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L'azienda ora Marzotto si scusa. "Hugo Boss fu lo stilista di Hitler: divise SS e lavori forzati"

Di Redazione VicenzaPiù Domenica 25 Settembre 2011 alle 17:55 | 1 commenti

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Il fondatore era un nazista convinto. L´azienda (che dal 1997 fa capo alla Marzotto di Valdagno e dal 2005 tramite la sua Valentino Fashion Group, n.d.r.) chiede scusa. La verità emerge da un´inchiesta commissionata proprio dalla storica firma.
Hugo Boss, fin dal secolo scorso il grande nome della moda made in Germany, il decano del pret-à-porter di buon livello tedesco, fu un nazista convinto della prima ora, fornì uniformi alla Wehrmacht e alle SS, usò il lavoro di forzati dei paesi occupati che vivevano in condizioni disumane. L'accusa viene dal libro appena pubblicato da Roman Koester, giovane storico dell´università dell´esercito tedesco a Monaco.

E l´azienda, che aveva commissionato lo studio a Koester per fare luce sulle pagine più buie del suo passato, imbarazzata dalla verità ha ufficialmente chiesto scusa per i maltrattamenti inflitti ai lavoratori-schiavi. Secondo voci ricorrenti, Hugo Boss e il suo team avrebbero potuto essere stati in incognito persino i sarti personali del Führer e dei gerarchi del Reich, ma il libro non lo conferma in mancanza di prove.
«È chiaro che Hugo Boss non solo si iscrisse alla Nsdap (ndr: il partito nazionalsocialista tedesco) per assicurarsi contatti vantaggiosi per la sua azienda, ma che lo fece anche perché era un convinto sostenitore del nazismo», scrive Koester, docente di economia all´ateneo della Bundeswehr. "Hugo Boss, 1924-1945", così s´intitola il libro, è una biografia critica dell´imprenditore che cominciò le sue fortune fondando una piccola azienda produttrice di abiti a Metzingen, nel Baden-Wuerttemberg (sudovest) nel 1924. Quell´azienda, racconta Koester, si arricchì e crebbe cominciando ben presto a fornire uniformi ai nazisti. Cominciò con le camicie brune, simbolo del partito e delle SA, la sua milizia. Poi, dopo la presa del potere da parte della Nsdap a seguito della vittoria elettorale di Hitler nel 1933, la ditta di Hugo Boss divenne una delle principali produttrici di uniformi per la Wehrmacht (l´esercito), per le SS, e per la Hitlerjugend, la gioventù nazista.
È dimostrato, fatti i conti con i bilanci - afferma il giovane storico nel suo libro - che l´azienda ricavò profitto dal nazionalsocialismo. Da un punto di vista della creazione, o del design, fu una collaborazione passiva, perché non furono né Hugo Boss né i suoi collaboratori a scegliere stile e taglio delle divise naziste. Ma l´azienda impiegò almeno 140 lavoratori forzati polacchi, e 40 prigionieri di guerra francesi. Gli schiavi, come tutti i forzati del Reich, erano sfruttati in modo disumano, intimiditi e terrorizzati dai guardiani. Le condizioni igieniche in cui vivevano erano pessime, e pessimo era il cibo che ricevevano.
Dopo la disfatta del Reich nel 1945, Hugo Boss fu processato dagli alleati per il suo aiuto alla macchina da guerra nazista, e condannato a una salata multa di centomila marchi, ma evitò la prigione. Giurò di essersi fatto nazista per convenienza. Non è vero, scrive il giovane storico: era un nazista convinto, e si iscrisse alla Nsdap già nel 1931. Hugo Boss morì nel 1948, tre anni dopo la caduta di Berlino.

Da La Repubblica 

di Andrea Tarquini


Commenti

Inviato Domenica 25 Gennaio 2015 alle 18:47

Qualcuno ricorda il film Schindler List ?

Se insieme a Schindler List, qualche produttore cinematografico avesse pensato anche alla Ugo Ferdinand Boss LIST forse avremmo nel “Giardino dei Giusti” anche il nome di Ugo Boss per essere riuscito a togliere dai campi di concentramento i suoi tanti o pochi operai che così ha salvato dalle camere a gas, per impiegarli sulle macchine da cucire.
Altrimenti dovrebbe chiedere scusa anche l’Ingegnere Austriaco FERDINAND POSCHE per aver creato, su preciso ordine di Hitler, la Volkwagen, ossia la macchina del popolo, per 4 persone ed a meno di 1.000 marchi, nel 1933 – questa è la data di nascita del famosissimo maggiolino costruito poi in 50 milioni di esemplari.
Dovrebbe chiedere scusa anche il nostro Enrico FERMI per aver contribuito alla Costruzione della bomba atomica.
Forse dovremmo tutti chiedere scusa a Marco Tullio Cicerone per non capire che la storia, se letta bene, è maestra di vita – Historia magistra vitae; ovvero

La storia è vera testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell’antichità.

Cari saluti
Rocco da Pescara
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Commenti degli utenti

Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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