Accoglienza ai rifugiati: "l'identità veneta chiede accoglienza diffusa, ecumenismo e solidarietà diffusa." Anche per essere padroni a casa nostra
Mercoledi 20 Gennaio 2016 alle 15:50 | 0 commenti
Un incontro che non vuole essere uno spot, ma l'annuncio dell'avvio di un'operazione diffusa e condivisa per pensare e ripensare l'accoglienza sul territorio vicentino. È questa la proposta di oggi, condivisada Cisl, Comunità di Sant'Egidio, Centro Astalli e l'Amministrazione del Comune di Santorso. Con alcunii portanti messaggi inediti, che sradicano l'idea tipica di un Veneto egoista, chiuso e incapace di accogliere lo straniero. La storia dell'identità veneta è fatta di integrazione e di accoglienza, che ha saputo fare delle qualità di chi ha incontrato il proprio punto di forza. Il Veneto ha anche un volto solidale, che deve riscoprire, applicando politiche che responsabilizzino le realtà locali e le implichino nell'accoglienza. Anche per renderle "padrone in casa propria".
È possibile rovesciare lo slogan leghista che oggi sembra dominare il Veneto, quello che parla di invasione, di un mondo di stranieri che minaccia la nostra sicurezza? Aquanto pare non solo è possibile, ma è un processo già in atto. Accanto a unVeneto respingente, ci hannodetto le asociazioni riunite oggi, c'è un Veneto accogliente e forse solo più silenzioso, che mette a disposizione il numero più alto di volontari della nazione e un impegno sul sociale che non ha nulla da invidiare al resto d'Italia e d'Europa. Far vedere questa faccia della Regione è uno degli scopi dell'invito di oggi di Cisl, Sant'Egidio, Astalli e Santorso. Che poi hanno voluto fare testimonianza, perché, per una volta, anche le buone notizie "facciano notizia", e si possa ripensare a un Veneto che non fa dell'identità culturale uno slogan, ma che sa costruirsi nel rapporto reciproco tra comunità umane.
"Vogliamo costruire un dibattito centrato su priorità diverse rispetto a quelle che vanno per la maggiore" sostiene Gianfranco Refosco, segretario generale provinciale Cisl di Vicenza: "certo, noi come Cisl non siamo imegnati di prima mano nell'accoglienza, ma siamo qui perché abbiamo la possibilità di agire come governance di un'unione di realtà e di associazioni presenti sul territorio, e con cui siamo in contatto perché attori di una stessa realtà storica e sociale. Crediamo che questa fase migratoria non sia tanto un'emergenza o un fattore estemporaneo, ma è un fatto storico che va letto in quanto tale. Non possiamo fare muri, nascondere la testa sotto la sabbia o semplicemente dire che la situazione non ci piace. Il fenomeno migratorio è attivo e inevitabile, che dobbiamo affrontare in prospettiva pragmatica. Cosa dire allora? Primo, che non siamo in emergenza, questo è un fenomeno strutturale, che va gestito con la politica della programmazione; vanno gestiti i flussi di migranti e vanno avviate politiche di avvicinamento alla cittadinanza. Serve un dibattito che riporti la questione sul piano della storia e non su quello delle ideologie, per capire che questo è un fenomeno inevitabile, che va affrontato in modo attivo e sul territorio, e non a parole dalle sedi politiche. Non si tratta di essere buonisti o accoglienti a prescindere, ma serve capire cone far del bene al territorio anche utilizzando un accoglienza programmata e produttiva."
