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Il processo dimenticato: "alla Marlane-Marzotto si moriva come mosche"

Di Rassegna Stampa Mercoledi 5 Novembre 2014 alle 14:44 | 0 commenti

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di Lidia Giannotti da PeaceLink

A Praia a Mare, nel lanificio del gruppo Marzotto, fino al 1987 di proprietà Lanerossi (quindi ENI), si respiravano, toccavano e interravano quantità enormi di acidi e veleni. Un disastro umano e ambientale che chiede verità

I due primi operai a morire, quasi insieme, erano molto giovani, trentenni. Negli anni '80 cominciarono ad accorgersene tutti che qualcosa non andava. Ma i dirigenti, e anche i sindacalisti, rassicuravano. Qualche tempo dopo iniziarono a intimidire gli operai, e più tardi le vedove. Anche quando ci si ammalava gravemente ci si doveva rassegnare o andarsene, perché i dirigenti rifiutavano di spostare gli operai dalla tintoria, il reparto più pericoloso: avrebbe significato ammettere l'esistenza di rischi. Intanto il lavoro di alcuni operai era anche quello di interrare veleni, come il cromo esavalente, a due passi dal mare. E' stato così per anni. Nessuno ha fatto nulla, nessun partito, nessuna amministrazione, nessuna autorità.

Il processo di primo grado per omicidio colposo plurimo e disastro ambientale, in corso al Tribunale di Paola contro 11 imputati, sta per concludersi. Il dibattimento era iniziato tra mille difficoltà. Sembrava che non dovesse partire mai, dati i problemi di notifica a causa di spostamenti di domicili e altri escamotage, chiaramente diretti a rallentare il processo e a far prescrivere nel frattempo i reati.

Proprio il timore che non si sarebbe arrivati a una sentenza di condanna, prima della prescrizione ha convinto molte delle parti lese a ritirare la costituzione di parte civile e ad accettare i risarcimenti offerti dalla Marzotto. Le prime indagini del resto, come oggi riconoscono i giudici della Procura, erano iniziate troppo tardi - nel 1996 - e grazie alla tenacia di un operaio come Luigi Pacchiano.

Ora il Pubblico Ministero ha richiesto condanne per 62 anni di carcere. Tra gli imputati anche il conte Pietro Marzotto e il presidente del gruppo (ex vicepresidente di Confindustria Veneto) Antonio Favrin, difesi da noti avvocati come Guido Calvi e Niccolò Ghedini.

CHI DOVEVA AMMINISTRARE E PROTEGGERE

L'ex sindaco del comune di Praia a Mare (Carlo Lomonaco) è uno degli imputati principali, per il quale il PM ha chiesto la condanna più pesante (10 anni). Era stato responsabile del reparto tintoria e dello smaltimento delle acque reflue.

Ancora sotto la guida del Sindaco Lomonaco - lo era ancora nel 2012 - il Comune si era costituito parte civile nel processo, ma il suo legale era stato l'unico a non citare in giudizio i responsabili civili (le aziende Marzotto ed ENI, quest'ultimo proprietario della Lanerossi dal 1962), né aveva chiesto la nomina di propri consulenti tecnici per le perizie. 

Dopo l'insediamento di un nuovo sindaco, gli avvocati nominati dal Comune hanno denunciato la preoccupazione che il processo presti scarsa attenzione al disastro ambientale (cfr. video della conferenza stampa). 

L'aggressione durata decenni contro il territorio di Praia a Mare e la salute della sua popolazione ha prodotto danni terribili, che si manifesteranno ancora tra molti anni. Come in altri posti - altrettanto belli - sarà difficile trovare la strada per cambiare insieme, affrontando e risolvendo le gravi inadeguatezze di chi doveve amministrare e proteggere, le contraddizioni, i sensi di colpa e di rivalsa. Aggressioni così feroci all'identità di una comunità, con la complicità quasi sempre anche di chi ne fa parte, si dovrebbe rigettarle subito anche per questo.


 

Leggi tutti gli articoli su: Marlane, Marzotto, Lanerossi, Antonio Favrin, Pietro Marzotto

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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