Inchieste |

Gli scacciacrisi

Di Luca Matteazzi Martedi 10 Febbraio 2009 alle 19:01 | 0 commenti

Aziende che crescono, propongono nuovi prodotti, conquistano nuovi mercati.

Dalla metalmeccanica alla serigrafia, storie di imprese che non sentono la crisi

 

Un noto proverbio dice che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. E anche se in questo momento, nel vicentino, gli alberi che cadono sono numerosi come una foresta (o quasi), ce ne sono molti altri che, in silenzio, continuano a crescere senza troppi problemi. Fuor di metafora, anche in un momento di crisi come non si vedeva da anni, non è così difficile trovare aziende che crescono, aumentano i fatturati, allargano i proprio mercati. O almeno mantengono le posizioni. Fanno certamente meno notizia di chiusure, licenziamenti e procedure di cassa integrazione, ma ci sono. E non sono nemmeno così poche.

 

"Dipende molto dai parametri che si prendono come riferimento - spiega il presidente di Apindustria Filippo De Marchi -. Se guardiamo alle percentuali è vero che c'è un calo, ma se consideriamo invece i valori assoluti di fatturato e produzione, il calo è molto basso e siamo sempre su valori molto elevati. Le aziende stanno lavorando, magari siamo passati dalle ore di straordinario a qualche giornata di ferie, ma il sistema non si è fermato". Ci sono settori che risentono più di altri della battuta d'arresto dell'economia, ma ci sono anche molte realtà che hanno trovato prodotti nuovi o mercati inaspettati (i paesi arabi, il Sudafrica, il Brasile, ad esempio). E che ottengono risultati incoraggianti nonostante il clima di generale incertezza. "Il problema è che, per assurdo, con l'aria che tira anche chi potrebbe investire, in macchinari, in immobili, in personale, non lo fa. E questo è un problema" osserva De Marchi. Che poi aggiunge. "Le aziende che lavorano bene sono soprattutto quelle che hanno un prodotto proprio, e che quindi possono studiare delle innovazioni di prodotto oppure andare alla ricerca di nuovi mercati. I contoterzisti che sono inseriti in una filiera sono invece i più in difficoltà, perché il loro è il primo meccanismo a fermarsi". E le storie che abbiamo raccolto confermano le sue parole.

 

Piccola, flessibile e internazionale

"Ogni tanto mi domando quando arriverà anche da noi l'onda lunga della crisi: speriamo mai, perché per ora non ce ne siamo proprio accorti". Giuseppe Simonato è il presidente della Varel, una piccola azienda di Camisano che si occupa di sistemi di rifasamento di impianti elettrici. Per i non addetti ai lavori, si tratta di creare dei sistemi capaci di ridurre o eliminare le distorsioni delle linee elettriche causate dall'uso di grossi macchinari. "In pratica quello che facciamo noi è un sistema per ottimizzare i consumi e ridurre i costi - spiega Simonato -. È come se la quantità di energia che un'azienda usa fosse un bicchiere di birra: che sia pieno di liquido o che sia pieno di schiuma, uno deve pagare sempre la stessa cifra. Ecco, noi lavoriamo per eliminare la schiuma".

Per le persone che lavorano alla Varel - una decina scarsa tra soci e dipendenti - il 2008 è stato un anno da incorniciare. Mentre in giro si moltiplicano i segnali di difficoltà, loro hanno chiuso il bilancio attorno a 1,2 milioni di euro, con un incremento del 20 per cento rispetto all'anno prima. E il 2009 è cominciato allo stesso modo: "Rispetto a gennaio 2008 abbiamo fatto il 100 per cento in più - osserva Simonato -; proprio l'altro giorno un nostro distributore francese mi ha detto che se questa è la crisi, ben venga la crisi. Quello che ci manca, caso mai, è la prospettiva futura, nel senso che abbiamo ordini solo per un periodo limitato di tempo. Ma ormai navigare a vista è la regola".

