Il nostro critico: 2009, anno di delusioni
Sabato 9 Gennaio 2010 alle 08:31 | 0 commenti
Articolo pubblicato sul numero 177 di VicenzaPiù, da oggi in edicola a 1 euro e da domani nei punti di distribuzione in città elencati nel box a destra.
Dalle polemiche sul Presidente del Consiglio al "meno peggio" Variati, intervista a Giuliano Corà su dodici mesi avari di soddisfazioni: "Ma la città è meglio della sua classe dirigente"
Insegnante alle scuole elementari, traduttore, autore di articoli e pubblicazioni che spaziano dall'attualità alla letteratura, Giuliano Corà è noto ai nostri lettori soprattutto come critico cinematografico. Questa volta abbiamo pensato di chiedergli qualcosa di diverso, scegliendolo come osservatore per un bilancio sull'anno appena concluso e su quello che si sta aprendo. Cominciando dagli eventi da ricordare del 2009 italiano.
"Eventi? Ma secondo voi è possibile usare un termine così significante in un paese in cui diventano ‘evento' le frequentazioni altolocate di una diciottenne ‘in carriera', le indiscrezioni di una ‘escort' (tra parentesi: prostituta, sì, ma quanto più dignitosa di chi se n'è servito), in cui massicce colonne di piombo riempiono per giorni e settimane i quotidiani sulle miserie sessuali di un Presidente del Consiglio? Sono questi gli ‘eventi', in Italia? Non sarebbe meglio riservare il termine ad altri Paesi, ad altri livelli? Ma forse no, forse a cercar bene i nostri ‘eventi' li abbiamo anche noi, e di uno di essi - profondamente simbolico e significativo del livello culturale e morale di questa nazione - ci ha raccontato Shulim Vogelmann sulla Repubblica del 30 dicembre: amaro commiato all'anno che se ne va con un'esibizione delle nostre peggiori qualità . La vicenda di un giovane handicappato - gravissimamente handicappato: senza braccia - umiliato in modo immondo nella propria dignità e nella propria umanità su un treno italiano per una stupida storia di un biglietto sbagliato. Nel comportamento di quei controllori c'è tutta l'antica ‘cultura' di gran parte del popolo italiano, sudditi che non sono mai assurti alla categoria ed alla dignità di cittadini, popolo dalla profonda vocazione servile, come ogni servo felici quando trovano qualcuno più 'servo' di sé da umiliare, popolo che curva la schiena di fronte ai potenti, ma è arrogante e spietato coi deboli, popolo cronicamente affetto dalla 'Sindrome dell'Accalappiacani', per cui gli basta indossare la più misera delle divise per sentirsi dio. Che vergogna. Da cui a fatica possiamo risollevarci ricordando l'apparizione di Roberto Saviano, la sera del 26 marzo, a "Che tempo che fa", uno dei - rarissimi! - momenti di eccellenza della nostra televisione, abitualmente adusa a decerebrarci con la visione di decerebrate seminude. Due ore di monologo, due ore di dignità e pulizia morale, due ore di bellezza civile, da un uomo che non è un santo né un eroe né un mito, ma semplicemente il frutto di quella ‘banalità del bene' che a volte persino quella terra martoriata e prostituita riesce ad esprimere. Chissà perché, quella sera il suo bel viso mi ha ricordato quello di Giancarlo Siani, assassinato dalla camorra nell'85. Auguro a Saviano maggior fortuna: per il nostro bene, oltre che per il suo".
Qual è stato invece l'evento vicentino che ha segnato l'anno, nel bene e nel male.
