Ex Popolari venete, la proposta di ristoro secondo i risparmiatori istituzionali
Martedi 7 Febbraio 2017 alle 09:36 | 0 commenti
Si profila l’ipotesi di un’inchiesta-spezzatino sul caso di Veneto Banca. I pm di Roma, che procedono soltanto per aggiotaggio e ostacolo all’attività delle autorità di vigilanza, non hanno ancora inviato a Treviso la documentazione relativa agli altri reati (dalla truffa all’estorsione) che emergerebbero dalle centinaia di denunce presentate in questi mesi dai soci di Veneto Banca che si sono visti azzerare il valore delle loro azioni. Un’eventualità che aveva allarmato il procuratore capo trevigiano, Michele Dalla Costa: «Non abbiamo uomini a sufficienza per affrontare una simile indagine, c’è un alto rischio di prescrizione».
In realtà i pm della Capitale, Sabina Calabretta e Stefano Pesci, stanno ancora valutando il da farsi. Dal Palazzo di Giustizia della Capitale filtra però l’ipotesi che i fascicoli non vengano concentrati tutti nella Marca ma «distribuiti» in diverse procure. Significherebbe quindi che gli eventuali reati non si sono consumati nella sede centrale, dove avevano i loro uffici Vincenzo Consoli e gli ex vertici della banca, ma nelle oltre 500 filiali del Gruppo, sparse in tutta Italia. Ne uscirebbe così un’inchiesta in cui la competenza verrebbe ripartita tra decine di tribunali. Nel frattempo continua l’attività riguardante l’offerta di transazione a favore degli azionisti danneggiati dal crollo del valore di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza. A fine gennaio risultava che fossero 25.000 i soci che avevano già firmato l’offerta di ristoro, a fronte di una soglia di fattibilità indicata nell’80% delle azioni. Dopo di allora si sono però tenute due assemblee pubbliche (in 1.200 sabato a Vicenza con «Noi che credevamo nella Bpvi», in 500 domenica a Treviso con Federconsumatori), da cui è emersa l’indisponibilità dei risparmiatori ad accettare quella che hanno definito «un’elemosina». In questo contesto assume dunque rilevanza, sul piano del dibattito pubblico, l’orientamento degli azionisti con incarichi «istituzionali». Il governatore Luca Zaia ha ricordato domenica sera, ospite del Faccia a faccia con Giovanni Minoli su La7, di detenere 500 quote dell’istituto di Montebelluna e 100 del gruppo di Vicenza: «Da azionista di entrambe le banche, un po’ arrabbiato lo sono. Ci ho rimesso 30.000 euro. Mi chiedo dov’era la Banca d’Italia: non ha tutte le colpe, ma aveva l’obbligo della vigilanza». Il leghista precisa di non aver ancora deciso se partecipare all’operazione di ristoro: «Sono così travolto dai problemi della Regione, che non ho ancora preso in mano la questione». Le adesioni potranno essere formalizzate entro il 15 marzo. Ma la senatrice Laura Puppato, a cui sono intestate 300 azioni di Veneto Banca, si è già presa avanti. «Sono andata a firmare ancora una decina di giorni fa — racconta — apprezzando il fatto che, per la prima volta nella storia dell’azionariato italiano, una società che ha messo in forte difficoltà i suoi azionisti propone un intervento per indennizzarli almeno parzialmente. Non era successo né con Parmalat, né con Cirio: lo trovo un gesto dal forte valore simbolico, ma anche pratico, soprattutto per i piccoli risparmiatori». All’epoca dell’acquisto l’esponente del Pd aveva speso circa 10.000 euro, ora ne recupererà non più di 1.700. «Ma l’importante — aggiunge — è che chi ha più bisogno possa ricevere un aiuto». Non tutti però la pensano così. Gian Paolo Gobbo, ex sindaco di Treviso, già segretario nazionale della Liga Veneta e proprietario di 500 azioni a Montebelluna, è perplesso: «Non ho ancora deciso niente, c’è grande confusione. Anche se risarcito, resterei titolare delle azioni e, in caso di bail-in, questo non sarebbe opportuno, perché rischierei di perdere quello che ho nel conto». L’alternativa sarebbe allora vendere le quote, ma è chiaro che non sono tempi. Peraltro pure il suo successore in municipio, il dem Giovanni Manildo (100 azioni di Veneto Banca), fa sapere di essere «dubbioso» e «preoccupato per la situazione generale». Nemmeno la Chiesa è così certa sul da farsi. La diocesi di Vicenza sta valutando l’offerta per la piccola parte delle 26.254 azioni di Bpvi che non è troppo vecchia. Invece le 3.370 quote di Veneto Banca ereditate dal Patriarcato di Venezia rientrerebbero nel periodo valido per la transazione. «Stiamo ancora valutando ma non penso che aderiremo — anticipa il vicario episcopale don Dino Pistolato — per cui non è esclusa un’azione legale. Di solito preferiamo evitare i contenziosi, ma qui dobbiamo tenere in conto la finalità caritativa indicata dal donatore». Notizie migliori da Montebelluna arrivano piuttosto da Fitch. Ieri l’agenzia ha annunciato di aver assegnato il rating a lungo termine pari a BBB+ ai due titoli con garanzia dello Stato, da 3 miliardi complessivi, emessi giovedì scorso. La valutazione segue il BBB già tributato da Dbrs.
Di Angela Pederiva e Andrea Priante, da Corriere del Veneto
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