Il Sole 24 Ore su BPVi ha imbufalito Zigliotto, presidente confindustriale nel Cda della banca
Domenica 2 Novembre 2014 alle 11:17 | 0 commenti
Il 26 ottobre scorso BCE e Bankitalia hanno emesso i loro verdetti sulla solidità della banche italiane "sotto stress". Oltre alle discussioni sulla maggiore o minore validità dell'esame, abbiamo ospitato qui, e non si poteva fare diversamente, i verdetti ufficiali, che sono stati da noi riportati in dettaglio per la Banca Popolare di Vicenza e per la montebellunese Veneto Banca, i due istituti più legati al nostro territorio insieme al Banco Popolare con sede Verona.
Abbiamo anche provato a riassumere le pagelle, sempre sulla base delle comunicazioni ufficiali, così: «Le tre promozioni ottenute (rispettivamente da Banco Popolare, Veneto Banca e Banaca Popolare di Vicenza, ndr) con un 7 meno, un 6 meno e una sufficienza conquistata dopo le domande di riparazione, per le quali cui Zonin & c. si erano comunque, ben preparati, da un lato tranquillizza il mondo bancario veneto, dall'altro richiederà riflessioni successive per capire se saranno un elemento di ripartenza per l'economia e la finanza veneta o se porranno ulteriori, prudenziali vincoli sulla ripresa delle attività ».
Fin qui la cronaca iniziale, che, però, si è presto arricchita riguardo alle osservazioni non esaltanti sulla BPVi dei virulenti attacchi fatti da Giuseppe Zigliotto, presidente di Confindustria Vicenza, riportati con doviziosa condiscendenza su Il Giornale di Vicenza, che a Confindustria Vicenza e Verona appartiene e rimbalzati anche su altri media e di cui abbiamo riferito per dare voce anche al sior Bepi confindustriale.
Attacchi a chi?
Tranquilli, stavolta non a noi, che non siamo stati ammessi a Confindustria per non corrispondere al "codice etico", a cui probabilmente meglio si attengono ben altri imprenditori, come Maltauro.
Ma la virulenza era diretta contro, ops, Il Sole 24 Ore, il "quotidiano economico finanziario" per antonomasia, leader in Italia e tra i più prestigiosi al mondo, che si era permesso di dedicare un paginone, proprio il 27 ottobre, in cui c'è anche un'inchiesta di Claudio Gatti che, scriveva VeneziePost come al link precedente su "altri media", «non fa sconti di nessun tipo all'istituto di credito vicentino...
Perché Gatti ha elencato anomalie di ogni tipo. A partire dalla testimonianza di Paolo Trentin, imprenditore di Schio che ha una ditta di imballaggi e spedizioni e che dichiara di aver ricevuto "ripetutamente" offerte da parte di Bpvi affinché acquistasse azioni, dopodiché, a seguito dei suoi rifiuti, gli sono stati "ridotti gli affidamenti". Fino alla querelle sul valore delle azioni stesse, con Gatti che chiede al professor Francesco Montemè della Bocconi - uno degli esperti che ha attribuito al titolo il valore di 62,5 euro - come sia possibile che la quotazione non sia stata svalutata alla luce di risultati inferiori alle attese, e in cambio riceve risposte piuttosto evasive... Ma se il valore del titolo resta un neo scoperto di tutte le popolari non quotate, più strano è invece che non siano stati svalutati gli avviamenti per 927,5 milioni sugli sportelli Ubi nelle province di Brescia e Bergamo acquisiti nel 2007: ... A ciò si aggiunga l'elenco dei legami tra Bpvi e Bankitalia, più un box in cui Gatti enumera quelli che a suo giudizio sono gli strani incroci, al limite del conflitto d'interessi, tra il Gianni Zonin banchiere e il Gianni Zonin imprenditore...».
Abbiamo riferito, doverosamente, delle perplessità e delle ragioni, in parte condivisibili, del buon Zigliotto a difesa dell'Istituto vicentino, ma siccome Il Sole 24 Ore è pur sempre di Confindustria, per giunta quella nazionale e, quindi, ben più rappresentativo (e informato e "informante") di quella locale e del suo foglio vicentino, oggi pubblichiamo a seguire e a beneficio del libero arbitrio dei nostri lettori, molti dei quali, come noi titolari di rapporti bancari e/o finanziari con la BPVi, tre dei quattro articoli che hanno scandalizzato il "legale rappresentante" della proprietà del quotidiano vicentino in quanto leader degli imprenditori locali.
