Il Fatto: a Stato, risparmiatori e correntisti le crisi e i regali alle banche sono costati oltre 160 miliardi
Venerdi 14 Luglio 2017 alle 11:19 | 0 commenti
Con il via libera dalla Camera al decreto che liquida Popolare di Vicenza e Veneto banca, impegnando lo Stato per 17 miliardi, e la probabile approvazione anche al Senato, nei prossimi giorni, si chiuderà il penultimo capitolo delle crisi bancarie. L'ultimo, forse, sarà quello del Montepaschi, nelle settimane a seguire. Un insieme di malagestione e incapacità politiche che è costato a contribuenti, secondo le stime del Fatto, una settantina di miliardi. Ma le operazioni per risolvere le crisi raccontano solo una parte della storia di estrema generosità con cui gli ultimi governi hanno finanziato le banche, caricando le spese su contribuenti, clienti, risparmiatori. Gli ultimi calcoli li hanno fatti il Movimento 5 Stelle e l'associazione per la tutela dei risparmiatori Adusbef.
Due analisi diverse, ma che, mettendo insieme le stime dove sono sommabili, arrivano all'astronomica cifra di 165 miliardi. Secondo i calcoli di Giorgio Sorial, deputato M5S, il regalo alle banche è stato di 85 miliardi in sei anni. Sorial parte dal 2011, con i Monti bond studiati per aiutare Mps, senza alcun apprezzabile effetto (ma va detto che quella cifra è l'unica ad essere rientrata tutta) e poi con il decreto con le garanzie su 160 miliardi di obbligazioni bancarie malsicure (secondo Sorial avrebbe fruttato agli investitori dei bond 25 miliardi tra il 2011 e il 2015). Il breve governo Letta nella manovra del 2013 riforma il trattamento fiscale delle perdite sui crediti, le cosiddette Dta (Deferred tax assets). Un meccanismo che agevola il recupero delle perdite accordando crediti fiscali. Secondo l'ufficio studi di Mediobanca le Dta avrebbe beneficiato gli istituti di credito per quasi 20 miliardi di euro. Nel 2014 arriva la rivalutazione delle azioni di Banca d'Italia detenute dalle banche: il capitale che passa da 165 mila euro a 7,5 miliardi e si aumentano i dividendi: circa 350 milioni di beneficio annuo in tre anni. Quando arriva Renzi si entra nel vivo dei cosiddetti "salvataggi". Quello delle banche locali di Etruria, Marche, Ferrara e Chieti di fine 2015 lascia in braghe di tela 112 mila risparmiatori e costa al sistema bancario, che si rifarà aumentando i costi alla clientela, 4,7 miliardi (5,8 con le garanzie). Pochi mesi dopo viene sostanzialmente reintrodotto l'anatocismo (il calcolo degli interessi sugli interessi dovuti dai debitori), circa 2 miliardi l'anno di valore. Il resto è cronaca: per venete e Mps è previsto un esborso da circa 25 miliardi.
Le analisi dell'Adusbef si concentrano sui soldi degli investitori bruciati dalle banche per aumenti di capitale a perdere. Si parte dai 5 miliardi raccolti da Mps nel 2008 per finanziare lo scriteriato acquisto per 9 miliardi (ne valeva se va bene la metà ) di Antonveneta, operazione incredibilmente approvata da Bankitalia e Consob, fino ai costi delle ultime operazioni su Siena e Venete. Il conto totale è di 110 miliardi. Esclusi una trentina di miliardi sovrapposti dalle due analisi, il risultato fa 165 miliardi. Per ora.
Marco Maroni - Il Fatto Quotidiano
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