Il 19 dicembre la sua assemblea farà chiarezza: Veneto Banca sorpassa la BPVi nella corsa contro il rischio bail-in per soci e correntisti
Mercoledi 2 Dicembre 2015 alle 22:38 | 0 commenti
La fissazione per il 19 dicembre dell'Assemblea di Veneto Banca per decidere (formalizzare?) la trasformazione in Società per Azioni, la quotazione in Borsa e l'aumento di capitale (tre punti che verranno votati singolarmente ma che fanno parte di un piano strategico unico) segna un punto a vantaggio del gruppo di Montebelluna rispetto ai cugini della Banca Popolare di Vicenza, che fino a pochi giorni fa, ai piani alti di Via Btg Framarin, sorridevano delle indecisioni nella nomina del nuovo presidente in casa trevigiana dopo nomine e dimissioni varie e sottolineavano con orgoglio il proprio percorso deciso e netto.
Ma ora, dopo la nomina definitiva di Pierluigi Bolla alla presidenza seguita oggi da quella alla vice presidenza di Cristina Rossello, che allarga il peso femminile ai vertici di Veneto Banca dopo la nomina nel Cda di Joyce Victoria Bigi, il suo Ad Cristiano Carrus accelera i tempi della chiarezza e segna un punto a suo favore nella "gara a distanza" col suo omologo della Banca Popolare di Vicenza.
Francesco Iorio attende, infatti, l'analoga assemblea solo per la primavera prossima e nel frattempo dovrà magari logorarsi tra le guerriglie di trincea in corso da tempo tra il Cda, ancora in buona parte formato da vecchi componenti, la vecchia struttura dirigenziale intermedia, che, costruita da Sorato, di certo non aiuterà il rinnovamento dell'organizzazione intrapreso da Iacopo De Francisco, e i tanti soci imprenditori che proclamano il verbo della vicentinità ai piani di controllo ma non lo sostanziano con impegni finanziari adeguati perchè non vogliono, abituati come sono a rendite di posizione, o perchè di soldi veri non ne hanno.
Se tempo fa nel valutare, ad esempio, le potenzialità di investimento di un gruppo come quello degli Amenduni avevamo commesso un grossolano errore valutando in 6 miliardi solo il valore delle loro quote in Generali, che, invece, si attestano intorno ai 600 milioni, non è che, poi, di soldi di rischio e veri ne girino così tanti a Vicenza tra altri imprenditori, una delle cui cordate di riferimento punterebbe ad avere il 5% delle quote della nuova BPVI.
Quel 5%, che fa discutere perchè in Veneto Banca non si porrà  al diritto di voto quel limite, possibile, però, non dimentichiamolo, solo per 2 anni e facilmente aggirabile intestando le quote a entità diverse, ci fa porre, però, un'altra domanda, che cambiando valori e nomi vale anche per Veneto banca in questo caso. Per avere quel 5% quanto bisognerà investire? Dipenderà dal valore che verrà fissato per le azioni, un nodo centrale per gli investitori e per chi dai 62,50 euro dell'ultima sottoscrizione dovrà rassegnarsi a una cifra intorno ai 15 euro, si dice e si legge.
E qui il gioco si fa duro. Se Unicredit garantisce fin d'ora, grazie a Iorio e al suo team, la copertura di 1,5 miliardi di aumento di capitale, assicurando la "salvezza" a breve della BPVi, quanto peserà in quote percentuali della nuova proprietà quell'importo? Di meno se sottoscriveranno quote in molti, tra soci vecchi e nuovi, che così innalzeranno il valore di partenza del collocamento in Borsa e potranno dire la loro con un peso maggiore nell'azionariato. Ma, se in pochi sottoscriveranno azioni nel mercato libero, il prezzo di collocamento basso impoverirà ulteriormente gli attuali possessori di azioni e, per giunta, consegnerà a quegli 1,5 miliardi o a loro parti un controllo totale sulla banca.
Ma cosa avverrebbe se non passasse nella (lontana) assemblea di primavera la trasformazione in spa, che da alcuni è considerata da contrastare e che col voto ancora capitario adottato nell'ultima assembea da vecchia Popolare potrebbe essere bocciata?
Una tragedia.
Infatti, con la disciplina vigente, la banca (Popolare di Vicenza o Veneto Banca che sia) sarebbe obbligata a diventare molto più piccola di oggi riducendo traumaticamente e non si sa con quale evoluzione il proprio attivo patrimoniale entro gli 8 miliardi di Euro, quelli che impongono la trasformazione.L'eventuale mancata riduzione dell'attivo patrimoniale comporterebbe da parte di Banca d'Italia l'adozione del divieto di intraprendere nuove operazioni o l'attivazione dell'amministrazione straordinaria) e, contestualmente, la proposta alla Banca centrale europea di revoca dell'autorizzazione all'attività bancaria e al Ministro dell'economia e delle finanze di liquidazione coatta amministrativa.
Se, in questo caso, non ci fosse un intervento come quello per le quattro banche appena "salvate", ma comunque difficile da ipotizzare e da attuare per i molto maggiori importi necessari per il salvataggio di una delle due grandi Popolari Venete, le conseguenze, per effetto del bail-in (di cui parlammo per primi su VicenzaPiù Magazine n. 275 del 2 aprile 2015 e che scarica sui danneggiati gli errori di chi ha gestito male o fraudolentemente le banche), sarebbero l'azzeramento del valore delle azioni e delle eventuali obbligazioni subordinate e dei conti correnti superiori oggi a 100.000 euro (oggi, perchè domani non si potrà sapere viste le contingenze dell'economia).
Il 19 dicembre ne sapremo di più per Veneto Banca, per la BPVi i tempi si allungheranno fino alla primavera 2016. Salvo, altri, errori & omissioni...
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