Degli «strani incroci, al limite del conflitto d'interessi, tra il Gianni Zonin banchiere e il Gianni Zonin imprenditore...», di cui si legge nel quarto articolo di Gatti, «la parte in cui si accusa Gianni Zonin di asservire la banca agli interessi suoi personali - dice Zigliotto sensibilmente contrariato - è non solo di cattivo gusto, ma anche piena di errori...».
In attesa di pubblicarlo per completare la documentazione sullo "scontro interno" tra organi confindustriali, cosa che faremo dopo qualche verifica sugli eventuali errori, che non ci risultano evidenziati in altre sedi ma che Zigliotto non ha espliciato coem pure ci saremo aspettati che facesse per dare credbiità a tutto il suo ragionamento, una annotazione (etica?) la facciamo noi al presidente della locale associazione egli industriali.
Ma lui, a noi pare di... ricordarlo, a differenza del GdV, non è dal 2003 nel CDA della BPVi, dove è stato raggiunto recentemente da Roberto Zuccato, suo socio oltre che predecessore a Vicenza e ora presidente di Confindustria Veneto?
Nulla di questo è ilecito, ma se parliamo di conflitti di interessi, per verificarli magari solo deontologicamente, Giuseppe Zigliotto fa parte dei vertici di BPVi, che lecitamente difende, ma il collega Claudio Gatti non fa parte nè del Cda dell'editrice de Il Sole 24 Ore nè dei vertici della proprietà , Confindustria.
Così, a naso, propenderemmo per una maggiore libertà di opinione di Gatti - Il Sole rispetto a Zigliotto- GdV.
Se «mi sbaglio, mi corrigerà », caro presidente confindustriale che punta a...
Il resto alla prossima puntata, ce comunque non sarà l'ultima.
Ecco gli articoli
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Speciale grande esame Bce
Vicenza supera l'esame con il bond
La decisione del cda di sabato di anticipare la conversione ha portato un contributo di oltre 250 milioni
Katy Mandurino
VICENZA
Nonostante la Bce abbia inserito la Banca Popolare di Vicenza tra quelle in "difetto di capitale", l'istituto vicentino può dirsi in regola rispetto ai criteri di Banca d'Italia e considerare positivo l'esito dell'esercizio di comprehensive assessment messo in atto dalla Banca centrale europea in collaborazione con l'Eba.
Le azioni di patrimonializzazione intraprese nel corso del 2014, che si concluderanno nel 2015, non rendono necessaria nessuna ulteriore esigenza di capitale. La Bce, che ha valutato solo gli aumenti di capitale già conclusi, si affiderà dunque al giudizio di Banca d'Italia.
La Popolare di Vicenza raccoglie i frutti di due anni di iniziative di patrimonializzazione, una corsa contro il tempo che ha portato alla sottoscrizione di aumenti di capitale per complessivi 1,2 miliardi di euro. Capitali che, rispetto allo scenario di inizio anno, quando l'istituto sembrava in grado di acquisire altre popolari italiane (da Veneto Banca all'Etruria), si sono rivelati invece sufficienti solamente per la "salvezza".
Nel giugno del 2013 è stato varato un aumento di capitale per 253 milioni di euro; nel luglio dello stesso anno la popolare ha deliberato l'emissione di un prestito obbligazionario convertibile (soft mandatory) per altri 253 milioni (emissione che si concluderà nel maggio del 2015, decisione presa solo sabato scorso). Nel 2014 è stato approvato un altro aumento di capitale per 608 milioni di euro ed è stato aperto il libro soci per 300 milioni (di cui circa 50 milioni già realizzati).
Le azioni di rafforzamento hanno portato il patrimonio netto da 3.321 milioni di fine 2012 a 4.312 milioni dello scorso agosto e il numero dei soci da 73mila agli attuali 110mila. Questi numeri, che posizionerebbero il Cet1 ratio di Banca popolare di Vicenza a giugno 2014 al 10,67% (includendo l'aumento di capitale di 608 milioni concluso nel mese di agosto), hanno permesso di superare i test della Bce: i risultati relativi all'attività di Asset quality review hanno evidenziato un'eccedenza pari a 340 milioni di euro, mentre dall'esercizio di stress test emerge una carenza tecnica patrimoniale pari a 223 milioni di euro, che però è compensata dalla già deliberata conversione del prestito obbligazionario per 253 milioni, la quale porta ad una eccedenza di Cet1 di 30 milioni.
