduto durante la vicenda Filippi-VicenzaPiù.com ha senz'altro un risvolto comico-grottesco, quanto meno nel modo in cui i corifei dell'establishment hanno dato sostanza giuridica ad una iniziativa che se analizzata in termini di diritto fa venire alla mente quattro concetti: imbecillità , ignoranza, malafede, rispetto minimo delle leggi e addirittura nullo delle basi costituzionali.
Ci si domanda ora: sarebbe successo lo stesso se il file inizialmente oscurato dalla magistratura fosse stato reso noto dal Corsera, da Annozero, da Libero o da Repubblica? Le querele ci sarebbero state? E i magistrati avrebbero sequestrato il sito di Annozero o de Il Fatto o magari de Il Giornale? Ovviamente non si possono fare i processi alle intenzioni, ma siccome in Italia tutto sta andando assai poco metaforicamente a puttane, allora ci prendiamo sì il lusso di fare il processo alle intenzioni. E diciamo che se quel file l'avesse pubblicato una grossa testata nazionale, nonostante i belati provenienti dalla famiglia Filippi, non ci sarebbe stato alcun sequestro, alcuna indagine. A questo punto però sarebbe bene interrogarsi anche sulla condotta delle altre testate locali. Come mai con una notizia così ghiotta nessuna di loro ha pensato di inserire sul proprio sito il file pubblicato solo da Vicenzapiu.com? Che c'è di tanto scabroso in quel testo? Secondo voi se le carte scottanti avessero riguardato il ministro leghista Bobo Maroni, dopo un eventuale dissequestro nei confronti del Corsera, gli organi di stampa italiani si sarebbero limitati a dar quattro righe di notizia del dissequestro o avrebbero dato gran risalto al tutto? Se il ministro Maroni o il capo dell'opposizione del Pd Pigi Bersani avessero mandato una lettera all'editore di Corsera chiedendo più visibilità , cosa che ha invece fatto Alberto Filippi con l'editore del GdV, gli altri media dopo avere saputo la cosa, avrebbero taciuto o dato risalto alla storia?
Purtroppo l'offesa della verità per mezzo del silenzio è l'arma finale in mano all'establishment locale. Il prolasso della coscienza, il bisbiglio e la coltellata alle spalle sono lo sport nostrano per eccellenza. A Vicenza siamo arrivati al punto in cui deglutita la verità , la menzogna la divora e ne fa deiezione maleodorante, trasformando il bene in male e viceversa. C'è però chi non si riconosce in questo perenne ciclo di liquami esistenziali. Credo che ne abbiamo dato testimonianza in questa circostanza: chi ha provato a uccidere il nostro diritto-dovere di cronaca e di critica, si sta ancora leccando le ferite. Noi risponderemo sempre colpo su colpo, con estrema durezza quando sarà necessario. Perché, lo sappiamo, sarà ancora necessario. La bestia è ferita, ma non è morta.
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