"L'ora segnata dal destino è risuonata l'anno scorso nel cielo della nostra città , l'ora delle decisioni irrevocabili. Disinquinare il Bacchiglione? Quisquilie. Ristrutturare le scuole vicentine, che ci piove dentro un giorno sì e uno anche? Pinzillacchere. Costruire una rete di piste ciclabili? Cazzate. Costituire un patrimonio di edilizia pubblica a fitti agevolati da destinare a disoccupati e cassintegrati? Demente. No. Finalmente, è stato dato il via al progetto che ogni cittadino attendeva, dai lattanti agli ottuagenari, e che farà la gloria della nostra città nei secoli a venire: si costruirà il nuovo stadio di calcio. Ora, non è che non veda gli immensi vantaggi che verranno alla città dall'iniziativa. A parte il fatto, come ho già detto, che questa era l'unica cosa di cui Vicenza avesse veramente bisogno, basta pensare alla gioia degli abitanti del quartiere Stadio - anzi ‘ex' Stadio, tra poco - che per anni saranno appestati prima dai veleni delle demolizioni, e poi da quelli delle nuove costruzioni. Per non parlare del tripudio dei residenti nella zona dello stadio nuovo, prima devastati per anni da scavi e costruzioni, poi assediati, in questa vita e nelle prossime, dalle orde degli ‘sportivi' della domenica. Un ‘evento' che la città non dimenticherà tanto presto, non credete?"
Tu che eri di sinistra, cosa pensi della sinistra vicentina?
"Sarebbe troppo facile rispondere con la vecchia battuta: "Sinistra vicentina chi?!", anche se la voglia è forte. La ‘sinistra' vicentina si distribuisce tra un riformismo talmente omeopatico da rendere quasi indefinibili i suoi caratteri (anche qui, viene scontato dire che, a fronte di certe prese di posizione della nostra amministrazione, per esempio in tema di sicurezza, Gianfranco Fini sembra Che Guevara) e i viaggi sull'Enterprise di chi ancora, nel vuoto stellare, agita le bandiere della rivoluzione. I primi mi fanno incazzare, i secondi mi fanno incazzare, nessuno dei due mi seduce più".
Ma destra e sinistra in generale hanno ancora valore? O siamo al momento di rifondare certe categorie?
"Che vuoi che ti dica. Io credo ancora che una visione autenticamente ‘comunistica' nei suoi termini essenziali - da ciascuno secondo le sue possibilità , a ciascuno secondo i suoi bisogni - sia ancora una delle migliori proposte che si possano fare all'Umanità . È tuttavia impossibile negare che ogni tentativo fatto in passato per dare attuazione pratica a questo ‘comandamento' si è tradotto, nel migliore dei casi in un fallimento, nel peggiore in un'orgia di potere, violenza e disumanità : esattamente il contrario di ciò da cui si era partiti. Rifondare queste categorie? Sì, ma su che basi? Io sono arrivato alla conclusione - certo affatto originale: non pretendo di aver scoperto nessuna Verità - che sia necessario rovesciare gli schemi usati in passato: l'Uomo Nuovo non è il risultato ‘automatico' di una società nuova. Al contrario, è necessario prima aver ‘rinnovato' se stessi per poter poi proporre parole nuove alla società in cui si vive. Personalmente - e uso il termine nel suo senso più stretto: detesto i ‘missionari', a qualsiasi ‘chiesa' appartengano - sto cercando di farlo attraverso la pratica del Dharma, convinto dell'esistenza di quella che il Dalai Lama chiama "responsabilità universale". Che ci si collochi a ‘destra' o a ‘sinistra', il Suo monito secondo cui "l'uomo e la società sono interdipendenti, per cui la qualità del comportamento umano come individuo singolo e come membro della società diventa inscindibile" mi sembra comunque tanto ‘semplice' quanto fondamentale".
Variati è il meno peggio?
"Sì, credo che lo sia, soprattutto credo che lo pensassero moltissimi di quelli che lo hanno votato. Però deve stare attento, perché dopo essere stati eletti col titolo di meno peggio, per rimanerci bisogna far vedere di essere almeno un po' meglio, altrimenti saranno gli stessi a buttarlo giù la volta dopo, rassegnati - scusami il gioco di parole - che al peggio non c'è limite, per cui tanto vale".
