Hillary e la politica tradizionale prendono una "trumpata": la fuga della Clinton dal discorso della "concessione della vittoria" nobilita Trump. In Italia meno male che Grillo c'è?
Mercoledi 9 Novembre 2016 alle 08:32 | 2 commenti
Alle 8.32, ora italiana, l'Associated Press ha lanciato la notizia che Donal Trump, il candidato repubblicano fuori dalle righe e in buona misura anche dal suo partito, è il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America avendo surclassato contro ogni pronostico e contro ogni ormai inutile sondaggio la democratica Hillary Clinton (qui i dettagli Ansa e qui le prime reazioni dei mercati).: la tramvata, anzi la "trumpata" è servita...
Aggiornamento delle 8.45 . "Trump alla Casa Bianca? Non si è capito nulla della società americana, della gente in carne e ossa. Sondaggisti, stampa, giornalisti politici, opinionisti. Come già con Orban in Ungheria, Farage in Gran Bretagna, la destra in Polonia...È un momento di grande cambiamento. Nel mondo": questo è il primo commento che ci arriva da un attento, e mattiniero, osservatore locale della politica e che condividiamo. Ma quando aggiunge che quel cambiamento è "non certo in meglio. Anzi in peggio, molto peggio. Per tutti" non siamo netti come lui con cui torniamo a in sintonia quando chiude con "C'è da ben riflettere. E a fondo".
La gente chiede un cambiamento e i politici di professione non sanno intercettarlo, questa è la prima riflessione che ci viene di fare: la vittoria di Trump, per l'importanza della sua conquista, è il segnale finale per la classe politica tradizionale.
Commento delle 9.26. La fuga di Hillary Clinton dal quello che è il tradizionale discorso pubblico in cui il candidato sconfitto, dopo la classica e minimale telefonata privata in cui si congratula con lui, riconosce la vittoria dell'avversario conferma due cose che forse tutti noi abbiamo rimosso dalle nostre valutazioni pre voto e che, invece, molto hanno pesato sul voto degli americani.
Intanto conferma e consegna alla storia la doppiezza di Hillary che bacchettò Donald quando costui minacciò in campagna elettorale, quindi in una fase di "recitazione" promozionale, di voler valutare in caso di sconfitta il rifiuto della "concessione della vittoria" in pubblico, ma che ora, a risultato proclamato e, quindi, tornando al mondo reale, è lei a non mostrare la freddezza e l'umiltà dello sconfitto che, comunque, accetta il verdetto del popolo.
Infine Hillary Clinton col suo "gran rifiuto", condito da un richiamo a improbabili riconteggi per nascondere la sua reazione isterica a paradossale conferma del giudizio popolare che non l'ha ritenuta adatta al ruolo di presidente della nazione ad oggi ancora più influente del mondo, mostra il suo vero volto, quello di una politica tutt'altro che democratica, come vorrebbe il nome del suo partito, e più abile a servire le lobby che non il suo Paese.
Ultime considerazioni iniziali delle 9.34. Donald Trump, questa è la domanda che si faceva ieri dandosi una risposta tranquillizzante uno dei due italiani in Usa che abbiamo sentito, sarà ora in grado di rimuovere le accentuazioni populiste della sua campagna per governare, magari con una visione diversa da quella che anche noi vorremmo, ma con l'equilibrio che richiede il ruolo di presidente degli Stati Uniti d'America?
Nel "discorso del tacchino", come si chiama l'intervento di ringraziamento a chi ha votato il nuovo presidente, Donald Trump è apparso se non già in grado, ma di sicuro voglioso di farlo: ha parlato a tutti e non solo alla sua gente per riunire un Paese diviso.
E se questa, la vittoria di Trump, per le dimensioni dell'avvenimento superiore alla Brexit e al referendum ungherese, fosse non l'esplosione di quello che i politici di mestiere chiamano "populismo" ma il modo per incanalare il mondo verso scelte non fatte solo dalla finanza e dalle varie massonerie globali, qui da noi, nell'Italietta, qualcuno potrà cominciare a pensare: meno male che Grillo c'è, un attore che prova a rompere gli schemi della politica ma rimane se stesso, nel bene e nel male, per carità , per intercettare la gente.
Se non vogliamo solo un Salvini, un politico tradizionale che sa recitare e si trasforma, a seconda del pubblico, da nordista a sudista, da deputato pagato dall'Europa a nazionalista convinto, per gabbare la gente.
C'è di meglio di Grillo?
C'è da sperarlo, sinceramente, e magari anche tra i suoi fan, ma finchè non lo troviamo, lasciamogli intercettare quella gente che in un Paese normale ora sarebbe in piazza a sfasciare tutto.
In passato quella gente ha abbracciato Berlusconi, poi più recentemnte Renzi e i risultati sono davanti agli occhi di tutti.
Gli States, pur di non morire per consunzione pseudo democratica, hanno scelto il rischio di continuare a vivere cambiando le regole del gioco e le reazioni delle borse e dei mercati, di certo non controllati dal "popolo" ma che per un po' almeno incomberanno come una minaccia sulla gente, dimsotrano che ci sono altri, oltre a Hillary, che non ci vogliono stare alle nuove regole.
Da sempre, però, la speranza è migliore della morte, perchè, se non altro, fa vivere meglio in attesa dell'atto finale, che esiste pragmaticamente per l'uomo, ma non, ineluttabilmente e dogmaticamente a breve, per l'umanità .
P.S. delle 9.44. Se crediamo di più al Barack Obama che ha storicamente condannato Hillary Clinton alla fine politica, prima di Trump, piuttosto che al presidente uscente che ha "dovuto" sostenerla in campagna elettorale, la speranza rimarrà forte anche per chi pensa che la vittoria di Trump sia "la" soluzione ma il passaggio obbligato per far tornare al centro della vita umana la politica vera, fatta di discussioni e voti e non di interessi dominanti.
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