Frecce 2011 e abbandono, degrado e morte di un ferroviere senza fissa dimora
Venerdi 28 Ottobre 2011 alle 02:02 | 0 commenti
Riceviamo da Guido Zentile e Irene Rui e pubblichiamo.
Quante volte sentiamo parlare di degrado e di chi ci ricama sopra con appelli alla sicurezza. Più volte anche noi abbiamo usufruito dei mezzi di comunicazione per lanciare l'appello contro il degrado delle nostre stazioni, delle fermate abbandonate, della case cantoniere, o caselli abbandonati, meta di cittadini lasciati per strada dalla crisi industriale ed economica, sfrattati o senza dimora per una situazione famigliare fallita.
Queste situazioni non rappresentano solo degrado fisico o ambientale, ma soprattutto degrado sociale e di questo Rfi non gliene importa, propensa a fare utili e a dare un'immagine di efficienza emarginando i prodotti e la merce di scarto, persone comprese, e a scapito dei propri dipendenti. Lampante è ciò che è accaduto a Bologna Centrale, dove nella mattina "del 24 ottobre è stato ritrovato il corpo senza vita di C.M., 51 anni, ferroviere senza fissa dimora. Come denunciato dalla Uilt Emilia Romagna, il ferroviere è morto in completa solitudine perché "emarginato dalla maggior azienda italiana: il gruppo Fs". C.M. è morto nel gabbiotto di servizio che da qualche tempo era diventato anche il suo alloggio, essendo appunto senza fissa dimora. Dipendente di Rfi, era impiegato alla porta carraia di via Bovi Campeggi, all'entrata del piazzale Ovest della stazione di Bologna Centrale. "A quanto abbiamo capito si è trattato di un malore", aggiunge il segretario Uilt Maurizio Lago, ma C.M. "non ha potuto neanche dare l'allarme perché gli avevano tolto anche il telefono di servizio, per risparmiare sulla manutenzione". Sembra che per attirare l'attenzione C.M. abbia bloccato i cancelli; da tempo "viveva una situazione sociale non facile, senza fissa dimora, la notte dormiva nella sala d'attesa della stazione, sulle panchine del piazzale e spesso utilizzava il gabbiotto come suo alloggio". Alla luce di questa situazione, "continua era la sua richiesta alla dirigenza territoriale di Rfi per l'utilizzo del Ferrhotel, nonché la richiesta di un alloggio di servizio- continua la nota- senza mai aver avuto risposta". Della sua situazione precaria "erano a conoscenza tutti i responsabili aziendali che, anziché agevolare un suo reintegro ed una proficua utilizzazione, lo relegavano ad un'attività ' marginale ed in completa solitudine". Una morte che si poteva evitare dando almeno la disponibilità all'utilizzo di un alloggio di servizio, alloggi che oggi sono tenuti chiusi ed inoccupati". Una mancata concessione che è "figlia della politica del risparmio di questa classe dirigente. Non e' questo il percorso che un'azienda ferroviaria dovrebbe fare.
Una morte che si poteva evitare, come tante altri morti silenziose che si potrebbero evitare anche a Vicenza. Morti che vi possono essere nei lavori appaltati ad imprese che minimizzano i costi a scapito della sicurezza dei lavoratori, sia tra gli sfrattati o senza fissa dimora che potranno pernottare nei casolari ferroviari abbandonati, braccati dalla polizia e nell'indifferenza di tutti.
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