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Il 19 dicembre 2014 la prima sentenza del processo Marlane Marzotto: non ci fu e non c'è alcun colpevole per oltre cento morti

Di Giorgio Langella Martedi 19 Dicembre 2017 alle 21:53 | 0 commenti

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Il 19 dicembre 2014 veniva emessa, dal tribunale di Paola, la prima sentenza del processo Marlane Marzotto (cfr. "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante"). "Tutti assolti" era il titolo di un testo di dolorosa indignazione che, all'epoca, avevo scritto. Tutti gli imputati eccellenti erano stati assolti sostanzialmente perché il fatto non sussisteva. Fu, quella prima sentenza (confermata poi in appello), una chiara dimostrazione della "impossibilità" di trovare i responsabili delle morti per lavoro e sul lavoro. Il segno di come, difficilmente, il sistema riesca a individuare e condannare i colpevoli di tragedie piccole e grandi (e quella della Marlane Marzotto è enorme) che vedono per protagoniste due classi: quella padronale e quella di chi vive del proprio lavoro.

Si ha l'impressione che i diritti costituzionali e la Costituzione stessa restino fuori dai cancelli dei luoghi di lavoro. Il mondo del lavoro viene diviso tra i "superiori" che comandano e gli "inferiori" che devono obbedire e subire. I privilegi dei primi cancellano i diritti dei secondi.

Questo è quello che è successo alla Marlane Marzotto di Praia a Mare. Oltre 100 lavoratrici e lavoratori morti, uccisi da varie forme di cancro. Persone consumate dalla malattia, una alla volta. Le loro morti non fecero notizia. Erano qualcosa di "naturale". Non si poteva individuare responsabilità personali e, così, tutti i dirigenti e padroni della Marlane-Marzotto, personaggi di un "certo livello", furono tutti assolti.

Non importa se la Marzotto diede poche decine di migliaia di euro ai parenti delle vittime per farli desistere dal rimanere nel processo come parti civili per chiudere quella pratica diventata fastidiosa. Non importa che Gaetano Marzotto, nella la sua testimonianza, disse (e fu sincero) "noi ci occupavamo solo dei nostri soldi". Non importa che si facessero firmare, secondo numerose testimonianze, le dimissioni a chi stava morendo. Non importa. Gli avvocati difensori, grandi principi del foro, dopo aver tentato in ogni modo di ostacolare e rinviare sine die il dibattimento, riuscirono a far assolvere tutti i loro assistiti.

Così non ci fu e non c'è nessun colpevole.

Quello della Marlane Marzotto non è un "caso". Succede spesso (o sempre) così. Quando si individua qualche responsabilità, arriva la prescrizione. Se questa non è possibile è facile che nessuno venga condannato.

Da pochi mesi è iniziato un nuovo processo per la morte di una trentina di operai che lavoravano alla Marlane Marzotto. Da parte degli avvocati difensori si è ricominciato a chiedere i consueti rinvii e il trasferimento della sede del dibattimento. Gli aspetti procedurali sembrano frenare ancora una volta tutto. La cosa certa è che si hanno poche notizie, che tutto sembra "stanco", quasi appassito, vecchio. Come sempre queste cose non fanno notizia.

È la solita storia, le notizie vengono taciute, nascoste, coperte dal velo dell'indifferenza. Un'indifferenza che uccide come e più delle malattie, come e più dei prodotti inquinanti e delle sostanze tossiche che le hanno prodotte. La stessa indifferenza che permette di non cercare la verità, di lasciare impuniti i responsabili, di non dare giustizia a chi ne ha diritto. E di non sentirsi in colpa perché si è girata la testa dall'altra parte.

E, allora, è un dovere anche solo ricordare quello che è successo alla Marlane-Marzotto. Perché anche se tre anni fa tutti gli imputati furono assolti e non fu individuato nessun colpevole, i morti non sono stati cancellati. Così come è rimasto un ambiente inquinato. Ed è rimasto il dolore e lo sgomento di fronte a una delle tante tragedie del lavoro che restano nell'ombra e nell'indifferenza anche di chi dovrebbe indignarsi. Che fanno notizia solo quando tutti vengono assolti.

Alle lavoratrici e ai lavoratori che hanno dovuto subire le condizioni e i ricatti di un lavoro che li ha uccisi va un ricordo sincero e dolente. Chi non vuole arrendersi all'indifferenza continuerà a lottare per scardinare un sistema spaventoso che permette che il lavoro non sia più un diritto di tutti ma sia diventato una condanna per ognuno. Questa è una promessa che si deve fare.


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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