Concorsone e chiamate dirette dei docenti: tempi stretti, normativa farraginosa, ricorsi dietro l'angolo
Sabato 6 Agosto 2016 alle 22:10 | 0 commenti
Ciò che ci aspetta, come ogni anno, da molti anni, esordio nel caos anche per quest'anno scolastico. La scuola statale si trova a fare i conti con la chiamata diretta, tappa (forse) finale di una legge, la 107, che ha scalzato i criteri di assunzione (oggettivi) dei docenti per sostituirli con deleghe ai dirigenti scolastici. Vari partiti tra cui il PSI (chi scrive è Responsabile nazionale Scuola Psi, ndr), già durante l'iter legislativo della legge 107 avevano segnalato l'inopportuno "potere" che tale legge affidava ai dirigenti scolastici. Sembrava che il Governo avesse ascoltato quanto proposto anche da molti docenti e non solo, restituendo al Collegio Docenti alcune facoltà . Facoltà che, con i decreti di attuazione, sono divenute più teoriche che reali. Così il potere dei dirigenti oggi si concretizza in una "delega in bianco" affiancata da criteri assolutamente generici e quindi potenzialmente aggirabili.
Secondo la nuova normativa le chiamate vengono effettuate dai dirigenti in base a titoli e competenze ma non in base all'esperienza accumulata nel lavoro svolto in cattedra poiché l'anzianità di servizio non è un titolo e non è considerata come generatrice di competenze.
La situazione sta mettendo in difficoltà anche i dirigenti che si trovano privi di chiare indicazioni e perciò costretti ad assumersi responsabilità evidentemente troppo pesanti. Infatti stiamo parlando di scegliere docenti che andranno ad influire direttamente sulla vita di ogni singolo alunno.
I docenti neoassunti negli ambiti territoriali inviano il loro curriculum alle scuole per poter essere scelti con contratti triennali rinnovabili (e quindi senza reale titolarità di cattedra). Il Ministero ha fornito un modello, con una quarantina di voci. Si spazia dalla didattica digitale, alla pratica musicale, dalla collaborazione coi musei, all'esperienza con istituti culturali. Insomma, un po' di tutto, troppo, col rischio reale di perdere di vista ciò che realmente è il mestiere del docente, ovvero la capacità di istruire gli alunni, di comunicare con loro per poterli seguire e sostenere nel percorso di istruzione e formazione.
I rischi sono ovviamente molti, uno per tutti il proliferare di corsi più o meno fasulli ma che permettono di inserire certificazioni nel curriculum.
Ma i problemi non si limitano a questo.
Ci sono le assunzioni del personale, parte dei fantomatici 100.000 della legge 107, che, pur essendo già abilitati all'insegnamento e pur avendo anni di insegnamento alle spalle, sta affrontando un ulteriore "concorsone". Un concorso che sta vede concludersi la fase delle prove scritte e che dovrebbe assegnare 63.712 posti a cattedra per il triennio 2016-2018. Un concorso che si sta svolgendo con commissioni sottopagate, formate all'ultimo momento e costrette a valutare non secondo i tradizionali criteri dei precedenti concorsi, bensì in base a competenze proposte ed individuate all'ultimo momento. Un concorso in cui il numero di non ammessi alla prova orale, potrebbe attestarsi intorno al 70% dei partecipanti.
Si punta alla qualità (allora molti si chiedono chi siano e come siano stati reclutati i commissari e chi abbia stabilito e se siano stati divulgati per tempo i criteri di valutazione...tante domande, poche risposte) o a fiaccare ulteriormente i docenti italiani già mal pagati e spesso senza certezze?
Certezze che non darà neppure l'attuale tornata di assunzioni visto che gli incarichi saranno triennali, rinnovabili ma condizionati al Piano triennale offerta formativa.
Se ciò non bastasse, in tutt'Italia, nelle sedi concorsuali si sono verificate diverse incongruenze che certamente verranno a nocumento della (presunta) qualità della selezione.
Insomma, un concorso che potrebbe rappresentare un vero punto di non ritorno per l'intero, ma in realtà spesso incolpevole, sistema di istruzione e formazione italiano.
C'è poi la questione delle classi di concorso. Il Ministero ha modificato le classi di concorso accorpandole in maniera tale da permettere ad alcuni docenti di trovarsi abilitati in materie che non rientrano nei loro percorsi di studio, oppure cancellando materie o ancora eliminando da alcuni istituti le attività di laboratorio.
E ancora la questione del personale docente precario con un'anzianità pari o superiore a trentasei mesi di servizio. La Corte Europea ha sancito il contrasto della normativa europea con quella italiana che di fatto autorizzava per un tempo illimitato l'assunzione a tempo determinato (...!) del personale docente della scuola. Questo intervento della Corte Europea potrebbe paradossalmente allontanare dall'insegnamento tutti coloro i quali abbiano già raggiunto i trentasei mesi e non vengano assunti con l'attuale concorso (gettando di fatto alle ortiche anni di esperienza ed insegnamento).
Infine, per sintetizzare, la questione dell'alternanza scuola lavoro che non sempre ma troppo spesso si riduce all'utilizzo di manovalanza a costo zero o non nei compiti effettivamente previsti per l'attività .
A livello regionale, in diverse regioni, assessori e consiglieri per lo più del centrodestra o grillini, chiedono assieme agli Uffici Scolastici regionali un numero maggiore di unità di personale docente e così facendo ricevono un prevedibile rifiuto dal MIUR. Rifiuto che viene sapientemente "usato" per fini di propaganda politica.
Insomma molti, troppi gli aspetti critici della legge 107 nella sua applicazione. Molti problemi il cui clamore, come ogni anno, esplode tra luglio e settembre per affievolirsi durante l'anno scolastico, non perché i problemi vengano risolti ma perché i docenti si calano nell'insegnamento e non possono quindi continuare a denunciare il lento ed inesorabile declino a cui i governi degli ultimi vent'anni hanno condannato la scuola statale italiana.
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