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Il lavoro è primo diritto, Langella: sicuro, garantito, giustamente retribuito

Di Redazione VicenzaPiù Domenica 3 Febbraio 2013 alle 22:32 | 0 commenti

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Appunti sulla questione lavoro di Giorgio Langella, Segretario regionale PdCI Fds per Lista Rivoluzione Civile

La realtà che si vive, da qualche tempo, nel mondo del lavoro è disastrosa soprattutto per i lavoratori. Le caratteristiche della situazione sono:
- mancanza di lavoro, disoccupazione diffusa (soprattutto giovanile, nel sud, ma anche nelle aree un tempo considerate a occupazione piena come il nord-est), precarietà, cassa integrazione, mobilità, insicurezza.

- una situazione di illegalità diffusa (e incentivata) che lascia "fuori dai cancelli delle fabbriche" Costituzione e Leggi dello Stato
- il metodo Marchionne che assurge a legge grazie all'assenza dello Stato e alla presenza di sindacati compiacenti
- una delocalizzazione selvaggia permessa, giustificata e incentivata che ha avuto ed ha l'unico significato di "esportare sfruttamento per importare disoccupazione"
- l'aumento dell'età pensionabile che ha bloccato ulteriormente l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro
- le privatizzazioni (anche di importanti settori strategici) che hanno esasperato una situazione già drammatica. Privatizzazioni (e "liberalizzazioni") che hanno significato la svendita al privato di produzioni importanti e settori strategici dello Stato con la creazione di nuovi e pericolosi monopoli privati
- l'assenza di una politica di sviluppo industriale che individui:
- quali sono i settori strategici
- quale produzione è necessaria e utile
- quale deve essere il ruolo del "pubblico" (lo stato)

La vera emergenza del paese, oggi, è quella occupazionale. Un problema enorme reso ancora più grave da una illegalità diffusa che ha invaso il mondo del lavoro (evasione ed elusione fiscale, corruzione, cancellazione di diritti, poca o nessuna garanzia di sicurezza, lavoro nero ...). La risposta che i governi liberisti hanno dato e danno è quella di norme che contrastano lo sviluppo della democrazia e, di fatto, permettono di "lasciare fuori dai cancelli delle fabbriche" Costituzione e Leggi dello Stato. L'attacco alla libertà sindacale (l'espulsione dai luoghi di lavoro delle organizzazioni sindacali che "non si adeguano" e il ricorso sistematico ad accordi separati con sindacati compiacenti) e l'assenza di una legge che permetta ai lavoratori di scegliere liberamente da chi vogliono essere rappresentati aggrava una situazione già compromessa.

Il risultato è che il nostro paese (carente di materie prime e con un sistema industriale poco innovativo, obsoleto e totalmente privatizzato che, avendo come unico obiettivo il profitto immediato ad ogni costo, ostacola la costruzione di prospettive e piani di sviluppo di respiro sufficiente) non ha più strumenti né forza contrattuale adeguati per poter trattare e competere con altre nazioni sviluppate. L'Italia è diventata (e si propone come) una specie di "società di servizi" e neppure di alta qualità. La tendenza è quella di ridurre l'industria italiana a un profilo sempre più basso e farla diventare un sistema dipendente da produzioni e scelte di nazioni "industrialmente più progredite" alle quali si offre una forza lavoro poco qualificata e a "basso costo". L'Italia diventa, così, una "terra di conquista" (una colonia) nella quale i rapporti di forza non esistono o sono comunque e sempre a favore del capitale e dei padroni. Lo smantellamento sistematico delle norme che regolano i rapporti tra lavoratori e impresa, così come la cancellazione dei più elementari diritti e il tentativo di espulsione di sindacati di classe dai luoghi di lavoro, va in quella direzione.

La questione della produttività, così come posta da capitalisti e liberisti nostrani, è profondamente sbagliata. Produrre di più a minor costo è, così come affrontato dai capitalisti nostrani, un errore fondamentale. Il problema, mai affrontato o mal posto, non è quello di aumentare la quantità di quanto si produce ma cosa si produce. In quest'ambito la riduzione di investimenti nella ricerca e nello sviluppo di nuovi prodotti e metodi di produzione si rivela una scelta nefasta.