E tra le realtà che operano attivamente in questo modo una testimonianza è stata quella di Alessandra Coin, responsabile Comunità di Sant'Egidio, che è impegnata sul campo in tema di accoglienza: "in questi tempi dobbiamo tenere conto del contesto internazionale, della tragica guerra siriana, dei 250mila morti in Siria e delle migliaia caduti nei viaggi della speranza, a cui si aggiunge il terrorismo diffuso che alimenta un clima di terrore e di ricerca della sicurezza. La paura è legittima, ma è cattiva consigliera. Ci si chiede se la risposta sia chiudere le frontiere, ma per noi non si deve semplificare, l'equazione che avvicina i migranti ai terroristi non è legittima, e il fenomeno va compreso per liberarci dalla paura e non cedere alla logica del nemico. I profughi che sono qui oggi ci ringraziano e ci sono grati per l'accoglienza che offriamo loro, e non dobbiamo metterci nella prospettiva di diventare loro nemici. Un altro mito da sfatare è quello che associa i migranti alla criminalità e alla violenza, anzi, anche perché le statistiche raccontano che sul suolo italiano la criminalità è in calo, non in aumento. Serve una nuova cultura dell'accoglienza, servono città inclusive, che riscoprano la loro identità veneta aperta al mondo, capace di accogliere lo straniero e accogliere la sua ricchezza." A sottolineare che del bene c'è ha presentato il progetto "Corridoi Umanitari" che dà la possibilità di far arrivare per via legale richiedenti asilo dal Libano e dal Marocco. In sostanza possiamo distribuire in anticipo dei visti a donne, bambini, malati, persone che vengono identificate e certificate in loco, arrivano in Italia per via legale e a costo zero per lo stato italiano, in quanto la spesa è sostenuta da Sant'Egidio, Chiesa Evangelica e Tavolo Valdese. Il progetto permette viaggi sicuri, salva vite umane e porta in Italia persone identificate, autorizzate, schedate, sicure anche dal pinto di vista della sicurezza internazionale. È la dimostrazione che si può far collaborare la società civile con gli organi statali. Mille persone non sono tante, ma sono pur sempre mille bambini, donne e anziani che non rischiano la vita in mare, e mille persone sottratte ai trafficanti di vite umane.
Un esempio molto più vicentino lo porta Franco Balzi, sindaco di Santorso, che propose il protocollo d'intesa per l'accoglienza nei comuni dell'altovicentino di migranti nell'ordine di due ogni mille abitanti, e che chiarisce appunto alcuni nodi del protocollo stesso: "si tratta di un sistema per affrontare in modo responsabile quello che è un processo e non un problema, un processo che va gestito con un'assunzione di responsabilità allargata. Dobbiamo valorizzare le pratiche esistenti; negli ultimi 13 anni l'Alto Vicentino aveva accolto oltre 450 migranti, e ha predisposto 39 punti di accoglienza, e con il progetto sprar avevamo creato un percorso di accompagnamento ben strutturato verso gli altri paesi europei. Serve un'accoglienza diffusa, non in contrapposizione col governo, ma in dialogo e in collaborazione con lo stesso. L'accoglienza diffusa permette di smaltire il carico di responsabilità , ed evita quella 'roulette russa' del 'se mi va bene non mi arriva nessuno'. Con la proposta del '2 per mille', in cui ciascun comune si deve impegnare per le proprie forze in maniera equa e diffusa. Il protocollo ti rende regista delle azioni del tuo territorio, ti lascia 'padrone a casa tua'.
L'ultimo dei soggetti coinvolti oggi è il Centro Astalli, ma, ci promettono, non saranno solo loro a rimboccarci le maniche. L'idea è quella di costruire un gruppo di associazioni e soggetti che rendano possibile un'integrazione consapevole, corresponsabile e distribuita sul territorio.Come quella del centro Astalli di Vicenza, presentato da Annamaria Colombaro: "il nostro è un lavoro molto sul campo, oggi abbiamo in carico 22 ragazzi, ma abbiamo iniziato nel 2000 con un unico appartamento. Oggi cerchiamo di allargare il nostro raggio d'azione, e quando si tratta di aprire un nuovo appartamento non ci facciamo condizionare dalla mole di lavoro, ma cerchiamo risorse sul posto disponibili e competenti ad attuare un servizio di accoglienza. Accanto a questa attenzione cerchiamo di fare insieme un progetto di accoglienza, che coinvolga e sensibilizzi le realtà locali. Accogliamo a scatola chiusa, e poi cerchiamo di fare inserire i rifugiati nelle comunità . Il primo passo è iscriverli alla scuola dell'obbligo e accompagnarli nel processo scolastico, cerchiamo di inserirli in attività di volontariato e di tirocini formativi, perché in un primo periodo per legge non possono lavorare. Li accompagnamo nell'inserimento dei gruppi locali, lavoro che ha bisogno di strutture e associazioni che ci aiutino nell'inserimento, percorsi di qualificazione professionale che magari potrebbe avviare la regione veneto, oppure potrebbe coinvolgere le industrie, richiamando le loro responsabilità sociali sul territorio. Tre dei nostri ragazzi hanno trovato casa e lavoro, il nostro lavoro è difficile, richiede tempi lunghi, ma non è un'impresa impossibile, i risultati si raggiungono."
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