Eurozona, tutti i rischi del collasso greco
Domenica 3 Gennaio 2010 alle 08:01 | 0 commenti
Deficit e debito pubblico fuori controllo, disoccupazione alle stelle, banche in crisi.
La Grecia sta attraversando una pesantissima crisi economica, che potrebbe innescare un effetto domino in tutta Europa.
Ma proprio per questo il fallimento dello stato ellenico sarà scongiurato
"La Grecia è sull'orlo della bancarotta" scrive senza mezzi termini il Daily Telegraph, celebre quotidiano londinese. Probabilmente non esagera, se pensiamo che il debito pubblico è fuori controllo, l'evasione fiscale ha raggiunto livelli allarmanti e, last but not least, il settore pensionistico è al collasso.
Ma perché i problemi di uno "statarello" di soli 11 milioni di abitanti mettono così in angoscia tutti i mercati finanziari? Semplicemente perché la Grecia adotta come moneta l'euro e, a tutt'oggi, nessuno sa cosa accade quando uno Stato membro dell'eurozona rischia un default.
Ricordiamo, per inciso, che la Grecia era rimasta inizialmente fuori dall'euro in quanto i parametri economici non soddisfacevano le condizioni richieste. Il periodo di "esame" era durato quattro anni dopo di che, nel 2006, anche allo Stato ellenico venne concesso "l'onore" di adottare la moneta unica. Non è mai stato, però, un Paese virtuoso, visto che in questi quattro anni solo in una occasione ha rispettato il patto di stabilità . Inoltre i dati forniti sulla propria situazione finanziaria sono sempre stati accolti con scetticismo dagli altri partner europei.
Si sarebbe portati a pensare che sia opportuno far intervenire Bruxelles, almeno per calmierare la situazione, ma non lo prevedono le norme comunitarie: non possono infatti essere erogati fondi ad uno stato membro per sanare buchi di bilancio.
La situazione
Qualche cifra forse renderà meglio la gravità della situazione: il 2009 terminerà con un deficit di bilancio pari al 13%, nel 2010 il debito pubblico raggiungerà il 125% del Pil, il tasso di disoccupazione giovanile è il più alto d'Europa e quei pochi giovani che trovano lavoro hanno uno stipendio fissato per legge a 715,65 euro.
Da un paio di mesi al Governo sono tornati i socialisti del Pasok di Georges Papandreou che hanno stravinto le elezioni dopo sei anni nei quali la coalizione di centrodestra di Costas Karamanlis (Nea Demokratia) aveva guidato il Paese.
I nomi dei contendenti alla poltrona di Primo Ministro probabilmente fanno ritenere che anche la democrazia in Grecia sia un optional. Prima di Georges Papandreou, infatti, sono stati Premier il padre Andreas ed il nonno Georges, siamo così alla terza generazione. Anche per lo sconfitto, Costas Karamanlis si può parlare di nepotismo, visto che lo zio, omonimo, fondatore del partito Nea Demokratia è stato Premier dal 1955 al 1963 e dal 1974 al 1980.
Ovviamente il nuovo esecutivo, pur non nascondendo la gravità della situazione, ha cercato di rassicurare i mercati e soprattutto i partner europei, il neo Ministro delle Finanze, Papacostantinou, ha usato frasi come "Noi non saremo la prossima Islanda" oppure "il 2010 sarà un anno difficile, ma non impossibile".
Non va meglio ai sistema bancario greco, sulla cui solvibilità si nutrono seri dubbi, per ottenere prestiti dalla Banca Centrale Europea, infatti, i principali istituti di credito forniscono a garanzia titoli di stato ellenici; in pratica quindi lo Stato fa debiti che vanno a garanzia di altri debiti, una situazione paradossale che farebbe anche sorridere se non fosse drammaticamente seria.
Effetto domino
A preoccupare non è quindi tanto l'ammontare del deficit (con 40 o 50 miliardi di euro la situazione rientrerebbe entro limiti tollerabili), ma spaventa il fatto che, con il classico effetto domino, la tensione venga trasmessa agli altri Stati dell'eurozona che più stanno soffrendo in questo periodo.
Come noto, però, spesso per scongiurare situazioni drammatiche si ricorre all'umorismo: nella City londinese infatti è stato coniato un nuovo acronimo, parafrasando il BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) che identifica le quattro nazioni con il più alto tasso di sviluppo, è nato il PIGS (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna) che raggruppa i quattro stati europei maggiormente in crisi, naturalmente il doppiosenso (in inglese pigs significa maiali) è tutt'altro che casuale.
Inoltre è tornato anche in voga un vecchio detto, mai andato in disuso negli ambienti finanziari di tutto il mondo: "Se hai un debito di mille euro, hai un problema, ma se hai un debito di dieci milioni di euro ... allora il problema ce l'ha la tua banca". Per questo la BCE non sembra possa dormire sonni tranquilli.
Il prezzo della salvezza
In una maniera o nell'altra, però, usciremo da questo impasse. Per quanto riguarda l'evoluzione della situazione la nostra idea collima con quanto dichiarato da George Soros (ricordate il famoso speculatore ora trasformatosi in filantropo?): la Grecia non andrà in default, anzi, per essere più precisi "non le sarà consentito", ma per questo pagherà un prezzo caro.
E' stato lo stesso neo Presidente eletto Georges Papandreou nel suo discorso alla nazione ad usare la frase:"La crisi economica e fiscale che ha investito la Grecia può rappresentare un rischio per la sovranità nazionale del Paese", una sovranità che, secondo molti, avrebbe già , di fatto, perso.
L'euro e l'Europa non possono venire sconfitti.
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