Bisogna affrontare alcuni temi con determinazione:
- approvare una legge sulle rappresentanze sindacali che garantisca la massima democrazia nei luoghi di lavoro
- definire il ruolo dello Stato nello sviluppo industriale del nostro paese. Lo Stato deve diventare proprietario/produttore e non solo generoso elargitore di investimenti a fondo più o meno perduto. Se si finanziano con soldi pubblici aziende di proprietà privata lo Stato deve decidere e controllare il piano industriale di queste. La Costituzione va applicata dando il ruolo che spetta alla Repubblica (garanzia e controllo del diritto al lavoro)
- contrastare le delocalizzazioni che devono "costare". Bisogna prevedere per legge il recupero dei finanziamenti erogati sotto qualsiasi forma, il vincolo a interesse sociale delle aree dismesse, l'assunzione del controllo pubblico (collettivo) delle aziende che spostano il lavoro all'estero. Bisogna agire preventivamente e non solo dopo la delocalizzazione
- garantire la massima trasparenza nella scelta dei dirigenti pubblici (e comunque per ogni attività dove il "pubblico" è preminente) che non devono essere nominati per appartenenza politica o di gruppo di interesse ma per competenza e onestà comprovate. La questione morale significa anche che dirigenti o dipendenti pubblici corrotti (o lavativi o incapaci) possano (e debbano) essere messi "da parte" e nella condizione di non nuocere. Senza giustificazioni né attenuanti. Troppo spesso chi è stato responsabile del declino delle industrie pubbliche (o a partecipazione pubblica) è stato liquidato con buone-uscite milionarie.
- considerando che la tecnologia permette di produrre di più e più velocemente, si impone una seria riflessione sul tema della distribuzione del lavoro (il lavoro deve essere distribuito a tutti i cittadini garantendo una giusta retribuzione). La diminuzione dell'orario di lavoro a parità di salario e la diminuzione dell'età pensionabile non devono essere considerati dei tabù intoccabili ma entrano nella più vasta questione della equità e della ridistribuzione della ricchezza
- il lavoro deve costare meno delle speculazioni finanziarie. La tassazione sul lavoro deve calare. Le risorse devono essere trovate in una maggiore tassazione delle rendite parassitarie, nella patrimoniale progressiva sulle grandi ricchezze, nella lotta all'evasione e alla corruzione.
- si devono cancellare le forme di lavoro precario e ricondurre la normalità al lavoro dipendente continuativo. Contrastare il lavoro nero o sottopagato adottando forme di prevenzione e repressione uguali a quelle da utilizzare per la lotta contro le mafie
- operare per il ripristino dello Statuto dei Lavoratori (in particolare l'art.18) e la sua estensione a tutti i lavoratori. Cancellare l'art.8 dell'ultima finanziaria targata Berlusconi, che permette qualsiasi tipo di deroga alle leggi, ai contratti nazionali e alle norme che regolano i rapporti di lavoro. Queste richieste che sono obiettivo di referendum sono una tappa fondamentale per riportare la legalità nei luoghi di lavoro.
- bisogna aumentare gli investimenti nella scuola pubblica, nell'innovazione di processo e di prodotto, nella ricerca, nella formazione qualificata al fine di aumentare la capacità di produrre beni di interesse collettivo e di alta competitività
- obiettivo è il rilancio della produzione manifatturiera industriale con metodi e prodotti d'avanguardia, riconvertendo le produzioni obsolete (e quelle militari) in produzioni di beni utili alla collettività. È necessario "decidere di produrre cosa è utile e non cosa fa guadagnare di più".

Lavoro e legalità.

I casi di Ethernit, Ilva e troppi altri dimostrano come, nel mondo del lavoro, ci siano sacche di illegalità diffusa. Illegalità che investe i rapporti di lavoro e la sicurezza nei luoghi di lavoro.

Bisogna rifiutare il concetto che salute e lavoro siano in contrasto. Non bisogna accettare il ricatto. Bisogna, invece, spostare l'attenzione sul vero conflitto capitale-lavoro. Garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro significa anche fare di tutto perché i processi che vedono imputati imprenditori e dirigenti accusati di disastro ambientale e di aver permesso (o incentivato) che il lavoro diventasse sempre più insicuro e letale, arrivino a sentenza.

Un esempio è il processo Marlane-Marzotto di Praia a Mare che si sta svolgendo presso il tribunale di Paola da troppi anni, con troppa omertà e troppi rinvii dovuti a cavilli ed eccezioni. Rinvii avvenuti tra l'indifferenza generale anche della maggior parte dei sindacati.

Bisogna dare il segnale concreto che l'illegalità nei posti di lavoro è un crimine, pericoloso e spaventoso come quelli di mafia. Un crimine che deve essere combattuto con i mezzi più efficaci possibili contrastando il silenzio che, generalmente, copre quanto realmente accade. Per fare ciò è necessario che la lotta a questa illegalità venga condotta senza subire né accettare ricatti occupazionali di qualsiasi genere. Il ruolo dello Stato diventa fondamentale e deve garantire che, nei luoghi di lavoro, vengano rispettati i principi costituzionali e le leggi che facilitano l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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