Il Fatto: risparmio, direttiva Ue stravolta. Si rischia il regalone alle banche
Mercoledi 19 Luglio 2017 alle 09:17 | 0 commenti
Per il premier Paolo Gentiloni, come per il predecessore Matteo Renzi se si parla di "regalo ai banchieri" quando si analizzano i provvedimenti presi dagli ultimi governi si fa solo "demagogia facile". Per Ettore Rosato, capogruppo del Pd alla Camera, "la nostra vera ossessione sono i risparmiatori e non le banche". E pazienza se nelle intercettazioni pubblicate la settimana scorsa su La Stampa emerge come nel gennaio 2014 la riforma RC auto finì su un binario morto dopo una serie di interventi "risolutivi" fra il responsabile delle relazioni istituzionali del gruppo assicurativo Unipol e alcuni parlamentari dem.
Ma c'è un banco di prova su cui a breve si potrà misurare l'attenzione del governo verso i risparmiatori e la lobby bancaria. Entro il 3 agosto va approvato definitivamente il decreto legislativo che recepirà , da gennaio 2018, la direttiva europea "Mifid 2", e già passato dal Parlamento. I capisaldi sono maggiore protezione dei risparmiatori e più trasparenza su costi e commissioni di remunerazione per l'intermediario, rendendoli più difficili da giustificare senza un rendimento adeguato per il risparmiatore. Questa è la teoria.
Nella pratica, la commissione Finanze della Camera (presidente Maurizio Bernardo, Area popolare) e quella del Senato (presidente Mauro Maria Marino, Pd) suggeriscono, per esempio, al governo un recepimento all'italiana che esenta le banche di credito cooperativo e le casse rurali dall'obbligo di adeguarsi alla normativa con effetto retroattivo per evitare che i piccoli istituti siano costretti a richiamare tutti i soci per far sottoscrivere loro il questionario Mifid. Forse sarebbe stato troppo gravoso, o è poco il tempo a disposizione (in realtà la Mifid2 ha già subito uno slittamento di un anno, ndr), fatto sta che si chiede di consentire alle banche cooperative di collocare le loro azioni non quotate ai propri correntisti con una regolamentazione di "rango secondario". Insomma, poche scartoffie, e minori costi per tutti.Chi sottoscrive questo tipo di azioni, secondo la Federcasse (la federazione delle Bcc), di cui le commissione Finanze hanno sposato la linea, "non ha un intento speculativo e comunque l'ammontare medio di questi investimenti è veramente limitato e nell'ordine di un migliaio di euro". Vale insomma il principio di "modica quantità ". Eppure in teoria la riforma delle banche di credito cooperativo voluta da un certo Matteo Renzi (legge 49/2016) e scritta da Bankitalia, va nella direzione opposta visto che entro il 2021 per le banche di credito cooperativo è previsto l'ampliamento del possesso azionario con l'innalzamento del capitale massimo detenibile dai singoli soci (da 50 mila fino a 100.000 euro) e del numero minimo che ogni Bcc può averne (da 200 a 500). Dopo il gran falò miliardario delle azioni delle popolari venete (e non solo) una maggiore prudenza sarebbe forse consigliabile anche perché, secondo lo stesso governatore di Banca d'Italia Ignazio Visco e diversi studi sul settore, lo stato di salute di numerose banche cooperative è tutt'altro che eccellente.
C'è poi un altro punto delicato su cui la lobby bancaria e le loro reti di vendita dei prodotti finanziari hanno lavorato alacremente: impedire in Italia la creazione di un vero mercato della consulenza finanziaria indipendente come è accaduto in altri Paesi europei. "Dalle commissioni Finanze, e in particolare dal Senato - spiega Massimo Scolari, presidente di Ascosim, l'associazione delle Società di consulenza finanziaria - è uscito un parere che se recepito limiterà il raggio d'azione dei consulenti finanziari autonomi e anche delle società di consulenza, dal momento che solo per questi due soggetti varrà l'obbligo di non lasciare incustodita la sede di lavoro con il divieto tassativo di far firmare ai clienti il contratto fuori dalla sede".
Nell'era del fintech e della vendita a distanza di qualsiasi prodotto o servizio una bella limitazione della concorrenza. Le banche e le reti di vendita possono muovere i loro eserciti su tutto il territorio, mentre i consulenti autonomi e le società di consulenza possono servire solo i clienti a chilometro zero pur avendo il divieto tassativo di raccogliere denaro o ricevere qualsiasi tipo di retrocessione. "È una decisione solo politica - osserva Scolari - perché non credo che i tecnici del Tesoro e soprattutto la Consob abbiano mai posto obiezioni all'inserimento nel decreto dell'offerta fuori sede da parte dei consulenti finanziari autonomi".
Una norma che solo l'Italia si è inventata in Europa e il cui vero scopo è evitare che i promotori finanziari di banche e reti importanti con portafoglio ed esperienza decidano di "svincolarsi" mettendo a rischio le provvigioni alla catena di intermediari (un mercato che vale 23 miliardi l'anno). E che hanno reso il nostro Paese (lo dice il Global Fund Experience Report di Morningstar) fra i peggiori a livello mondiale quanto a tutela dell'investitore, trasparenza, commissioni chiare, tassazione e distribuzione. Un mercato più aperto alla consulenza finanziaria indipendente creerebbe (come è successo in Gran Bretagna dal 2013) una competizione trasparente con una netta riduzione dei costi e un aumento della qualità dei servizi.
C'è spazio anche per un regalo agli editori: la Finanze del Senato ha chiesto di riportare obbligatoria la pubblicazione sui giornali (e non solo sul web) di documenti e prospetti considerati fondamentali per la tutela e la conoscenza dei risparmiatori. Il governo sposerà la linea delle commissioni approvando un decreto che va nella direzione opposta all'obiettivo con cui è nato?
Salvatore Gaziano - Il Fatto Quotidiano
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