Due miliardi erogati dalla Popolare di Vicenza, Iorio punta sul credito per recuperare... credito
Sabato 9 Gennaio 2016 alle 13:02 | 0 commenti
 
				
		«Nel 2015, nonostante le difficoltà non abbiamo fatto mancare il sostegno all'economia. Abbiamo erogato circa due miliardi di credito. E per il 2016 puntiamo a fare ancora di più. Bpvi è una Banca che sta continuando a lavorare a pieno regime». Parte da un dato, Francesco Iorio, amministratore delegato di Popolare di Vicenza, nel punto di svolta tra vecchio e nuovo anno. Nei giorni in cui, dopo la pausa natalizia, si tirano le somme del 2015, l'anno più difficile di sempre per la popolare vicentina, con l'assetto che aveva retto per vent'anni intorno a Gianni Zonin spazzato via in sei mesi dalle ispezioni Bce, e s'impostano i primi quattro mesi del 2016. Decisivi.
 Quelli in cui il progetto costruito intorno a Iorio, e poi completato  con il nuovo presidente Stefano Dolcetta, va confermato con l'assemblea  di trasformazione in spa, l'aumento di capitale da 1,5 miliardi e la  quotazione in Borsa. Con un fronte giudiziario in movimento e un clima  appesantito dal«fallimento pilotato» delle quattro banche (Etruria,  Ferrara, Chieti e Marche). Una situazione non facile per una popolare in  cui il rapporto di fiducia con i soci è già sotto pressione.
Per  questo Iorio parte dai 2 miliardi. Insieme al dato, salito proprio ieri  dagli uffici, che nel 2015 tra i clienti non si è persa una famiglia.  Per dire che Vicenza è un'altra storia: «Sì, e ci teniamo che rimanga  tale. Il dato sulle famiglie che rimangono ancorate alla nostra banca,  ci conforta molto».
Dottor Iorio, qual è il quadro di partenza del 2016?
«Abbiamo  una banca che funziona e che ha distribuito credito. Nel 2016 abbiamo  tutta l'intenzione, e le possibilità, di migliorare questo andamento.  Per Popolare di Vicenza, va detto con energia, non vedo particolari  rischi».
E perché lega questo al dato degli impieghi?
«Perché i  circa due miliardi del 2015, nonostante le difficoltà, dicono che questa  è una banca che lavora a tutti gli effetti, anche in attesa  dell'aumento di capitale. Che, lo ricordo, viene totalmente garantito.  Il 2015 è stato difficile, perché abbiamo dovuto lavorare sulle  passività emerse; che tuttavia non hanno e non avranno impatti  sull'operatività della banca. Ma paragonarci alle banche greche o alle 4  salvate non è, nemmeno dal punto di vista tecnico, sostenibile».
Perché?
«Come  ho già detto non abbiamo alcun limite all'attività bancaria. È vero,  dobbiamo ricapitalizzarci e ci sono stati dati otto mesi per far le cose  per bene e arrivare al termine del processo forti più di prima e al  pari delle migliori banche italiane. Avremo pure sofferto, ma se  porteremo a casa, come sono convinto, il processo di rilancio, la banca  sarà più forte di prima».
Si, ma come ha detto il Financial Times, dovrete fare un aumento di capitale a forte sconto, per vedere il risultato.
«Lo  sconto, se ci sarà ed è tutto da vedere, sarà più riconducibile al  senso di sfiducia verso le banche che il sistema sta dimostrando, che  non a una effettiva situazione strutturale della banca. E in questo  anche la comunità mediatica che influenza l'opinione della gente e degli  investitori ha un'importanza straordinaria in positivo, ma anche, e non  me lo auguro certo, in negativo».
Come la mettete con il capitale di fiducia necessario a una banca?
«Senza  fiducia non si va da nessuna parte. Il mio obiettivo principale è  realizzare una banca che faccia della trasparenza nella relazione con i  clienti e i soci il punto fondamentale e inderogabile. Comunque, l'aver  erogato due miliardi significa che la banca continua a dare e ricevere  fiducia. Ma non mi basta. È mio obiettivo, del presidente, ma  soprattutto di tutti i dipendenti riconquistarla pienamente.  Ricapitalizzare significa rafforzarsi nel patrimonio. Lo hanno fatto  anche nel recente passato molte delle principali banche italiane. Lo  faremo anche noi».
La crisi cinese dice che Vicenza andrà in Borsa in un momento forse difficile.
«La  situazione sui mercati è fluida. Mancano ancora quattro mesi: vedremo.  Non potremo però derogare alla tempistica che ci viene richiesta da Bce.  Non scordiamo che abbiamo avuto due segnali tangibili di fiducia. Come  ho già detto otto mesi per ricapitalizzarci facendo le cose per bene e  con un target di capitale addirittura più basso rispetto a quello del  2014. Questo è un elemento tangibile del lavoro fatto e della qualità  della banca anche nella situazione contingente. In ogni caso credo che  il valore che ci sarà attribuito darà soddisfazione ai soci e agli  azionisti che investiranno».
Avete già detto che state studiando formule per premiare i vecchi soci.
«Posso  solo dire che siamo vicini alla soluzione. Cercheremo di far  partecipare i vecchi soci- che partecipino o meno all'aumento - al  futuro apprezzamento del titolo».
E le iniziative, magari con la Regione, per venire incontro a ai casi più difficili dei soci?
«Non  ho sentito su questo la Regione. Ma credo anche che un istituto che  torni forte, con la fiducia dei propri clienti e azionisti, e anche dei  dipendenti, possa guardare a certe situazioni da una prospettiva  diversa».
E con i soci finanziati quanto capitale recupererete?
«Non facile dirlo: il processo è lungo, ma terremo conto dell'interesse sociale».
Sull'aumento  alcuni commentatori han paragonato la situazione di Bpvi con quella di  Cassa di risparmio Bolzano, già chiusa con soci locali e fondazioni.  Quasi a dire che non fate abbastanza per coinvolgere i vostri.
«Le cose bisogna farle, non dirle».
In  passato, un punto di forza di Bpvi era il rapporto con i soci in un  sistema che pareva sano e al riparo dalle fluttuazioni di Borsa. Venuto  meno quel sistema, su cosa baserete il rilancio? Basterà essere una  banca come le altre, senza avere tra l'altro la dimensione dalla propria  parte?
«No, bisogna essere innanzitutto una banca trasparente,  questo è il valore necessario. Una banca legata ancor più all'economia  di imprese e famiglie di questo territorio, con cui tutti possano  dialogare senza mai sfociare in un assistenzialismo che non avrebbe  senso né per l'impresa né per la banca».
E la dimensione?
«Sarà  importante. Ma non al punto da dover cercare opportunità alla velocità  della luce. Lo faremo se e quando lo riterremo e con calma. Guardandole,  come ho già detto, avendo come riferimento più la creazione di valore  che il territorio. Un territorio che detto francamente molti ci  invidiano e che per fare banca non cambierei con nessun altro». 
Di Federico Nicoletti, da Il Corriere del Veneto
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