«Questo risultato ci rende particolarmente orgogliosi, confermando la solidità della Banca che è andata sempre più rafforzandosi negli ultimi anni - ha dichiarato il presiedente di Popolare di Vicenza Gianni Zonin -. D'ora in avanti si aprono nuove sfide, in un mercato sempre più allargato, nel quale la Banca Popolare di Vicenza vuole continuare a ricoprire un ruolo da protagonista, per poter dare sempre maggiori soddisfazioni ai propri Soci, ai propri clienti e ai propri dipendenti».
«Negli ultimi quattro anni - ha aggiunto il direttore generale Samuele Sorato - abbiamo erogato nuovi impieghi per 11,5 miliardi di euro, con una crescita media annua degli impieghi dal 2001 a giugno 2014 pari al 5,8% rispetto all'1,3% del sistema bancario italiano, un contributo prezioso per il sostegno dell'economia reale che ha salvato migliaia di piccole e medie aziende e con loro un numero ancora di lavoratori». «Eravamo consapevoli - conclude Sorato - che far impieghi in un momento di crisi economica avrebbe comportato un forte assorbimento di capitale, così come il rischio di dover registrare nuove sofferenze di bilancio e un maggiore impegno negli stress test, ma abbiamo voluto fortemente mantenere il nostro ruolo di banca al servizio dell'economia reale».
L'indirizzo delineato dal Consiglio di amministrazione ha consentito alla banca di incrementare le quote di mercato, di acquisire nuovi clienti e nuovi soci. La maggiore focalizzazione su un segmento di clientela, come le piccole e medie imprese, più esposto al negativo andamento congiunturale, ha comportato per la Banca Popolare di Vicenza una maggiore pressione nell'effettuazione dell'esercizio di Comprehensive Assessment.
L'INCHIESTA / Bpvi e aumento di capitale
Il faro Bce e le mosse in extremis
Claudio Gatti
La Banca popolare di Vicenza è tra gli istituti di credito italiano che non hanno superato il Comprehensive Assessment della Banca centrale europea. Ma la Banca d'Italia ha annunciato che la banca vicentina si è riuscita a salvare dalla bocciatura grazie a una misura sul capitale presa dopo il termine del 30 settembre scorso previsto dalla Bce per il suo esercizio contabile.
Claudio Gatti
Sulla base dell'«irrevocabile conversione» di un bond di 253 milioni decisa da Bpvi sabato sera con un Cda d'emergenza convocato il giorno prima della comunicazione ufficiale dei risultati dell'esercizio europeo, Palazzo Koch ha calcolato che l'istituto vicentino sarà in grado di superare per il rotto della cuffia quel 5,5% di rapporto tra capitale utile e attività ponderate per il rischio che la Bce aveva stabilito come soglia minima in condizioni di stress.
In un suo comunicato l'istituto vicentino ha definito «positivo» l'esito dell'esame europeo, spiegando di aver colmato la propria «carenza tecnica grazie alle iniziative di capitale realizzate nel 2013 e 2014», inclusa la conversione del suddetto prestito obbligazionario.
A il Sole 24 Ore risulta invece che l'esercizio della Bce abbia fatto emergere criticità nell'aumento di capitale concluso pochi mesi fa dalla maggiore banca non quotata italiana. La Bce ha infatti formalmente confutato i dati di quell'aumento. In particolare Francoforte ha contestato l'inclusione nel capitale utile ai fini del superamento dell'esame di un fondo destinato al riacquisto dalla clientela di azioni proprie collocate questa primavera.
E poiché il riscatto del bond che ha permesso all'istituto vicentino di cavarsela per un pelo sarà «regolato esclusivamente mediante la consegna di azioni» emerge anche la questione del prezzo di conversione di un titolo il cui valore viene da sempre deciso unilateralmente dallo stesso Cda.
L'affiorare di queste problematiche non sorprende Paolo Trentin, imprenditore di Schio attivo nel settore degli imballaggi e delle spedizioni. «Semmai mi sorprende che le modalità usate dalla Popolare di Vicenza per vendere i propri titoli non abbiano destato prima l'attenzione delle autorità », dice Trentin, la cui azienda di famiglia, aperta dal padre nel 1948, aveva il conto numero 1000 della Bpvi. «A noi sono ripetutamente venuti a offrire azioni dell'istituto in cambio di finanziamenti. Io mi sono rifiutato e dopo pochi mesi mi sono stati ridotti gli affidamenti».
Trentin è convinto che il suo non sia stato un episodio isolato. «La mia esperienza porta a pensare che non abbiano fatto così solo con le aziende. Questa primavera un mio dipendente aveva bisogno di un mutuo per l'ampliamento di casa, e quando lo ha chiesto si è sentito dire che se avesse comprato azioni della banca gli avrebbero dato un tasso di favore. Altrimenti il tasso sarebbe stato molto più alto».
