Gianni Zonin potrebbe tornare ai vertici della BPVi con Consoli in Veneto Banca: Padoan ritarda decreto su "onorabilità"
Mercoledi 24 Agosto 2016 alle 09:11 | 0 commenti
 
				
		
		di  Giorgio Meletti da Il Fatto Quotidiano
Una direttiva UE fissa criteri severi per l'onorabilità dei banchieri, ma da oltre un anno il ministro non la rende esecutiva. In tanti restano in sella, Zonin e Consoli potrebbero perfino tornare. Perché Vincenzo Consoli è stato arrestato il 2 agosto e Gianni Zonin lo hanno lasciato serenamente in ferie a Panarea? Protestano per la disparità di trattamento gli amici dell'uomo che ha distrutto 5 miliardi di capitale a Montebelluna come i nemici del viticoltore accusato di aver polverizzato 6 miliardi a Vicenza. La lite è solo un'amenità agostana, c'entra poco con il diritto. Più interessante è scoprire che oggi nessuna regola impedirebbe ad Alessandro Penati, azionista con il fondo Atlante delle due ex popolari venete, di rinominare i due al vertice delle loro creature.		
E Andrea Nicastro, che guida la nuova Banca Etruria, potrebbe perfino  rimettere al suo posto Pier Luigi Boschi, papà di Maria Elena, a Banca  Etruria. Tra le ragioni che mandano a gambe all'aria una banca dopo  l'altra ci sono anche certi preziosismi del potere.
Nel maggio 2015 il  governo ha recepito con la solita calma la direttiva Ue Crd4, che fissa  per i banchieri requisiti di onorabilità più severi. La norma demanda  al ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan un decreto attuativo da  emanare "sentita la Banca d'Italia". Via Nazionale non è stata ancora  sentita. Circola il fatidico "ci stiamo lavorando". E ci mancherebbe: la  direttiva è lì che aspetta da tre anni. Sciatteria burocratica? Magari.  Il governo, bloccando di fatto le nuove regole, sta tenendo un sacco di  gente aggrappata alla poltrona. La Banca d'Italia non fiata. Senza  regole certe vige il potere discrezionale che a volte per la Vigilanza  di palazzo Koch diventa arbitrio. Basti pensare che, con lo stesso  decreto legislativo n.72/2015, il governatore Ignazio Visco ha ottenuto  il potere di cacciare i banchieri che siano "di pregiudizio per la sana e  prudente gestione della banca". Lo invocava da anni. Quando gli  chiedevano: "Ma tu dov'eri?", lui puntualmente replicava: "Non avevo  poteri".
Bene, appena ottenuto il potere di far fuori i banchieri,  Visco ha lasciato Zonin al vertice della Bpvi, sperando che il suo  ascendente sul popolo veneto aiutasse il nuovo ad Francesco Iorio a  portare a casa il vitale aumento di capitale da 1,5 miliardi. Poi è  arrivato un avviso di garanzia e Zonin si è dimesso sei mesi dopo la  legge che consentiva a Visco di cacciarlo. Il potere di rimozione dei  banchieri è stato usato per la prima volta lo scorso luglio. È stato  fulminato il microscopico Credito di Romagna che vale un centesimo del  Monte dei Paschi. La notizia però non compare nel sito della Banca  d'Italia che preferisce non parlarne, forse per paura che ci si ricordi  del superpotere che adesso ha e non usa.
2,5 miliardi sono i  capitali messi dal fondo misto pubblico privato Atlante, per risollevare  il capitale delle popolari venete andate in dissesto.
Ma la  questione seria è quella dei requisiti di onorabilità. Il vecchio  articolo 26 della legge bancaria prescriveva (anzi, prescrive) per gli  amministratori "requisiti di professionalità, onorabilità e  indipendenza". Acqua fresca: praticamente perdi la poltrona solo in caso  di condanna definitiva, mentre in caso di arresto o di condanna in  primo grado o in appello te la cavi con la sospensione. Se Consoli fosse  ancora al suo posto adesso sarebbe solo sospeso, pronto a tornare in  sella una volta terminata la custodia cautelare.
La nuova legge,  che grazie a Padoan fa per ora solo arredamento, aggiunge all'articolo  26 numerosi altri requisiti. Il più interessante è questo: "Correttezza,  con riguardo, tra l'altro, alle relazioni d'affari dell'esponente, alle  condotte tenute nei confronti delle autorità di vigilanza e alle  sanzioni o misure correttive da queste irrogate, (...) nonché a ogni  altro elemento suscettibile di incidere sulla correttezza  dell'esponente". La correttezza si definisce con una valutazione che ha a  che fare con la reputazione. E infatti tocca ai Cda stessi fare l'esame  di coscienza collettivo per vedere se qualcuno ce l'ha sporca, e in  mancanza spetta alla Banca d'Italia (o alla Bce) mandare a casa gli  impresentabili.
Dopo le Venete ed Etruria & C.
Nell'attesa  restano le vecchie norme all'acqua di rose: c'è lo stop solo con la  condanna definitiva. Il caso si ripropone nella fusione Banco-Bpm.
In  attesa del decreto di Padoan accadono cose strane. In occasione  dell'assemblea di Veneto Banca del 5 maggio scorso la Bce avvertì i soci  che avrebbe vigilato su "professionalità, onorabilità, reputazione,  esperienza, indipendenza, assenza di conflitti di interesse e completa  assenza di legami con le passate esperienze gestionali" degli  amministratori eletti. Poi venne fuori che il nuovo vicepresidente  Gianni Schiavon, quando era presidente del Tribunale di Treviso, aveva  ricevuto sontuosi regali da Consoli. Tutto s'impantanò: la Bce non aveva  in realtà nessun potere, e la maggioranza del consiglio difese Schiavon  dalle critiche del presidente Stefano Ambrosini. Poi è arrivato il  Fondo Atlante che ha cacciato tutti.
Il tema si ripropone adesso  con la fusione tra Banca Popolare di Milano e Banco Popolare. Le due  nubende si sono già spartite le poltrone del futuro cda. La Bpm è un  caso esemplare. Il suo cda, destinato a durare pochissimo, è stato  nominato a maggio, e la verifica dei requisiti di onorabilità è stata  fatta in base alla vecchia normativa. Sono risultati tutti a postissimo.  Anche i tre designati per il consiglio della nuova banca che però hanno  subìto in passato sanzioni dalle autorità di vigilanza (Bankitalia e  Consob). Uno è addirittura a processo per corruzione. In base alla nuova  legge dovrebbero essere mandati a casa tutti e tre? Nessuno? Solo  l'imputato? Non si sa, Padoan deve ancora stabilire i criteri. E così  ognuno continua a fare come gli pare: liberi tutti.
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