Il caso Pfas finisce su Rai 3 a Presa Diretta: una "vicenda all'italiana"
Domenica 11 Settembre 2016 alle 18:30 | 0 commenti
Il 5 settembre scorso il caso dei PFAS, le note sostanze perfluoroalchiliche di cui più volte si è occupata anche la nostra redazione, ha varcato i confini regionali per approdare negli studi televisivi di Presa Diretta (qui il video), la nota trasmissione d'inchiesta di Rai 3 e condotta da Riccardo Iacona. Nel servizio, oltre ad un a ricostruzione storica degli eventi che hanno portato al 2013, quando uno studio del CNR e del Ministero dell'Ambiente ha evidenziato la presenza dei Pfas nelle acque della falda di Almisano, viene imputata quale maggiore responsabile di questo inquinamento la Miteni SpA, nota azienda di Trissino che utilizza queste sostanze nel proprio processo produttivo.
Il ricercatore del CNR Stefano Polesello, che ha contribuito allo studio del 2013, riferisce che il motivo per cui la Rimar, oggi Miteni, ha scaricato nella piena tranquillità queste sostanze nel Poscola (torrente retrostante all'azienda di Trissino) è derivato dalla mancanza di limiti a cui attenersi e quindi dei relativi controlli a cui la Rimar doveva essere sottoposta.
Oggi la Miteni non produce più le sostanze inquinanti, ma nonostante questo nel 2013 lo studio ha evidenziato la presenza di queste sostanze nelle acque di raffreddamento che la Miteni sversa poi nel Poscola.
Antonio Nardone, amministratore delegato della Miteni, ribadisce nel servizio quanto già detto in più occasioni anche ai nostri microfoni "abbiamo fatto interventi ed investimenti per diversi milioni di euro per ridurre le emissioni e l'impatto ambientale di queste sostanze c'è un inquinamento dovuto a tanti fattori, bisogna indagare"; precisando inoltre che la Miteni non può essere l'unica responsabile di questo inquinamento "ci sono altre emissioni. Sono state verificate le altre emissioni?"
Nardone aggiunge inoltre che "la pericolosità di queste sostanze è ancora in fase di studio" riportando anche alle dichiarazioni di Loredana Musmeci del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'ISS che il 22 aprile scorso ai microfoni di Effetto Giorno avrebbe detto che: "non c'è correlazione tra la presenza di PFAS e le patologie cancerogene o metaboliche".
Dichiarazioni che la dottoressa Musmeci smentisce nel servizio di Presa Diretta, dicendo di aver fatto una distinzione sulle classificazioni delle stesse, precisando inoltre che non si deve continuare ad immettere nell'ambiente questo tipo di sostanze. Ma nel riascoltare la puntata di Effetto Giorno del 22 aprile 2016, differentemente dalla sintesi delle dichiarazioni della Musmeci mandate in onda nel servizio di Presa Diretta, questa asseriva "non abbiamo ad oggi evidenze scientifiche anche da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e quindi dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro che queste sostanze possano essere una concausa di sviluppo di cancerogeni e di tumori".
E alla successiva domanda specifica del conduttore: "Quindi non ci sono evidenze da questo punto di vista?" La dottoressa Musmeci precisava "Ad oggi in letteratura, se mi consente un ultimo chiarimento, non c'è alcuna evidenza scientifica che comunque anche rispetto alla tossicità , quindi tossicità non cancerogena, ma come dicevo prima alterazione metaboliche vi sia un rapporto di causa effetto"
Detto questo e non certo per prendere le parti dell'azienda di Trissino, ma per una chiara narrazione degli eventi ai nostri lettori di una vicenda per la quale la buona informazione dovrebbe essere la prima strada da percorrere, a complicare ancora di più l'intricata vicenda è il vulnus legislativo che nel servizio viene denunciato da Antonino Cappelleri, Procuratore capo di Vicenza.
Quest'ultimo nello spiegare al giornalista di Presa Diretta come mai la procura di Vicenza nel 2013, la quale aveva aperto un fascicolo sulla vicenda, non abbia intrapreso alcuna strada nei confronti della Miteni di Trissino, precisa che "rispetto alla legge speciale antinquinamento del 2006 (vigente al momento dell'inchiesta) il PFAS non è incluso tra le sostanze il cui scarico è limitato o vietato" precisando inoltre "Non sembra che un reato di avvelenamento possa essere configurato, poiché non esiste se non per studi recentissimi e ancora in corso un approfondimento scientifico specifico che ci possa assicurare sul livello di dannosità ".
Una vicenda che assume tutti i tratti di una "vicenda all'italiana", poiché all'estero come nel caso U.S.A. riportato nel servizio, la Dupont ha dovuto risarcire con diversi milioni di dollari per aver inquinato il fiume Ohaio e condannata a pagare uno studio epidemiologico che nel 2009 ha dimostrato una correlazione tra il PFOA e diverse patologie metaboliche e cancerogene per l'uomo.
Ma se prima a mancare erano i limiti da far rispettare, a luglio di quest'anno il ministero dell'ambiente ha varato un decreto con le soglie di contenimento, che come denunciato dagli esponenti del movimento 5 stelle la regione Veneto ha prima imposto che fossero rispettati da subito, per poi fare un inspiegabile dietrofront.
Dietrofront che secondo il M5S avrebbe il solo scopo di favorire le aziende che oggi inquinano le falde del vicentino, vicenda sulla quale continueremo a vigilare e a tenervi informati.
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