Per capire come è stato possibile tutto ciò bisogna fare un salto indietro al 2005, quando la Varel ha cambiato la propria strategia e ha iniziato un percorso di riorganizzazione che è alla base dei buoni risultati di oggi. "In realtà oggi fatturiamo più o meno come nel 2005 - continua il presidente -: ma allora perdevamo un sacco di soldi, adesso no". In questi quattro anni, in effetti, sono cambiate molte cose. Prima fra tutte, il mercato: la Varel ha puntato molto sull'estero ("Nel 2005 avevamo il 2 per cento di export, adesso siamo al 70 per cento"), riuscendo ad infilarsi anche in mercati ostici come quello francese o tedesco. Questo le ha permesso di allargare enormemente il proprio bacino di possibili clienti, e di avere relazioni più solide rispetto a quelle tipiche dell'economia italiana: "Tanto per fare un esempio, all'estero pagano prima rispetto ai novanta giorni che ci sono da noi", chiosa Simonato. Che subito dopo aggiunge: "Secondo me ci siamo riusciti perché abbiamo una cura maniacale del cliente: oggi i clienti riesci a tenerteli solo se non fai cazzate, e io ho sempre sostenuto che il cliente è quello che ci paga lo stipendio, non un pollo da spennare".

Per la ditta di Camisano, del resto, puntare tutto su affidabilità e servizi era una scelta quasi obbligata, visto che sul prodotto non è che si potesse innovare più di tanto. "Il nostro è un mercato maturo, in cui non c'è una grande evoluzione tecnologica: si sa che i problemi di rifasamento si risolvono con i condensatori, punto. Un po' come i frigoriferi: cambia la veste, ma la sostanza è sempre quella".

Se a tutto questo si aggiunge il vantaggio di una struttura piccola e flessibile, il gioco è fatto. "Noi facciamo la progettazione e l'assemblaggio, mentre per la produzione dei componenti ci rivolgiamo all'esterno. È una struttura leggera e flessibile, che ci permette di adeguarci alle oscillazioni del mercato. E che in questo momento ci aiuta. Guardi, io non mi sento di dire che sono bravo. Su alcune cose sono stato anche fortunato, ad esempio nel 2008 non abbiamo avuto un solo euro di insoluto. Però posso dire di aver fatto sempre tutto il possibile per i miei clienti e la mia azienda". E i suoi clienti, a guardare i numeri, la pensano proprio come lui.

 

 

La via dell'alta qualità

Sono partiti quarant'anni fa facendo ingranaggi per carriole. Adesso i loro pezzi sono all'interno dei meccanismi più sofisticati, dalle pale eoliche ai macchinari per la produzione di farmaci. La 3F di Carrè è una ditta metalmeccanica specializzata in ingranaggi di alta qualità che negli ultimi cinque ha avuto un trend di crescita costantemente a due cifre. Merito di una passaggio generazionale già effettuato - Antonio Fabris, uno dei fondatori dell'azienda, è ancora al lavoro, ma i suoi due figli sono perfettamente inseriti nell'organigramma - e ad una strategia accorta basata su alcuni punti fermi. Primo fra tutti, la qualità del prodotto. "La nostra è una lavorazione ad alta tecnologia, e per questo abbiamo investito molto in macchinari e nella formazione del personale, mettendo a capo di ogni settore dei lavoratori altamente specializzati - spiega Fabris -. Del resto avere lavoratori competenti vuol dire assicurarsi il mercato: uno sbaglio può capitare, è nella natura delle cose, ma se sbagli due volte perdi il cliente".

Un'altra scelta strategica è stata quella di puntare su una selezione attenta della clientela. "Ad un certo punto ho dovuto scegliere - continua Fabris -: o mi buttavo sui grandi numeri, ma non mi piaceva, perché voleva dire mettersi completamente nelle mani del cliente, o mi specializzavo nell'alta qualità e nella completezza del servizio. Ho scelto la seconda strada, e questo mi permette oggi di avere una clientela selezionata e affidabile. Non solo: noi facciamo pochi pezzi per un grande numero di aziende, e anche questo è voluto; ho sempre pensato, infatti, che così sarei stato più tranquillo nei momenti di difficoltà, perché è difficile che si fermi tutto il mercato. Ed è proprio quello che accaduto". Insomma, meglio avere tanti piccoli clienti che pochi e grossi. E infatti la 3F si è tenuta fuori dal settore dell'auto e da quello del tessile, che negli anni scorsi assicuravano commesse importanti ma che adesso sono bloccati. E ha puntato invece sull'eolico, sul farmaceutico, sulle macchine utensili ad alta specializzazione.

Come per la Varel, inoltre, anche per l'azienda di Carré la flessibilità è una carta vincente. In azienda si producono le parti con i contenuti tecnologici più elevati; il resto viene acquistato all'esterno, sfruttando il fatto che nel raggio di una decina di chilometri si trovano tutti i componenti di cui si ha bisogno. "Questo mi consente di essere più elastico - aggiunge il presidente -. E al tempo stesso i lavoratori si concentrano solo sul loro compito, migliorando la propria specializzazione".