Il Sole 24 Ore ha chiesto una replica all'istituto vicentino, ma la banca ci ha comunicato di aver «deciso di non rispondere» a nessuna nostra domanda.
Da parte sua, nella lettera agli azionisti del 9 settembre scorso, il presidente dell'istituto Gianni Zonin aveva proclamato «il grande successo» dell'iniziativa di rafforzamento patrimoniale che aveva portato alla sottoscrizione di 608 milioni di euro, «con una domanda ampiamente superiore all'offerta».
«Ci presentiamo oggi all'esame della Bce con la fiducia e la serenità che deriva dall'importante rafforzamento patrimoniale del recente aumento di capitale», Zonin aveva poi commentato in occasione della presentazione della semestrale.
Ma già allora l'entusiasmo di queste dichiarazioni era minato da alcuni dati. Innanzitutto era evidente già allora l'anomalia del fondo di acquisto di azioni proprie: nonostante la banca avesse appena concluso un aumento di capitale di notevole portata, al 30 giugno risultava avere in portafoglio oltre due milioni di azioni. Per un valore di oltre 120 milioni di euro. Il che confermava la voce che da anni gira a Vicenza e dintorni: che i titoli dell'istituto siano difficili da rivendere.
Non basta: un'analisi comparata dei numeri della semestrale fatta da esperti consultati da il Sole 24 Ore attesta che alcuni parametri fondamentali della banca vicentina sono peggiori di quelli di quasi tutte le altre maggiori banche italiane. La copertura delle sofferenze della Bpvi è per esempio del 44% contro una media del 58%, mentre quella degli incagli è del 15% contro una media del 26.
Che l'ultimo (ed ennesimo) aumento di capitale deciso a febbraio dal Cda di Bpvi comportasse rischi per gli aderenti lo diceva la stessa «Nota di sintesi» depositata presso la Consob. Se messe insieme, le criticità citate tra le righe formavano un lungo l'elenco.
«I livelli di copertura dei crediti del Gruppo Bpvi si attestano su valori inferiori a quelli medi di sistema», si leggeva. Dopodiché veniva citato il fatto che «nel Bilancio Consolidato 2013 sono iscritti avviamenti per 927,5 milioni principalmente riconducibili agli sportelli bancari acquisiti dal Gruppo Ubi nel 2007». La cifra non era commentata ma agli addetti ai lavori risulta evidente che avviamenti di quella portata, rimasti in bilancio al prezzo iniziale senza significativi ammortamenti, sono eccessivi per quei piccoli sportelli di provincia a Brescia e Bergamo acquisiti da Ubi.
Apertamente dichiarati in quella Nota alla Consob erano inoltre rischi come quello della liquidità delle azioni: «Le contrattazioni relative alle azioni potrebbero risultare difficoltose poiché le proposte di vendita potrebbero non trovare nell'immediato controparti disponibili all'acquisto». Un altro rischio era dato dalle nuove obbligazioni che «non beneficiano di alcuna garanzia reale ovvero di alcuna garanzia personale da parte di soggetti terzi».
Sottolineato infine era lo stesso rischio dato dalle «condizioni economiche delle offerte». «Il Prezzo di Offerta (...) è pari a Euro 62,50 per ciascuna Azione, determinato in data 15 aprile 2014 dal Consiglio di Amministrazione», si legge nella Nota, che continua: «Il prezzo (...) evidenzia (...) un disallineamento rispetto ai multipli di mercato di un campione di banche con azioni quotate, in ragione del fatto che il valore delle azioni dell'Emittente viene determinato annualmente dall'assemblea dei soci annualmente e non in un mercato regolamentato». In pratica si faceva notare che il multiplo di Bpvi era il doppio di quello degli istituti di credito quotati.
Su questo punto il presidente Gianni Zonin ha ripetutamente espresso la convinzione che occorre «tenere conto che ci sono elementi, non sempre correttamente valutati dal mercato, ma che hanno un valore: il marchio, la storia, la fiducia che sa esprimere una banca come la nostra». Ma visti i valori che emergono dall'ultima semestrale, la questione dell'unilateralità della valutazione del titolo è invece chiaramente spinosa. E merita un approfondimento.
