Fiat Melfi, lettera operai a Giorgio Napolitano. "Per farci sentire lavoratori, uomini e padri"
Mercoledi 25 Agosto 2010 alle 00:58 | 0 commenti
Rassegna.it - I tre lavoratori che la Fiat non reintegra in fabbrica a Melfi chiedono aiuto al presidente della Repubblica. "Ci rivolgiamo a Lei perché richiami i protagonisti di questa vicenda al rispetto delle leggi". "Per farci sentire lavoratori, uomini e padri"
I tre operai licenziati dalla Fiat di Melfi, e al centro di un duro braccio di ferro con l'azienda, hanno scritto una lettera al presidente della Repubblica (nella foto al volante della 500 con Luca di Montezemolo, n.d.r.) affermando che vogliono tornare a sentirsi uomini, "non parassiti". "Ci rivolgiamo a Lei, Presidente, perché richiami i protagonisti di questa vicenda al rispetto delle leggi", scrivono Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli chiedendo a Napolitano di intervenire "per farci sentire lavoratori, uomini e padri".
I tre operai ieri hanno detto no alla proposta dell'azienda di farli rientrare nello stabilimento relegandoli, però, in una saletta a fare esclusivamente attività sindacale, lontani 400 metri dall'area di produzione.
"Per l'azienda - scrivono i tre operai - ci saremmo resi responsabili di un reato avendo deliberatamente ostruito il transito a dei carrelli (Agv) che servono la linea di produzione all'interno dello stabilimento. In verità non vi è mai stato alcun blocco dei carrelli da parte nostra e men che mai può ritenersi sussistente alcuna fattispecie delittuosa a nostro carico, così come comprovato dalle testimonianze di tutti i lavoratori presenti in occasione dello sciopero e da tutta la Rsu unitaria. Non si tratta soltanto della nostra versione dei fatti - sottolineano - la quale potrebbe risultare viziata dalla carità di parte, ma di ciò che ha stabilito il Tribunale di Melfi, in funzione di Giudice del lavoro".
Ora "secondo l'azienda - aggiungono - potremmo continuare a percepire la sola retribuzione ma non avremmo il diritto ad essere reintegrati nella nostra postazione lavorativa". "Signor Presidente - prosegue l'appello - per sentirci uomini e non parassiti di questa società vogliamo guadagnarci il pane come ogni padre di famiglia e non percepire la retribuzione senza lavorare. Questo non è mai stato un nostro costume, né come semplici operai né come delegati sindacali aziendali, avendo sempre svolto con diligenza e professionalità il nostro lavoro".
"Ci rivolgiamo a Lei, Presidente, perché richiami i protagonisti di questa vicenda al rispetto delle leggi e perché nel suo ruolo di massima carica dello Stato sia da garanzia del rispetto della democrazia, della Costituzione e dello Stato di diritto in modo da ripristinare e garantire il libero esercizio dei diritti sindacali nonché dei diritti costituzionalmente riconosciuti a tutti, all'interno dello stabilimento Fiat Sata di Melfi".
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