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Il lavoro non è più un diritto ed è diventato una condanna?

Di Citizen Writers Mercoledi 26 Agosto 2015 alle 19:02 | 0 commenti

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Riceviamo da Giorgio Langella e pubblichiamo

Oggi 26 agosto si può leggere una notizia terribile. Secondo la denuncia della CGIL, in Puglia, un bracciante è morto "crollando all'interno di uno dei 57 cassoni di pomodori che aveva raccolto". Molto probabilmente la vittima era originaria del Mali e, altrettanto probabilmente, il corpo sarebbe stato occultato dai “caporali”. La morte risalirebbe a circa due domeniche fa.

In queste poche righe si può leggere come, nella nostra “democratica” Italia, la vita di un lavoratore, tanto più se immigrato, ormai non conti nulla.

È il risultato di politiche dissennate, di un liberismo sfrenato che ha privilegiato il profitto e cancellato progressivamente i diritti che erano stati conquistati con lotte durissime. Così mentre Renzi promette di di cancellare l'IMU e la TASI “a tutti” nel 2017 senza dire dove troverà i soldi necessari. Parla di  “razionalizzare” i servizi pubblici, la sanità e la scuola ma, questo significherà certamente, avere minore diritto alla salute e all'istruzione, specialmente per chi vive del proprio lavoro con bassi salari. E nulla dice Renzi così attento a fare l'occhiolino a chiunque sia “un imprenditore” su come pensa di risolvere il problema delle morti bianche, delle malattie professionali, dei ritmi di lavoro insostenibili. Nulla dice della piaga del caporalato, di un mondo del lavoro sempre più precario in ogni senso. È capace solo di fare qualche battutina, far finta di essere rammaricato, di fare propaganda e parlare a slogan per ottenere consenso. Intanto, con il “jobs act”, il lavoro a tempo indeterminato è stato trasformato in qualcosa che può essere cancellato in qualunque momento e senza alcuna giustificazione. Una truffa vera e propria, in quanto si gioca con e sulle parole, per ottenere una massa di lavoratori divisi, impauriti, ricattabili e disponibili a qualsiasi condizione di lavoro, pronti a chinare la testa e a mettere in discussione la propria vita per qualche euro.

Esiste una vera e propria emergenza nel mondo del lavoro che è di pari, se non di maggiore, gravità rispetto a problematiche più “conosciute e usuali” come quella occupazionale e quella salariale.

È la vita stessa e la salute di chi lavora che vengono messe costantemente in discussione. Un'emergenza provocata dalla mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro e aggravata da un silenzio, mediatico e non solo, che sfiora l'omertà e che nasconde le condizioni reali nelle quali sono costretti a operare i lavoratori nelle fabbriche, nelle campagne o negli uffici. Condizioni che sono costretti a subire per ignoranza, debolezza o a causa di veri e propri ricatti occupazionali. Condizioni sempre più precarie e pericolose dovute a un'esposizione continuata a pericoli per la salute e la vita. Condizioni dovute all'ambiente nel quale si opera, alla mancanza delle più elementari regole di sicurezza, ai tempi di lavoro sempre più pesanti e stressanti, alla frequenza delle operazioni ripetitive che i lavoratori sono costretti ad eseguire.

In questi ultimi mesi ci sono state sentenze ingiuste ma importanti ed emblematiche del periodo storico che stiamo vivendo. Sono sentenze che hanno interessato proprio disastri ambientali e tragedie provocate dalle condizioni lavorative e che spiegano con chiarezza come la linea di confine tra giustizia e sfruttamento sia stata abbondantemente superata nella direzione del sopruso.

Le sentenze, di fatto molto benevole per quanto riguarda gli imputati eccellenti coinvolti, emesse per i processi Eternit, ThyssenKrupp, discarica di Bussi (Montedison), Pirelli, Marlane-Marzotto (sentenze di assoluzione, di prescrizione o di diminuzione di pena rispetto alle precedenti istanze), la vicenda dell'Ilva e del gruppo Riva (con le varie complicità politiche e un sostanziale rinvio di qualsiasi processo), le indagini per i decessi dovuti a mesotelioma avenuti negli stabilimenti veneti della Marzotto e quelle per gli scandali dell'Expo e del Mose (di fatto bloccate o “in sonno”) sono esempi che fanno pensare a un disegno ben preciso. Non possono essere coincidenze, né le possiamo considerare tali. L'Italia, con queste sentenze-messaggio, diventa un paese molto “interessante” per gli investitori nostrani e soprattutto stranieri. Un terreno di conquista per svariati motivi tra i quali (ed è questo il messaggio che deriva dalle sentenze sopra citate) emergono una crescente assenza di sicurezza, una benevola impunità assicurata a chi uccide i lavoratori per colpa o negligenza (ma, comunque, per ottenere maggiore profitto e ricchezza), la possibilità di inquinare e farla franca. Delitti giudicati senza la severità necessaria e giusta ma con una strana benevolenza che sembra rispondere alle sollecitazioni dei vertici di Confindustria (sono di fine maggio le dichiarazioni di Giorgio Squinzi sulla “manina antimpresa che ogni tanto si esercita” in Italia e sui reati ambientali “tanto assurdi che si fatica a raccontarli all'estero”).

Si stanno creando le condizioni per riportare i rapporti di lavoro a forme ottocentesche. Condizioni confermate da leggi e decreti (Jobs act, abolizione dell'articolo 18, conferma dell'articolo 8 che permette qualsiasi deroga alle norme e leggi in materia di lavoro, attacco ai diritti dei lavoratori e al conratto nazionale di lavoro …) votati da un parlamento ridotto a un insieme di nominati pronti ad approvare qualsiasi fiducia su qualunque provvedimento governativo.

Che il lavoro non sia più il primo diritto costituzionale, ma sia diventato una vera e propria condanna, lo si può capire dai dati che vengono raccolti ed resi pubblici dall'Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro (vedi allegato) fondato dal metalmeccanico in pensione Carlo Soricelli.

Leggi tutti gli articoli su: Lavoro, Giorgio Langella, Morti sul lavoro

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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