Dalla suddetta «Nota di sintesi» risulta che per l'aumento di capitale quel compito era stato affidato a Mauro Bini, professore della Bocconi esperto in valutazioni d'impresa. Il quale aveva confermato al centesimo la valutazione di 62,50 euro ad azione fatta l'anno prima da un altro consulente. Alla stessa identica cifra era poi arrivato più recentemente anche Francesco Momenté, altro professore di Finanza Aziendale della Bocconi.
Tre esperti che in tre momenti diversi confermano la stessa cifra, potrebbero rappresentare una garanzia. Se non fosse che in questi ultimi 15 mesi sia i fondamentali sia il Piano strategico della banca sono cambiati radicalmente (vedi box). Il che solleva il dubbio dell'autoreferenzialità di quelle valutazioni.
«Che Bpvi si autovalutasse 1,43 volte l'equity, quando i mercati valutavano le banche quotate italiane la metà , è fuori dal mondo. Emettere azioni a 62,50 euro, significava valutarla 5,2 miliardi prima dell'aumento. A titolo di raffronto, Ubibanca, con un margine di intermediazione tre volte superiore e quasi il triplo degli sportelli, sul mercato valeva meno del 17% in più», osserva l'ex commissario Consob Salvatore Bragantini.
Sorge qui la questione delle autorità di vigilanza. Secondo Bragantini «se gli investitori fanno un affare o no non è di pertinenza della Banca d'Italia, ma Consob? È lei a dover indagare sui modi in cui un prodotto così palesemente fuori mercato viene collocato alla clientela».
Certo è che la Popolare di Vicenza ha sempre fatto il possibile per mantenere ottimi rapporti con i suoi controllanti. A Vicenza a nessuno è passato inosservato l'acquisto del prestigioso Palazzo Repeta, storica sede di Banca d'Italia che la banca centrale è stata costretto a lasciar chiuso per 5 anni perché non riusciva a venderlo. Fino alla scorsa primavera, quando si è fatta avanti la Popolare per comprarlo, si dice, al prezzo richiesto di 9 milioni (abbiamo chiesto conferma del prezzo all'istituto vicentino ma, come detto, non ci è stata fornita risposta).
Oltre ad avere come vice-presidente l'ex ragioniere di Stato Andrea Monorchio, in primavera la banca vicentina ha fatto un altro acquisto di peso: Gianandrea Falchi, capo della segreteria particolare di Mario Draghi quando questi era Governatore. A Il Sole 24 Ore risulta che Falchi abbia un sontuoso ufficio nel palazzo di Largo Tritone recentemente acquistato dalla Bpvi nel pieno centro di Roma e un pacchetto di remunerazione quantificato in 300mila euro con tanto di macchina e autista (neppure su questo la Bpvi ha voluto dare conferme o smentite).
Il ruolo di Falchi è di «consigliere alle relazioni istituzionali e internazionali». Insomma, ha un compito di rappresentanza simile a quello che per anni ha ricoperto in Banca d'Italia. Che sicuramente sarà stato messo a dura prova in questi ultimi, agitatissimi giorni di "negoziati" con le autorità centrali di Francoforte e Roma.
L'intervista. Francesco Momenté
L'esperto che ha valutato il titolo: «Azioni non care, focus sul piano»
Nel 2012, quando il Piano strategico della Bpvi prevedeva miglioramenti rispetto all'anno precedente mai concretizzatisi, il titolo era valutato a 62,50. Adesso che quel piano si è dimostrato irrealistico il valore è rimasto lo stesso.
La società non è quotata e quindi la valutazione ha natura fondamentale. Non è il prezzo volatile dato dal mercato ma è basato su valori fondamentali. Sono due cose completamente diverse. I fondamentali guardano il piano futuro. Se fossi un trader chiaramente mi baserei sui multipli di Borsa, ma un investitore fondamentale si basa più su capacità di reddito a medio e lungo termine.
Ma le previsioni di medio e lungo termine del piano si sono dimostrate non realistiche!
È stato fatto un nuovo piano che io ho usato. Ma siccome è riservato non posso dire nulla su quello.
E se lei fosse un analista riterrebbe queste valutazioni coerenti con la realtà ?
L'azione per me valeva quello che ho concluso.
Quindi esattamente la stessa cifra stabilita l'anno prima, quando i risultati erano decisamente migliori e il costo del credito era della metà ?
Io ho dato una valutazione a fini fiscali. Serve solo a soci per fare la dichiarazione del costo di carico a fini fiscali. Quel valore diventa il costo di carico per i soci.
Lei quanto è stato pagato per questa perizia?
Questo non posso dirlo. C'è un fatto di riservatezza su tutto. Non posso dire né quello che ho fatto né quello che sono stato pagato.
C.G.
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