Identità e tradizione sono parole sempre più usate dalla politica, in particolare dalla Lega, ma non solo. Secondo te esistono un'identità e tradizione veneta e vicentine, e se sì in cosa consistono?
"Oh sì che esistono, e almeno una certezza ce l'abbiamo, e cioè che sicuramente non consistono con nessuna della proposte della Lega, la quale da tempo ha deposto le bandiere di San Marco (se mai le aveva avute) per innalzare quelle di San Scheo. Consistono, semmai, in quella che è (era) una delle più belle città d'Italia, e che pian piano si sta trasformando in una sfilata continua di scarpari e spacciatori di straccetti firmati, di garages e caffetterie ‘trendy'. Consistono in una delle più belle campagne d'Italia, che poco per volta soccombe sotto la barbarie di strade idiote ed inutili: percorro quasi ogni giorno la Riviera Berica, e lo scempio cui si assiste stringe il cuore. Consistono in decine, centinaia di splendide ville, casali, edilizia rurale, che uno dopo l'altro crollano sotto gli attacchi della ‘modernità '. Il tutto, eredità di una Repubblica Veneta e di un'aristocrazia incomparabilmente superiore - eticamente, culturalmente, perfino ‘filosoficamente' - alla disgraziata classe dirigente che oggi ci disamministra, e che pure, appunto, ciancia di richiamo a quelle tradizioni, un'aristocrazia che aveva realizzato un rapporto così profondamente armonioso col territorio che oggi, semplicemente, non riusciamo più a capirlo. Suicidio del territorio, e prima ancora dello spirito. Ha portato voti, ma fino a quando? Il punto è che quando se ne accorgeranno, non ci sarà rimasto quasi più niente".
Da intellettuale come vedi la nostra città ? C'è vita, sotto la Basilica?
"A costo di apparire snob, non è che ne veda molta. Della ‘Notte bianca' ho già scritto su queste pagine qualche mese fa: aspetto coi brividi il programma della prossima. Il teatro comunale sta lì, più monumento ai caduti che ‘agenzia' culturale, e non c'è l'ombra del turbine di idee ed attività cui avrebbe dovuto dar vita. Di altro, non mi consta. Sinceramente - e non lo dico né per piaggeria né per cerchiobottismo - gli ‘eventi' culturali più significativi del 2009 mi sembrano la costante affermazione di VicenzaPiù e la nomina di Ario Gervasutti a Direttore del Giornale di Vicenza. Almeno, tra l'uno e l'altro, avremo qualcosa di buono da leggere".
Curiosità finale quale è il peggio del peggio del peggio di Vicenza?
"Posso risponderti con un aneddoto personale? Quando, nei primi anni Settanta, iniziai, in un paesino del Basso Vicentino, la mia carriera di insegnante elementare, i genitori della prima in cui avrei dovuto entrare andarono in delegazione dal Parroco (non dal Direttore Didattico: dal Parroco!) a dire che loro non avrebbero mai mandato i loro figli a scuola da "un insegnante ateo, divorziato e comunista". 'Beh - commentai io - mi manca solo negro, ebreo e culatòn', come si dice da noi, dopo di che scossi dai miei calzari la polvere del paese e chiesi il trasferimento a Vicenza. Nella quale insegno da 25 anni, e che non è certo Cuba, ma dove le famiglie mi hanno sempre valutato in base alla qualità dell'insegnamento e al rapporto umano stabilito coi bambini, e per nient'altro. Nell'episodio di allora c'è il peggio del peggio del peggio (e non dirmi che non eravamo a Vicenza: è appena fuori dalla porta!), nei successivi venticinque anni c'è il meglio. C'è la ‘liberalità ' di una città che, forse per li rami ancora erede della cultura ‘democratica' della Repubblica Veneta, è ancora capace di apertura e di confronto, una città - spesso mi vien da pensarlo - molto migliore della sua classe dirigente".
(intervista a cura di Luca Matteazzi e Alessio Mannino)
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