E i rapporti con le banche, tasto notoriamente dolente per moltissime piccole e medie imprese? "Per noi nessun problema, anzi, c'è la fila per averci come clienti - conclude Fabris -. Per arrivare a questo è stato fondamentale capitalizzare l'azienda negli anni scorsi: i soldi vanno usati con misura, anche quando ce ne sono tanti, e gli utili vanno reinvestiti nell'azienda. Io ho sempre detto che la formula giusta è quella che prevede un'azienda ricca e un imprenditore povero. Così le cose funzionano. Se invece l'imprenditore è ricco e l'azienda è povera, non vedo un grande futuro". La sensazione è che, guardandosi attorno, sia la seconda condizione a prevalere.

 

 

Tradizione e innovazione

"L'aspetto psicologico è fondamentale. Noi abbiamo lavorato moltissimo sulla formazione, e in azienda voglio solo pensieri positivi: la crisi non deve essere sentita come una minaccia, ma come un'opportunità. So che può sembrare una frase fatta, ma è la verità". Rosalba Ferappi insiste molto sull'importanza di affrontare questo periodo nero, economicamente parlando, con la giusta attitudine mentale. Ma, per quanto possa essere cruciale, il pensiero positivo non è di certo l'unico elemento ad aver permesso alla serigrafia di famiglia che lei conduce insieme ai fratelli Franco e Claudia di chiudere il 2008 con una crescita a doppia cifra. "Avere sessant'anni di esperienza alle spalle ci ha aiutato molto, così come il fatto di essere tre fratelli molto uniti", aggiunge. E i "segreti" non finiscono qui.

L'attività della Ferappi, uno stabilimento che dà lavoro ad una trentina di persone nel cuore di Creazzo, si concentra su due linee. Da una lato c'è tutto quanto riguarda la stampa su carta, con un occhio di riguardo per il mondo dell'editoria di pregio. "Cerchiamo di nobilitare la carta con effetti particolari - spiega la signora Ferappi -. ad esempio la stampa in rilievo, la stampa coprente, i glitter, cioè i colori che vengono fuori con il sole, gli effetti metallizzati, i colori fluorescenti e molto altro". Si inserisce in questo contesto la stampa del Breviario Grimani per conto dei tipi della Salerno editore: un raro e prezioso codice miniato del rinascimento fiammingo conservato alla Biblioteca Marciana di Venezia, che ora verrà stampato in circa 800 copie anche grazie al contributo della Ferappi, che dopo mesi di studio è riuscita a riprodurre in modo assolutamente fedele l'oro delle tavole in rilevo.

Dall'altra c'è il settore dedicato alla comunicazione aziendale, ai materiali pubblicitari, ai cartelloni, alle insegne. Così, nel vasto catalogo della serigrafia si può trovare un po' di tutto; dalle riproduzioni di codici miniati che sembrano uscire dalla biblioteca di un'antica abbazia all'accessorio per ufficio dall'aspetto futuristico. Dagli specchi da bar con i marchi delle maggiori case di birra agli adesivi autoincollanti che negli ultimi anni hanno fatto capolino sulle vetrine di tutte le più grandi catene di abbigliamento italiane, da Benetton a Prenatal a Golden Lady. "Questo è stato un prodotto che abbiamo lanciato qualche anno fa, e che ha avuto un successo enorme: perché è un'idea nuova, e molto semplice".

In tutti i casi una tecnica antica, per certi versi anche antiquata, come la serigrafia, si combina con una buona dose di inventiva e con lo sforzo di offrire continuamente prodotti nuovi e accattivanti. "Abbiamo l'esperienza e la storia per mettere mano a progetti arditi, come quello del Brevirio Grimani - riprende la signora Ferappi -. Con la serigrafia si può stampare su qualsiasi materiale, e noi cerchiamo di fare le cose che si fanno da tempo in modo nuovo, spingendoci sempre oltre. E cercando sempre il massimo della qualità". Il tutto, ovviamente, con un occhio di riguardo al prezzo e al contenimento dei costi. "Perché la qualità serve, ma poi tutti guardano il costo", aggiunge. E con la consapevolezza che non ci si può mai fermare: "Purtroppo ci copiano spesso. Ma anche questo deve essere uno stimolo a migliorarci continuamente", conclude.

Leggi tutti gli articoli su: crisi, economia, ferappi, De Marchi, Apindustria, 3F, Varel

Commenti

Ancora nessun commento.
Aggiungi commento

Accedi per inserire un commento

Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.





Commenti degli utenti

Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
Gli altri siti del nostro network